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In futuro con un esame del sangue si potrà, forse, rispondere alla domanda cruciale: un gruppo di ricercatori dell' Università di Stanford, in California, ha messo a punto un test che riconosce nove volte su dieci i malati di Alzheimer.

A tutt' oggi questo tipo di demenza, che colpisce solo negli Stati Uniti più di cinque milioni di persone e in Italia circa 500.000, si identifica solo per esclusione, dopo aver eliminato tutte le altre ipotesi che potrebbero spiegare la perdita di memoria e il declino delle capacità intellettive.

E anche così non si raggiunge la certezza definitiva, che si ottiene solo con l' autopsia.

Ora però i neurologi statunitensi hanno scoperto che nel sangue di chi è destinato a soffrire di Alzheimer, sono presenti in concentrazioni molto caratteristiche, anche nelle primissime fasi della malattia, alcune proteine che servono a far comunicare le cellule tra loro.

«Dosandole si può scoprire la malattia con un anticipo di due-sei anni» afferma Tony Wyss-Coray, il neurologo dell' Università di Stanford che ha coordinato il lavoro, pubblicato in questi giorni sulla rivista Nature Medicine.

La diagnosi precoce potrebbe consentire un intervento più tempestivo: «Questo se esistessero terapie realmente efficaci - commenta Hans Spinnler, professore di neurologia presso l' Università di Milano e primario presso l' Ospedale San Paolo -. Il fatto è che i risultati positivi ottenuti negli studi sponsorizzati dalle case farmaceutiche non sono poi mai stati riconfermati da quelli indipendenti».

Se si è destinati alla demenza nel giro di qualche anno, e non c' è modo di evitarla, non è detto che convenga saperlo prima.

Articolo di Roberta Villa, Corriere della Sera, 21 ottobre 2007, Archivio storico.

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