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Perché classificare i neuroni può aiutare a curare le malattie del cervello

excitatory green and inhibitory red neurons in mouse cortex

Il cervello umano ha circa 100 miliardi di neuroni, collegati in modi complicati, che il neuroanatomista spagnolo Ramón y Cajal, ha confrontato a “giungle impenetrabili dove molti ricercatori si sono perduti”.


Ma per decifrare il funzionamento del cervello, e capire cosa può andare storto in molte malattie, è essenziale capire quante classi di neuroni ha in realtà e come sono collegati tra di loro.


Ora, in uno studio pubblicato di recente su Nature Neuroscience, un gruppo internazionale guidato dalla Columbia University ha proposto una nomenclatura unificata dei neuroni della corteccia cerebrale, lo strato più esterno del cervello che ha un ruolo chiave nell'attenzione, nella percezione, nella consapevolezza, nella memoria, nel linguaggio e nella coscienza.


Rafael Yuste, professore del Dipartimento di Scienze Biologiche e membro del Data Science Institute alla Columbia University, ha detto:

“Una classificazione ampiamente concordata è essenziale per archiviare le centinaia di tipi di neuroni e le loro proprietà. Se riuscissimo a decifrare come è costruita la corteccia e che cosa fa, potremmo capire scientificamente la nostra mente”.


Come classificare i neuroni è materia molto dibattuta sin dalla nascita delle neuroscienze moderne. Molti sforzi per descrivere le loro caratteristiche anatomiche, fisiologiche e molecolari non hanno avuto successo a causa della loro diversità cellulare, ha detto Yuste.


Negli ultimi due decenni, tuttavia, lo Human Genome Project ha prodotto una serie di metodi molecolari che consentono di identificare e fenotipizzare un gran numero di cellule.


“Questa rivoluzione molecolare sta generando dei database completi, accurati e permanenti, un triumvirato considerato il golden standard della biologia”
, ha detto Yuste.


In particolare, attraverso tecniche altamente automatizzate che sequenziano rapidamente ed efficacemente l'RNA di singole cellule, diversi gruppi hanno cominciato ad assemblare set di dati per classificare tipi cellulari nella corteccia.


“L'approccio permette di campionare decine di migliaia di cellule, generando quella che potrebbe essere una copertura sostanzialmente completa di tutti i tipi cellulari esistenti nella corteccia”
, ha detto Yuste.


Due anni fa, durante le discussioni a un incontro internazionale sui neuroni corticali a Copenaghen, i partecipanti hanno convenuto che era il momento giusto per affrontare la creazione di una classificazione unificata.


Un gruppo di 74 scienziati ha proposto di usare il sequenziamento dell'RNA a cella singola come scheletro per una classificazione unificata dei neuroni corticali. Conosciuta come 'Classificazione di Copenhagen', la proposta è descritta in questo articolo su Nature Neuroscience.


“Questo potrebbe essere un evento storico, in quanto affronta uno dei problemi principali nel campo delle neuroscienze. Un quadro unificato è importante non solo per i ricercatori e i clinici interessati a capire come funziona la corteccia, ma potrebbe anche ispirare classificazioni comunitarie simili di cellule”.

"In realtà ci sono grandi consorzi in tutto il mondo registrati per classificare tutte le cellule nel corpo; una cosa che potrebbe essere una svolta per la biologia e la medicina”, ha detto Yuste.


Con le neuroscienze che passano rapidamente ai dati digitali, i ricercatori propongono che la classificazione sia aggiornata regolarmente usando un tipo di algoritmo spesso impiegato dal settore del software per aggregare in automatico i dati.


“È eccitante pensare che i neuroscienziati in un futuro non troppo lontano potrebbero finalmente, attraverso la tecnologia, rompere l'impasse che ci ha afflitto per secoli”, ha detto Yuste.

 

 

 


Fonte: Carla Cantor in Columbia University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Rafael Yuste, Michael Hawrylycz, ..., Ed Lein. A community-based transcriptomics classification and nomenclature of neocortical cell types. Nature Neuroscience, 24 Aug 2020, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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