Nonostante gli sforzi dei ricercatori, non esiste nessun farmaco in grado di rallentare, fermare o invertire l'assalto dell'Alzheimer, malattia neurodegenerativa progressiva e fatale, che ruba i ricordi e i mezzi di sussistenza a milioni di persone, lasciando pazienti e relative famiglie a lottare per far fronte alle conseguenze devastanti della malattia.
Ma oggi, scienziati dei Gladstone Institutes propongono una nuova strada di ricerca con il potenziale di cambiare tutto questo.
Nell'ultimo numero online della rivista Neuron, Robert Mahley (foto a sinistra), MD, PhD, e Yadong Huang, MD, PhD, ricercatori del Gladstone descrivono - a livello molecolare e cellulare - il processo con cui una proteina importante, conosciuta come apoE4, promuove lo sviluppo dell'Alzheimer, e nel farlo, raccomandano una rinnovata attenzione su una strategia che potrebbe cambiare radicalmente il corso della progressione della malattia.
Oggi oltre 5,4 milioni di americani soffrono di Alzheimer, con costi sanitari annuali che raggiungono i 200 miliardi di dollari. Gli esperti stimano che entro il 2050, 16 milioni di americani avranno il morbo, con costi superiori ai mille miliardi di dollari. Più preoccupante, tuttavia, è il fatto che è fallita ogni singola sperimentazione clinica di ultima fase per farmaci di Alzheimer, anche quelli molto promettenti negli studi preclinici. La ragione di tale limitazione, secondo i dottori Mahley and Huang, è che i ricercatori non hanno analizzato tutti i potenziali obiettivi biologici.
"La maggior parte degli studi si sono concentrati su due proteine chiave associate all'Alzheimer: beta-amiloide (Aβ) e tau", ha detto il Dott. Mahley, presidente emerito del Gladstone e membro del team originale di ricercatori che ha scoperto l'apoE. "L'Aβ e la tau si accumulano nel cervello di questi pazienti, ma l'Alzheimer è una malattia complessa con numerosi attori molecolari. Dato che gli studi clinici che hanno mirato l'Aβ e la tau devono ancora avere successo, è il momento che il settore concentri le proprie energie sull'apoE4".
La proteina apoE4 è prodotta da un gene, anch'esso chiamato apoE4. Ci sono altri due tipi, o varianti, di apoE (apoE2 e apoE3), ognuno dei quali influenza il rischio di sviluppare la malattia. L'apoE4 è da tempo associato ad un maggiore rischio di Alzheimer, mentre le altre due varianti sono associate a un rischio molto più basso. Per esempio, mentre una persona su quattro è portatrice del gene apoE4, è presente in misura dal 65% al 80% di tutte le persone che sviluppano Alzheimer. L'apoE4 è stato implicato anche in altre malattie neurologiche, compresi Parkinson e sclerosi multipla, ed è associato a uno scadente esito clinico nei pazienti con danno cerebrale traumatico.
Ma pur essendo l'apoE4 associato a più disturbi neurologici, esso ha un ruolo fondamentale nel funzionamento normale del cervello. "La proteina apoE è di fondamentale importanza perché aiuta a riparare i danni alle cellule cerebrali", ha detto il dottor Huang (foto a sinistra), il co-autore dell'articolo, che è anche professore associato di neurologia e patologia all'Università di California di San Francisco (UCSF), con il quale è affiliato il Gladstone. "Quando le cellule cerebrali (i neuroni) sono danneggiati da traumi, stress o dal normale processo di invecchiamento, essi producono apoE per aiutare a risolvere il danno".
Tuttavia, la variante E4 della proteina - a differenza dell'E2 o E3 - è piegato in modi tali da causare problemi. La produzione di apoE4 nei neuroni può innescare una catena di eventi che, nel corso del tempo, a volte porta alla degenerazione neuronale e alla morte cellulare. Per esempio, l'evidenza suggerisce che quando viene prodotto apoE4, un enzima ritaglia un pezzo della proteina, generando frammenti di apoE4 che possono alterare le funzioni cellulari normali. Questo può portare all'accumulo di forme patologiche della proteina tau nei neuroni, che contribuiscono ulteriormente alla morte neuronale.
L'apoE4 interrompe anche il normale processo mediante il quale le cellule eliminano l'eccesso di Aβ. Come risultato, l'Aβ continua ad accumularsi in livelli tossici, compromettendo ulteriormente le funzioni neuronali. Questo meccanismo complesso e stratificato può spiegare perché i farmaci che puntano solo l'Aβ e la tau hanno fallito: non hanno affrontato il problema di fondo dell'apoE4. "Anche se si fossero farmaci che possono eliminare a fondo l'Aβ e la tau, si starebbe ancora preparando il terreno per la malattia, lasciando senza controllo le proteine apoE malformate", dice il Dott. Mahley, che è anche un professore di patologia e della medicina alla UCSF. "Ma se spostassimo i nostri sforzi sullo sviluppo di farmaci che correggono la forma apoE4 della proteina, potremmo dare un vero e proprio impulso nel rallentare o addirittura fermare la malattia nel suo corso. Con questi obiettivi, abbiamo sviluppato farmaci candidati, i cosiddetti "correttori strutturali" dell'apoE4 che sono in grado di convertire l'apoE4 patologico in una molecola che è strutturalmente e funzionalmente simile alla cosiddetta proteine 'normale' apoE3".
"In questa sintesi globale della ricerca, i Dott. Mahley e Huang - veri protagonisti nel settore dell'apoE e dell'Alzheimer - ci ricordano che dobbiamo affrontare tutti gli aspetti conosciuti di questa terribile malattia", ha detto Lennart Mucke, MD, direttore della ricerca neurologica al Gladstone. "Sono ottimista sul fatto che con gli sforzi combinati di scienziati Gladstone e in tutto il mondo, siamo più vicini che mai alla ricerca di trattamenti che fanno la differenza per i pazienti e le loro famiglie".
***********************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
***********************
Fonte: Materiale del Gladstone Institutes.
Riferimento: Robert W. Mahley, Yadong Huang. Apolipoprotein E Sets the Stage: Response to Injury Triggers Neuropathology. Neuron, 2012; 76 (5): 871-885 DOI: 10.1016/j.neuron.2012.11.020.
Pubblicato in ScienceDaily il 5 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
| Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |
















Associazione Alzheimer OdV