La medicina si concentra quasi esclusivamente sulla lotta alle malattie croniche in modo frammentario, quando diventano evidenti i sintomi. Si dovrebbero invece dirigere maggiori sforzi alla promozione di interventi con il potenziale di prevenire malattie croniche multiple ed estendere la durata della vita in buona salute.
Dei ricercatori hanno scritto sulla rivista Nature che, trattando il metabolismo e le cause molecolari dell'invecchiamento umano, può essere possibile aiutare le persone a rimanere in buona salute dai 70 ai 90 anni di età.
In un commento pubblicato il 24 luglio su Nature, un trio di esperti dell'invecchiamento propugna di andare avanti con le strategie precliniche e cliniche che hanno dimostrato di ritardare l’invecchiamento negli animali. Oltre a promuovere una dieta sana e l'esercizio fisico regolare, queste strategie includono il rallentamento delle cause metaboliche e molecolari dell'invecchiamento umano, come ad esempio l’accumulo incrementale di danno cellulare che si verifica nel corso del tempo.
I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis e dell'Università di Brescia in Italia, del «Buck Institute for Aging and Research» e del «Longevity Institute» della University of Southern California, scrivono che gli incentivi economici per la ricerca biomedica e sanitaria privilegiano il trattamento delle malattie rispetto alla promozione della buona salute.
“Non c’è bisogno di essere matematici o economisti per capire che il nostro approccio sanitario attuale non è sostenibile”, ha detto il primo autore Luigi Fontana, MD, PhD, professore di medicina e nutrizione alla Washington University e all'Università di Brescia. “Poichè puntare le malattie ha aiutato le persone a vivere più a lungo, si stanno passando più anni ammalati di molteplici disturbi legati all’invecchiamento, e questo è costoso”.
Le malattie della vecchiaia - come l’insufficienza cardiaca, il diabete, l’artrite, il cancro e l'Alzheimer - tendono a presentarsi in pacchetto, scrivono i ricercatori. Più del 70 per cento delle persone oltre i 65 anni ha due o più malattie croniche. Ma, essi notano, gli studi dietologici, genetici e farmacologici indicano anche che gli interventi mirati su percorsi molecolari specifici, che ritardano una malattia legata all’età, spesso ritardano gli altri.
“L'insufficienza cardiaca non arriva all'improvviso”, ha detto Fontana. “Ci vogliono 30 o 40 anni di stile di vita malsano e l’attivazione di percorsi legati all'invecchiamento da parte di anomalie metaboliche come la pressione alta, il colesterolo alto e il diabete di tipo 2, per provocare l'infarto a una persona sulla sessantina. Quindi noi proponiamo di produrre interventi di stile di vita (come un programma di allenamento personalizzato e una dieta sana) per sotto-regolare le vie di invecchiamento in modo che il paziente eviti l’insufficienza cardiaca, per cominciare”.
La sua ricerca ha messo in luce i potenziali vantaggi della restrizione dietetica nell'estendere la durata della vita in buona salute. Egli ha scoperto che le persone che assumono significativamente meno calorie, pur nell'ambito di un'alimentazione ottimale, hanno un cuore “più giovane” e più flessibile. Essi hanno anche una pressione sanguigna significativamente più bassa, infiammazione molto minore nel corpo e i loro muscoli scheletrici funzionano in modo simile ai muscoli delle persone che sono di gran lunga più giovani.
Fontana ed i co-autori sottolineano anche che diverse vie molecolari, che hanno dimostrato di aumentare la longevità degli animali, sono influenzate anche da farmaci approvati e sperimentali, compresa la rapamicina, un farmaco antitumorale e anti-rigetto, e la metformina, un farmaco usato per trattare il diabete di tipo 2. Numerose molecole naturali e sintetiche influenzano i percorsi condivisi dall'invecchiamento, dal diabete e dalla sindrome metabolica correlata. Inoltre sappiamo che l’alimentazione sana e la restrizione calorica aiutano gli animali a vivere fino al 50 percento più a lungo.
Ma è difficile usare i progressi della ricerca per stallare l'invecchiamento delle persone. Fontana ed i suoi colleghi scrivono che la maggior parte dei medici non si rendono conto di quanto già sappiamo sui meccanismi molecolari dell’invecchiamento e sul loro legame con le malattie croniche. E gli scienziati non capiscono esattamente come funzionano i farmaci che colpiscono le vie dell'invecchiamento.
Fontana ed i suoi colleghi sostengono che è il momento giusto per andare avanti con gli studi preclinici e clinici dei risultati più promettenti usciti dagli studi su animali. Essi raccomandano inoltre di sviluppare endpoint [=obiettivi di studio] ben definiti per determinare se il lavoro negli animali si può trasferire agli esseri umani. Essi sono ottimisti su questo fronte, perché sembra che i percorsi sensibili ai cibi e legati all’invecchiamento negli esseri umani siano molto simili a quelli che sono stati presi di mira per aiutare gli animali a vivere più a lungo, più sani.
Ma le sfide abbondano. Il cambiamento più importante, essi sostengono, è di mentalità. Secondo loro, gli incentivi economici alla ricerca biomedica e sanitaria ricompensano più il trattamento di malattie che non la promozione della buona salute: “Ma il denaro pubblico deve essere investito per allungare la durata della vita in buona salute, rallentando l’invecchiamento. Altrimenti ci troveremo in una crisi demografica di maggiore disabilità e con crescenti spese sanitarie“, scrivono su Nature.
“Una popolazione che invecchia combinata con un aumento del carico di malattie croniche e dell’epidemia di obesità e diabete di tipo 2, potrebbe presto rendere la vita sana insostenibile per tutti, esclusi i più ricchi”, ha aggiunto Fontana.
Fonte: Jim Dryden in Washington University in St. Louis(> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Luigi Fontana, Brian K. Kennedy, Valter D. Longo, Douglas Seals, Simon Melov. Medical research: Treat ageing. Nature, 2014; 511 (7510): 405 DOI: 10.1038/511405a
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