Associazione Alzheimer ONLUS

Esperienze e opinioni

L'Afasia Primaria Progressiva: una malattia che ruba le parole

Il giorno in cui David Foote ha dovuto ammettere che le parole si separavano da lui, era in piedi, a una lavagna di una scuola superiore, e stava tenendo una lezione su "Romeo e Giulietta".

Mercuzio. Montecchi. Capuleti. Conosceva i personaggi così bene come il suo papillon. Ma ora, pronto a spiegare il dramma a una stanza piena di ragazzi, ognuno di quei nomi shakespeariani gli sfuggiva.

Sua moglie aveva già notato dei cambiamenti nel suo parlare. Aveva iniziato strapazzando i pronomi. "Io" usciva di bocca come "loro". I nomi scomparivano. Cathy Donnelly sapeva che era strano che suo marito non avesse più il perfetto controllo dei suoi strumenti di base. Un insegnante di inglese che confonde le parole è come un falegname che mescola chiodi e viti.

"Sto bene", diceva quando lei lo evidenziava. "Sto bene". Quel giorno alla lavagna, ha dovuto ammettere che non era così. Foote aveva solo 58 anni quando ha scoperto di aver conosciuto quella piccola forma di demenza conosciuta come afasia primaria progressiva, o PPA. Mentre l'Alzheimer ruba la memoria, la PPA comincia con la distruzione delle cellule nervose in una parte del cervello che controlla il linguaggio. In altre parole, ruba le parole.

"Sono in grado di trovare il mondo vero", ha detto Foote. Pausa, correzione [parola=word, mondo=world]. "... la parola vera. Riesco a trovare le parole, ma a volte attraverso percorsi tortuosi". Lui e sua moglie hanno accettato di essere intervistati [da questo gionale] perché c'è stata una conferenza sulla PPA a Chicago questa settimana. Anche se non hanno discusso la sua condizione nemmeno con alcuni dei loro amici, credono che sia importante aiutare gli altri a capire la malattia.

"E' un mio sfogo, credo", esordì Foote. A 66 anni, Foote sembra ancora il sogno rassicurante di un genitore insegnante di inglese. I suoi capelli grigi completi sono puliti come il suo maglione. Il suo sorriso e umorismo signorile sono intatti. Ma dice "giocattolo" quando vuol dire "curare" [toy/treat]. "Prominente" per "permanente" [prominent/permanent].

A volte fa pensieri articolati come ci si aspetta da un uomo che ha insegnato inglese al liceo per 37 anni. Altre volte, si perde in un labirinto verbale. "La mia vita è stata parlare" ha detto. "E insegnare. E aiutare i ragazzi a imparare a scrivere. E raccontare storie. Sentivo che c'era. Sapevo. Provavo. Credo." La sua mente sembrava impegnata in una scansione.  Cerca. Mischia. Attende. Infine, le parole: "Ho sentito che parte di me stava cadendo".

La lettura è una parte che è persa. Se lui ora legge, lo deve fare ad alta voce. E l'ortografia. "Dai, posso farlo", si diceva quando le lettere iniziavano ad andare in tilt. Ma non poteva. E i numeri. "Ecco il mio orologio". Teneva al polso un orologio fatto per i ciechi. Ha premuto un pulsante sul lato e l'orologio ha annunciato: "Sono le 11 e 32". Pochi minuti dopo, sua moglie ha chiesto l'ora. Ha guardato il quadrante rotondo. "Sono le 10, no le 11." Alzò lo sguardo. "Non lo so."

Poiché la PPA si insinua nella mente prima della maggior parte delle demenze, spesso non viene riconosciuta. Foote ha avuto la fortuna di arrivare al centro di Neurologia Cognitiva e Alzheimer della Northwestern University, dove gli è stata diagnosticata - e ha avuto la cattiva notizia: non esiste una cura. A differenza delle vittime di ictus, le persone con PPA non possono recuperare la parola attraverso una terapia. Alla fine, anche la memoria se ne va.

Allo stesso tempo, ha imparato che le persone con PPA spesso sviluppano competenze che non richiedono di parlare molto. Semplice giardinaggio. O costruire qualcosa. Ha imparato a usare gli acquerelli. Ha interrotto anche il lavoro di docente presso un museo d'arte. Alcuni giorni va a un gruppo di sostegno. E' un luogo dove le persone che hanno problemi a parlare si sentono al sicuro parlandosi l'un l'altro.

"Ero in grado di," ha detto. "Di. In grado. Aiuto". "Aiutare gli altri", disse sua moglie. Lei finisce molte sue frasi. Lei paga anche le bollette ora. I numeri erano troppo per lui. Ma lui pulisce e cucina, e se i suoi problemi con le misure finiscono in strani piatti, lei non ci fa caso.

"Per un po' là," ha detto, "Stavo, stavo guidando la sera e c'era un po' ...". Alzò le mani, sorrise, lasciò che le parole non dette se ne andassero. Per prepararsi a questa intervista, Foote ha scarabocchiato due righe di una poesia di Dylan Thomas su un piccolo foglio di carta giallo. Lo prese per leggerlo. "Non andare dentle," ha detto. Pausa. "Non andartene docile" [dentle=nessun significato/gentle=docile]. Pausa. "Dentro lì".

I versi scritti erano: Do not go gentle into that good night [Non andartene docile in quella bella notte,] Rage, rage against the dying of the light. [Rabbia, rabbia contro il morire della luce].

"Lotta", ha detto. "Combatti. Io non sto combattendo per essere arrabbiato. Continuo furioso per essere sicuro di poter continuare a fare le cose". Cathy allungò la mano, strinse il polso, le lacrime apparvero sulle palpebre. "Lui è l'uomo più ottimista, entusiasta, gioioso", ha detto. "Ma verrà il momento." Anche le sue parole si sono trasformate in silenzio.

 


Scritto da Mary Schmich del Chicago Tribune.

Pubblicato su LosAngelesTime il 20 marzo 2011 Traduzione di Franco Pellizzari.

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