Il professore inglese Christopher Exley della Keele University, una autorità mondiale sul legame tra l'esposizione quotidiana dell'uomo all'alluminio e il suo probabile contributo all'Alzheimer, dice in un nuovo rapporto che potrebbe essere inevitabile che l'alluminio abbia un qualche ruolo nella malattia.
Egli dice che il cervello umano è sia un obiettivo che un lavandino dell'alluminio quando entra nel corpo: "La presenza di alluminio nel cervello umano dovrebbe essere una spia rossa che ci avvisa dei potenziali pericoli dell'alluminio nell'invecchiamento. Accumuliamo tutti una neurotossina assodata nel nostro cervello dal concepimento alla morte. Perché trattiamo questa inevitabilità con compiacenza quasi totale?".
Exley, professore del «Bioinorganic Chemistry, Aluminium and Silicon Research Group» al Centro Birchall nei Lennard-Jones Laboratories della Keele University, scrive in Frontiers in Neurology sull'«Era dell'alluminio» e sul suo ruolo nel «contaminare» gli esseri umani. Egli dice che un fiorente carico corporeo di alluminio è una conseguenza inevitabile della vita moderna, e questo può essere visto come «contaminazione», poichè l'alluminio nel nostro corpo non è di alcun beneficio, può essere solo benigno o tossico.
Il professor Exley dice: "La disponibilità biologica di alluminio o la facilità con cui l'alluminio reagisce con la biochimica umana implicano che è improbabile che l'alluminio nel corpo sia benigno, anche se può apparire come tale a causa della robustezza intrinseca della fisiologia umana. La questione va sollevata in questi termini: «Come fai a sapere se stai soffrendo della tossicità cronica dell'alluminio?» Come facciamo a sapere che l'Alzheimer non è la manifestazione della tossicità cronica dell'alluminio nell'uomo?"
"A un certo punto l'accumulo di alluminio nel cervello raggiungerà una soglia tossica e un neurone specifico o un' area del cervello non riuscirà più a convivere con l'alluminio e inizierà a reagire alla sua presenza. Se lo stesso neurone o tessuto cerebrale sta subendo anche altre offese, o un'altra condizione degenerativa continua, allora la risposta supplementare all'alluminio non potrà che aggravare questi effetti. In questo modo l'alluminio può indurre una particolare condizione ad essere più aggressiva e forse ad avere un esordio più precoce; eventi già visti nell'Alzheimer, in relazione all'esposizione ambientale e professionale all'alluminio".
Il professor Exley sostiene che l'accumulo di alluminio nel cervello lo porta inevitabilmente a contribuire negativamente alla fisiologia del cervello e quindi ad aggravare le condizioni in atto come l'Alzheimer. Egli suggerisce che questa è un'ipotesi testabile e offre un metodo non invasivo per la rimozione di alluminio dal corpo e dal cervello. Egli dice che l'ipotesi-alluminio nell'Alzheimer può essere testata solo se riusciremo ad abbassare il peso dell'allumino nel corpo, e quindi nel cervello, determinando se questo ha un qualsiasi impatto sull'incidenza, l'insorgenza o l'aggressività dell'Alzheimer.
Il professore Exley aggiunge: "Non ci sono né cure né trattamenti efficaci per l'Alzheimer. Il ruolo dell'alluminio nel morbo può essere prevenuto riducendo l'esposizione umana all'alluminio e rimuovendo l'alluminio dal corpo con mezzi non invasivi. Perché stiamo scegliendo di perdere questa opportunità? Non è giunto il momento di verificare l'ipotesi-alluminio nell'Alzheimer una volta per tutte?"
Fonte: Keele University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Chris Exley. Why industry propaganda and political interference cannot disguise the inevitable role played by human exposure to aluminium in neurodegenerative diseases, including Alzheimer’s disease. Front. Neurol., October 2014 DOI: 10.3389/fneur.2014.00212
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