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Studio conferma che l'Alzheimer non si trasmette tra esseri umani

Aumentano le prove che le proteine patologiche legate all'insorgenza e alla progressione delle malattie neurodegenerative, sono in grado di diffondersi da cellula a cellula nel cervello degli individui affetti e quindi "diffondono" la malattia tra regioni del cervello interconnesse.

Un nuovo studio invece non ha trovato alcuna prova che sostenga la preoccupazione che queste proteine anomale delle malattie siano "infettive" o trasmesse dagli animali all'uomo o da una persona all'altra.


Depositi patologici di proteine (frecce) associate ad
Alzheimer e Parkinson in campioni di ipofisi umana.
A=Aβ, la componente principale delle placche
associate all'Alzheimer, B=Tau, il componente
principale dei grovigli associati all'Alzheimer, C=alfa-sinucleina, il principale componente dei corpi
di Lewy del Parkinson. (Credit: Image courtesy of
University of Pennsylvania School of Medicine)


Lo studio condotto da ricercatori della Scuola di Medicina Perelman dell'Università della Pennsylvania, in collaborazione con esperti del US Centers for Disease Control e il Dipartimento di Salute e Servizi Umani, appare onlinea su JAMA Neurology.


La trasmissione da cellula a cellula è potenzialmente un percorso comune per la diffusione della malattia e la progressione di patologiee come l'Alzheimer (AD) e il Parkinson (PD), e la degenerazione lobare frontotemporale (FTLD), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e altri disturbi correlati.


Sembra che proteine mal ripiegate [misfolded] si diffondano da una cella all'altra e che i neuroni colpiti diventano disfunzionali, mentre queste proteine tossiche vanno a danneggiare altre regioni del cervello nel tempo.

"Interrogando un database esistente con informazioni su una coorte di pazienti ben caratterizzata, abbiamo potuto determinare che non ci sono prove che suggeriscono che la patologia di Alzheimer o di Parkinson sia in grado di trasmettersi tra gli esseri umani", ha detto l'autore senior John Q. Trojanowski, MD, PhD, professore di Patologia e Medicina di Laboratorio e co-direttore del Centro di ricerca sulle malattie neurodegenerative della Penn. "Ora possiamo raddoppiare gli sforzi per trovare trattamenti, tramite immunoterapie o altri approcci per fermare la diffusione di queste proteine tossiche tra le cellule".


Per verificare se tali proteine possono passare da persona a persona, il team di ricercatori ha analizzato i dati provenienti da una coorte esistente di pazienti che avevano ricevuto l'ormone umano della crescita (hGH) da ghiandole pituitarie di persone decedute tramite un programma nazionale, come trattamento della crescita stentata, prima che fosse disponibile l'hGH sintetico.


Tra il 1963 e il 1985 negli Stati Uniti sono stati trattati con hGH di derivazione cadaverica (c-hGH) circa 7.700 pazienti. A metà degli anni 1980, più di 200 pazienti in tutto il mondo, che avevano ricevuto c-hGH contaminato inavvertitamente con proteine prioniche di tessuto pituitario del donatore colpito, hanno sviluppato una forma acquisita della malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD), una malattia rara, degenerativa e invariabilmente fatale del cervello, causata da proteine prioniche patologiche che sono anche la causa della malattia della mucca pazza.


Sin da allora, la coorte è stata seguita per monitorare eventuali ulteriori casi di CJD, con storie mediche approfondite dei pazienti oltre i 30 anni, da quando è stata interrotta la terapia con c-hGH dopo che nel 1985 è stato scoperto il collegamento con la CJD.


In questo studio, i ricercatori hanno cercato i segni di un rischio elevato di AD, PD, FTLD o SLA tra questo gruppo e hanno scoperto che nessuno dei destinatari del c-hGH ha sviluppato AD, PD o FTLD. Il team ha individuato tre casi di SLA poco chiari, dato che non è stata trovata nessuna traccia di proteine della SLA (TDP-43, FUS e Ubiquilin) nelle ghiandole pituitarie umane, nonostante la presenza di proteine patologiche di AD (tau, Ap) e PD (alfa -sinucleina). Ciò ha chiarito che i destinatari di c-hGH sono stati probabilmente esposti alle proteine di malattie neurodegenerative legate ad AD, PD e FTLD, ma questo non ha comportato la trasmissione della malattia da persona a persona.


"Questa coorte è una risorsa inestimabile e dovrebbe continuare ad essere seguita, soprattutto perché fa aumentare rapidamente la nostra comprensione della progressione della malattia in condizioni neurodegenerative", ha detto David Irwin, MD, autore principale, collega nel Centro di Ricerca sulle Malattie Neurodegenerative e nel Dipartimento di Neurologia della Scuola di Medicina Perelman.


Hanno collaborato allo studio Joseph Y. Abrams, Lawrence B. Schonberger, Ellen W. Leschek, James L. Mills, e Virginia M.-Y. Lee. La ricerca è stata sovvenzionata dal National Institute on Aging, dal Intramural Research Program and National Institute of Child Health and Development dei National Institutes of Health.

 

 

 

 

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Fonte: Materiale della University of Pennsylvania School of Medicine.

Riferimento:
David J. Irwin et al. Evaluation of Potential Infectivity of Alzheimer and Parkinson Disease Proteins in Recipients of Cadaver-Derived Human Growth Hormone. JAMA Neurology, 2013; : 1 DOI: 10.1001/jamaneurol.2013.1933.

Pubblicato in Science Daily il 4 Febbriao 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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