L'Alzheimer attualmente colpisce oltre 5,4 milioni di americani e si stima che costi fino a 200 miliardi di dollari all'anno, il doppio di quanto viene speso per le malattie cardiovascolari e quasi il triplo di quanto viene speso per il trattamento del cancro, secondo un recente studio della RAND.
La tesi centrale sulle cause dell'Alzheimer si è concentrata sul ruolo di una proteina particolare, l'amiloide-beta, considerata la pietra miliare nella degenerazione del cervello tipica di questa malattia.
In effetti, è ora disponibile una nuova tecnologia di scansione cerebrale che può effettivamente determinare la quantità di questa proteina nelle persone, un modo per contribuire a predire il loro rischio di Alzheimer. Ma, in assenza di qualsiasi trattamento significativo, l'utilità di questa linea di indagine è discutibile.
Non ne discuto l'affidabilità, ma faccio presente chiaramente che la metà dei soggetti studiati, che evidenziano un aumento significativo di amiloide-beta, sono completamente intatti dal punto di vista cognitivo [in altre parole, pur avendo amiloide-beta nel cervello, non hanno i sintomi della demenza].
Concentrarsi sul ruolo presunto dell'amiloide-beta nell'Alzheimer ha portato i ricercatori farmaceutici a spendere risorse incredibili per trovare farmaci che possano liberare il cervello da questa proteina apparentemente terribile. E finora, tutti i tentativi sono falliti, miseramente.
Non è arrivato con sorpresa lo studio pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine che riferisce un altro fallimento di un farmaco, progettato per ridurre l'amiloide-beta nel cervello di persone a rischio di Alzheimer; non solo ha fallito, ma il suo uso ha portato in realtà un peggioramento della funzione cognitiva, rispetto al placebo.
Questa scoperta dovrebbe indurre i ricercatori e i clinici a mettere in discussione la percezione dell'amiloide-beta. Se la riduzione dell'amiloide nel cervello provoca un peggioramento più rapido dei pazienti, forse non è il problema.
Forse, in realtà, fa bene al cervello.
Si è infatti scoperto che l'amiloide-beta è un "peptide antimicrobico", un termine tecnico che indica una proteina che ci aiuta a sbarazzarsi degli organismi estranei. In effetti, il Dr. Ruth Itzhaki dell'Università di Manchester ha pubblicato prove ampiamente convincenti sul ruolo centrale del virus herpes simplex nell'Alzheimer.
Quindi, si dovrebbe considerare che l'amiloide-beta è aumentato nell'Alzheimer non come causa, ma piuttosto come effetto. Questa proteina, bersaglio di così tante campagne farmaceutiche fallite, può ben essere la risposta disperata del nostro cervello ad un organismo invasore, l'herpes simplex o chissà cos'altro.
Dovremmo perciò riconsiderare le nostre teorie su cosa sta alla base di questa malattia devastante, soprattutto per quanto riguarda il ruolo dell'amiloide-beta. Ricordiamo che il nemico del mio nemico è mio amico.
Scritto da David Perlmutter, M.D., neurologo e scrittore.
Pubblicato in Huffington Post (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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