E' impossibile quantificare il costo umano della demenza. Con un numero di persone interessate totale che si prevede raggiungerà il milione solo nel Regno Unito entro il 2021, un numero crescente di noi è toccato in qualche modo dalla condizione.
Eppure, anche se il pedaggio personale non può essere quantificato, si sta iniziando a scoprire l'impatto sulle imprese e sull'economia.
Un rapporto recente del Centro di Ricerca per l'Economia e il Business sostiene che le imprese in Inghilterra stanno perdendo circa 1,6 miliardi di sterline all'anno a causa della necessità dei caregiver (oltre la metà dei quali lavorano) di ridurre le ore o di rinunciare interamente al loro lavoro per prendersi cura di un parente o un amico con demenza.
Si stima che il prepensionamento dei diagnosticati con demenza costi alle imprese ulteriori 627 milioni di sterline all'anno. Poi c'è il «peso della demenza»: le famiglie che convivono con la demenza hanno un potere d'acquisto globale di 11 miliardi di sterline all'anno tra beni e servizi. Ma molte di loro lottano per ottenere il sostegno di banche e negozi, e quasi un quarto di quelli con la condizione hanno rinunciato del tutto a fare acquisti.
Perciò cosa possono fare di meglio le aziende per ridurre questa botta economica, e soprattutto per dare ai loro dipendenti, alle loro famiglie ed ai loro clienti il supporto che meritano? Questo è il tema affrontato da una tavola rotonda ospitata dal Guardian e sponsorizzata dalla sanità pubblica Inglese per conto della campagna «Dementia Friends», sviluppata insieme all'Alzheimer's Society.
I partecipanti al dibattito hanno sentito come l'iniziativa «Dementia Friends» sta aiutando a diffondere il messaggio per rendere la società più solidale, mirando ad arruolare 1 milione di persone attraverso le sue risorse online, le sessioni di sensibilizzazione faccia-a-faccia e gli impegni aziendali di saperne di più sulla demenza. "Abbiamo un'occasione d'oro ora di cambiare la società", ha detto Justin Varney, consulente in medicina della sanità pubblica in Inghilterra. "Se facciamo le cose per bene per le persone affette da demenza e per i loro caregiver come clienti e dipendenti, farà bene a tutti".
Il ruolo delle imprese
Eppure la realtà è che, anche se la consapevolezza è in crescita, c'è ancora una lunga strada da percorrere. La Prof. Maggie Pearson, decano del Collegio di Sanità e Assistenza Sociale dell'Università di Salford e presidente della Salford Dementia Action Alliance, ha detto di essere stata sorpresa quando alcune imprese locali non volevano essere coinvolte nel tentativo della sua zona di diventare una comunità amichevole con la demenza. "Sono rimasta scioccata nel capire che non vedevano il beneficio e pensavano che fosse un po' una seccatura", ha detto.
Tali atteggiamenti significano, secondo Ming Ho, caregiver e membro di «Call to Action» della «Dementia Action Alliance Carers», che le persone con demenza spesso si trovano nell'impossibilità di fare le cose che il resto di noi dà per scontato. "L'ambiente fisico dei centri urbani, le banche, i numeri di pin; sono tutte cose che escludono le persone dall'impegno nella vita normale, andare al cinema o ai negozi", ha detto. "C'è bisogno di più consapevolezza, perché anche se si è abili ora, potremmo non esserlo tra 30 anni".
Alcune aziende stanno iniziando a pensare a come rendere i propri servizi più demenza-friendly. La tavola rotonda ha appreso, per esempio, che la British Telecom ha introdotto prodotti specifici come una segreteria telefonica, che può riprodurre i messaggi lentamente per le persone che altrimenti avrebbero difficoltà a capire ciò che viene detto. E Graeme Whippy, senior manager del programma per la disabilità del Lloyds Banking Group, ha spiegato come la sua banca ha firmato una carta dei servizi finanziari demenza-friendly. "Nei servizi finanziari, si cammina su una corda tesa tra il dare alle persone con demenza l'indipendenza e l'accesso ai loro soldi, e il proteggerli dalle frodi o abusi", ha detto. "Ci rendiamo conto che è una sfida e dobbiamo lavorare per la coerenza del servizio al cliente".
In molti settori, è stato fatto del lavoro per istruire il personale. Eileen Sills, capo infermiera del «Guy's and St Thomas Trust» e direttrice della clinica di Londra per la demenza, ha spiegato come la formazione potrebbe essere «trasformante» nell'aiutare il personale a impegnarsi meglio con quelli cha hanno la demenza. "Abbiamo visto che sono le piccole cose che fanno la differenza più grande: sorrisi, contatto con gli occhi, tempo", ha detto. "Se si va ad istruire il personale di un'azienda, non penso che funzionerà. Bisogna entrare e chiedere loro di capire".
Dalla parte del lavoratore, durante il dibattito si è concordato che si potrebbe e dovrebbe fare di più per sostenere i dipendenti con demenza e coloro che sono caregiver. Paul Litchfield, capo ufficiale medico del BT Group, ha sottolineato che i tassi di diagnosi a macchia di leopardo significano che molti di coloro che sono nelle fasi iniziali della demenza non stanno ottenendo il sostegno di cui hanno bisogno. "Una delle mie maggiori preoccupazioni è che ci sono persone che superano le procedure di prestazione essendo in realtà nelle prime fasi della demenza", ha detto. "Dal un punto di vista dell'equità questo mi sembra proprio sbagliato, ma abbiamo bisogno degli strumenti per affrontarlo. Con la diagnosi precoce, potremo fare le regolazioni appropriate e tenere le persone nel mondo del lavoro il più a lungo possibile e fintanto che è giusto per loro".
La Pearson ha aggiunto: "A differenza di altre disabilità, la demenza è una sfida perché non è visibile; questa invisibilità significa che per i datori di lavoro è molto difficile rispondere ad un esordio graduale". Quindi i datori di lavoro devono lavorare sodo per incoraggiare il loro personale a sentirsi supportato nel parlare delle loro preoccupazioni, sia prima che dopo la diagnosi. Clare Kerr, responsabile degli affari esterni alla Lloyds Pharmacy, ha aggiunto: "Le persone hanno realmente paura a dirlo ai loro capi. E' molto importante che i datori di lavoro creino un ambiente aperto in cui si può parlare". George McNamara, capo delle politiche e degli affari pubblici dell'Alzheimer's Society, ha detto che una maggiore apertura contribuirebbe a sfidare lo stigma della demenza. "Se ci fosse un uomo d'affari importante che riceve la diagnosi e volesse continuare a lavorare e la gente lo venisse a sapere, questo sfiderebbe gli atteggiamenti e sono sicuro che gli altri lo seguirebbero", ha detto.
Perciò la comunità imprenditoriale si eleverà per sfidare un migliore supporto sia ai dipendenti che ai clienti affetti da demenza? Alla tavola rotonda si è detto che, oltre ad un impegno a formare e attuare iniziative come la «Dementia Friends» e le comunità amichevoli con la demenza, ci sono altre misure pratiche che potrebbero aiutare. Queste possono essere le grandi aziende che sostengono quelle più piccole, offrendo accesso ai propri team di medicina del lavoro, e anche gli enti pubblici che fanno domande alle aziende sul loro lavoro con la demenza, come parte del processo di approvvigionamento del settore pubblico. "Anche solo porre la domanda in tutto il settore pubblico nel suo complesso potrebbe spostare il paese più avanti di un anno, perché il potere d'acquisto del settore pubblico è così elevato", ha detto Varney.
Poi c'è l'uso delle nuove tecnologie. "Sappiamo che la giusta tecnologia trasforma la vita; dobbiamo essere molto più creatvi su questo", ha detto Mark Kinirons, consulente di «Guy's and St Thomas» e importante clinico della demenza. "C'è un enorme potenziale nella tecnologia e non deve essere costosa, ma non va bene da sola. Deve essere collegata a qualcuno che sta reagendo a quello che dice la tecnologia ed è lì che entra il business", ha detto Karen Taylor, direttrice della ricerca al «Deloitte Centre for Health Solutions».
E oltre a questo, i partecipanti all'evento vorrebbero vedere un impegno continuo da parte dei politici e di chi delinea la politica sanitaria per mettere la demenza in cima all'ordine del giorno. Poi ci sarebbe motivo di ottimismo che, con un'applicazione nazionale, sia i dipendenti che i clienti interessati potranno essere trattati meglio. "Ci sono ragioni per essere sereni; la spinta di «Dementia Friends» è molto importante", ha detto Litchfield. "E i cambiamenti nella società faranno accadere le cose in quest'area. Poiché i numeri della demenza aumentano sempre di più, le persone avranno l'esperienza e con l'invecchiamento della forza lavoro vedremo più persone al lavoro con la demenza. Ciò forzerà un cambio di atteggiamenti".
"C'è una vera e propria voglia di fare questo lavoro: imprese, sindacati e altri riconoscono che questo è un problema vivo e vogliono lavorare insieme per trovare soluzioni", ha detto McNamara. "C'è molto ottimismo, ma ciò richiede comunque una leadership e l'integrazione nel sistema".
Fonte: Kate Murray in TheGuardian.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |