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La menopausa innesca cambiamenti metabolici nel cervello che possono portare all'AlzheimerUn team della Weill Cornell Medicine e dell'Università dell'Arizona ha dimostrato con una nuova ricerca che la menopausa causa cambiamenti metabolici nel cervello che possono aumentare il rischio di Alzheimer.


I risultati, pubblicati ieri ​​10 ottobre 2017 in PLoS One, potrebbero aiutare a risolvere uno dei misteri dell'Alzheimer, vale a dire perché le donne sono colpite più degli uomini da questo disturbo neurodegenerativo fatale, pur considerando il fatto che le donne in media vivono più a lungo.


Gli investigatori dicono che i risultati possono portare anche allo sviluppo di test di rilevazione e a interventi precoci per invertire o rallentare i cambiamenti metabolici osservati.


L'Alzheimer affligge più di 5 milioni di americani, compreso un terzo degli over 85, e sappiamo che il processo di malattia comincia decenni prima della demenza. "Questo studio suggerisce che ci può essere una finestra critica di opportunità, dai 40 ai 60 anni, per rilevare i segni metabolici del rischio più alto di Alzheimer e implementare strategie che riducono tale rischio", ha detto la prima autrice Dott.ssa Lisa Mosconi, reclutata alla Weill Cornell Medicine come professoressa associata di neuroscienze in neurologia.


Per lo studio, la dott.ssa Mosconi e i suoi colleghi, che comprendono l'autrice senior Roberta Brinton dell'Università dell'Arizona di Tucson, hanno usato la tomografia a emissione di positroni (PET) per misurare l'uso di glucosio - la fonte di combustibile principale per l'attività cellulare - nel cervello di 43 donne sane dai 40 ai 60 anni. Di queste, 15 erano in pre-menopausa, 14 stavano passando alla menopausa (peri-menopausa) e 14 erano menopausali.


I test hanno rivelato che le donne che avevano già subito la menopausa o che erano peri-menopausali avevano livelli significativamente più bassi di metabolismo del glucosio in diverse aree chiave del cervello rispetto a quelle che erano in pre-menopausa. Gli scienziati in studi precedenti avevano visto uno schema simile di "ipometabolismo" nel cervello dei pazienti nelle prime fasi di Alzheimer, e anche nei topi che modellano la malattia.


Inoltre, i pazienti in menopausa e in peri-menopausa hanno evidenziato livelli più bassi di attività di un importante enzima metabolico chiamato «citocromo ossidasi mitocondriale», nonché punteggi più bassi nei test standard di memoria. Il forte contrasto con le pazienti pre-menopausali è rimasto anche quando si è tenuto conto che le donne in menopausa e peri-menopausa erano più anziane.


"I nostri risultati mostrano che la perdita di estrogeni nella menopausa non diminuisce solo la fertilità"
, ha affermato la dott.ssa Mosconi, direttrice associata della Clinica Prevenzione Alzheimer della Weill Cornell Medicine e del NewYork-Presbyterian. "Essa implica anche la perdita di un elemento neuroprotettivo chiave nel cervello femminile e una maggiore vulnerabilità all'invecchiamento del cervello e all'Alzheimer. Dobbiamo affrontare con urgenza questi problemi perché attualmente 850 milioni di donne in tutto il mondo stanno entrando o sono entrate in menopausa. I nostri studi dimostrano che le donne hanno bisogno di assistenza medica dopo i 40, ben prima di qualsiasi sintomo endocrino o neurologico".


I risultati aumentano l'evidenza di una connessione fisiologica tra la menopausa e l'Alzheimer. In settembre la Dott.ssa Mosconi e i colleghi hanno pubblicato uno studio in Neurology che ha collegato la menopausa a un aumento dell'accumulo di proteina amiloide-beta associata all'Alzheimer nel cervello. Gli investigatori hanno inoltre osservato volumi ridotti di materia grigia (cellule cerebrali) e di materia bianca (fasci di fibre nervose) nelle aree del cervello che sono fortemente colpite dall'Alzheimer.


Sappiamo da molto tempo che la menopausa causa sintomi cerebrali, compresi depressione, ansia, insonnia e deficit cognitivi. Molti scienziati credono che siano causati in gran parte dal declino dei livelli di estrogeni. I recettori degli estrogeni si trovano sulle cellule di tutto il cervello e le evidenze suggeriscono che la ridotta segnalazione attraverso questi recettori, a causa dei livelli bassi di estrogeni, può lasciare le cellule del cervello in genere più vulnerabili a malattie e disfunzioni.


Più in particolare, gli autori suggeriscono che la caduta di estrogeni nella menopausa può scatenare il passaggio a una "reazione di fame" nelle cellule del cervello, uno stato metabolico che è vantaggioso a breve termine ma può essere dannoso a lungo termine.


"Il nostro lavoro indica che le donne possono avere bisogno di antiossidanti per proteggere la loro attività cerebrale e i mitocondri in combinazione con strategie per mantenere i livelli di estrogeni"
, ha detto la dott.ssa Mosconi, osservando che l'esercizio e gli alimenti che sono ricchi di antiossidanti, come i semi di lino, potenziano la produzione di estrogeni. "Crediamo che siano necessarie ulteriori ricerche per testare l'efficacia e la sicurezza delle terapie di sostituzione ormonale nelle fasi iniziali della menopausa e per correlare i cambiamenti ormonali al rischio di Alzheimer. Questa è una priorità fondamentale nella nostra Clinica Prevenzione Alzheimer".


La dott.ssa Mosconi e i suoi colleghi ora intendono espandere il gruppo di pazienti e sperano anche di effettuare analisi più lunghe e più complete dei marcatori neurali e metabolici durante e dopo la menopausa. Questo lavoro può portare allo sviluppo di biomarcatori che potrebbero aiutare gli investigatori a individuare le pazienti a rischio. "Abbiamo realmente bisogno di seguire gruppi più grandi di donne per lunghi periodi per vedere come questo cambiamento menopausale nel metabolismo si collega all'Alzheimer", ha detto.


La dott.ssa Brinton, neuroscienziata leader nel campo dell'Alzheimer, del cervello femminile invecchiato e delle terapie rigenerative, ha detto: "I risultati di questo studio forniranno l'evidenza cruciale dei primi cambiamenti nel cervello femminile invecchiato, che sono rilevanti per il rischio doppio di Alzheimer in tutta la vita. È importante il fatto che questi risultati indicano che sappiamo quando intervenire nel processo di invecchiamento, per deviare il potenziale di sviluppo di questa malattia devastante".

 

 

 


Fonte: Weill Cornell Medicine (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Lisa Mosconi, Valentina Berti, Crystal Guyara-Quinn, Pauline McHugh, Gabriella Petrongolo, Ricardo S. Osorio, Christopher Connaughty, Alberto Pupi, Shankar Vallabhajosula, Richard S. Isaacson, Mony J. de Leon, Russell H. Swerdlow, Roberta Diaz Brinton. Perimenopause and emergence of an Alzheimer’s bioenergetic phenotype in brain and periphery. PLOS One, Published: October 10, 2017 DOI: 10.1371/journal.pone.0185926

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