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Terapia con anticorpi rimuove le placche dell'Alzheimer nelle cavie [studio]

Fichier:Lilly logo.jpgGli anticorpi che combattono i depositi di proteine beta amiloide (Aβ) ritenuti un attore nell'Alzheimer, hanno mostrato un certo successo nel prevenire la formazione di depositi negli animali, ma non sono efficaci del rimuovere i depositi preesistenti.

Ora, ricercatori segnalano nel numero di Dicembre della rivista Neuron di Cell Press, che un anticorpo modificato è stato in grado di cancellare depositi preesistenti di Aβ in un topo modello di Alzheimer. "Questi risultati hanno importanti implicazioni per lo sviluppo attuale e futuro di anticorpi per il trattamento dell'Alzheimer", dice il primo autore Ronald DeMattos, PhD, della Eli Lilly and Company [azienda farmaceutica, logo a sinistra].


Una delle caratteristiche dell'Alzheimer è l'accumulo tra le cellule nervose di frammenti proteici insolubili consistenti, chiamati placche (o depositi) amiloidi. Queste placche consistono di frammenti di Aβ che normalmente vengono distrutti ed eliminati nel cervello sano. Una letteratura emergente suggerisce che nei pazienti di Alzheimer esiste una deposizione estesa di placca iniziata circa 10 anni prima dell'apparizione dei primi problemi di memoria, e al momento della diagnosi, la deposizione della placca è già considerata al livello massimo o quasi.


L'immunoterapia per l'Alzheimer è un approccio terapeutico promettente che utilizza anticorpi che puntano e eliminano l'Aβ, che esiste come peptide solubile o all'interno di depositi insolubili. Finora, molti ricercatori hanno utilizzato gli anticorpi capaci di legare entrambe le forme di Aβ, solubile ed insolubile. Questi anticorpi sono efficaci nel ridurre la deposizione di amiloide nei topi soggetti a sviluppo di placche, quando sono somministrati in via preventiva, ma quando sono somministrati a topi anziani con placche preesistenti, non hanno effetti, e sono spesso causa di gravi effetti collaterali.


Il Dr. DeMattos e i suoi colleghi hanno ipotizzato che questi anticorpi sono in grado di rimuovere le placche esistenti perché si saturano di Aβ solubile quando entrano nel cervello, e in questo modo non sono in grado di legarsi al loro bersaglio. Per verificare questa ipotesi, hanno sviluppato un anticorpo geneticamente modificato che colpisce selettivamente le placche. I ricercatori della Lilly hanno scoperto che il loro anticorpo anti-placca ha attraversato la barriera emato-encefalica, si è legato ai depositi di beta amiloide, e ha causato una robusta eliminazione delle placche pre-esistenti nei topi senza causare micro-sanguinamenti. Un anticorpo di confronto che si è legato alla Aβ, sia solubile che insolubile, non ha abassato efficacement le placche esistenti e ha anche provocato un aumento di micro emorragie. "I dati suggeriscono che un anticorpo che si lega solo alla beta amiloide insolubile è probabilmente fondamentale per la rimozione della placca senza l'evento avverso associato delle micro-emorragie", dice il Dott. DeMattos.


I ricercatori Lilly credono che questi risultati siano coerenti con la loro ipotesi iniziale. "Impegnare l'obiettivo è fondamentale per eliminare le placche depositate, e questi risultati evidenziano che gli approcci volti ad aumentare il legame degli anticorpi (l'"impegno dell'obiettivo"), si tradurrà in una eliminazione significativa della placca", dice il Dott. DeMattos.


I risultati possono aiutare a spiegare perché il farmaco per Alzheimer bapineuzumab non era migliore del placebo in due recenti studi di fase avanzata nei pazienti che avevano Alzheimer da lieve a moderato. Il bapineuzumab si lega sia alla beta amiloide solubile che a quella insolubile.

 

 

 

 

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Fonte: Materiale della Cell Press, via EurekAlert!, a service of AAAS.

Riferimento:
Ronald B. DeMattos, Jirong Lu, Ying Tang, Margaret M. Racke, Cindy A. DeLong, John A. Tzaferis, Justin T. Hole, Beth M. Forster, Peter C. McDonnell, Feng Liu, Robert D. Kinley, William H. Jordan, Michael L. Hutton. A Plaque-Specific Antibody Clears Existing β-amyloid Plaques in Alzheimer's Disease Mice. Neuron, 2012; 76 (5): 908-920 DOI: 10.1016/j.neuron.2012.10.029.

Pubblicato in ScienceDaily il 5 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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