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Nuovo gene può guidare i primi cambiamenti cerebrali nell'Alzheimer

mayeux rbfox1 graph

Un gene di Alzheimer appena scoperto può guidare la prima apparizione di placche amiloidi nel cervello, secondo uno studio condotto da ricercatori della Columbia University.


Alcune varianti del gene RBFOX1 sembrano aumentare la concentrazione di frammenti di proteine ​​che compongono queste placche e possono contribuire alla rottura dei collegamenti critici tra i neuroni, un altro segno precoce della malattia. La scoperta potrebbe portare a nuove terapie che impediscono l'insorgenza del morbo di Alzheimer (MA) e a modi migliori di identificare le persone con il rischio più alto di sviluppare la malattia.

Negli ultimi anni, la scansione PET dell'amiloide cerebrale ha aiutato a rivelare che i primi segni del MA (i depositi di amiloide nel cervello) sono presenti già 10/15 anni prima che diventino evidenti i sintomi della malattia. Ma a parte i pochi casi provocati da rari geni ereditati, i ricercatori hanno continuato a cercare la causa di un eccessivo accumulo di amiloide nel cervello dei malati di MA.


Per trovare i geni che determinano l'accumulo iniziale di amiloide, il nuovo studio ha esaminato i genomi di migliaia di persone le cui scansioni PET hanno rivelato depositi di amiloide nel cervello, ma che non avevano ancora sviluppato sintomi di MA. “Studiando le persone con i primi segni del MA, possiamo trovare i geni che sono inequivocabilmente legati all'inizio della malattia. E questi geni hanno maggiori probabilità di portare a terapie in grado di prevenire il suo sviluppo“, dice Richard Mayeux MD, cattedra di neurologia alla Columbia University, che ha guidato lo studio.

 

Cosa c'è di nuovo

Lo studio ha guardato nel genoma di circa 4.300 persone che non avevano il MA, ma il cui cervello conteneva già quantità variabili di placca amiloide, come misurato dalle scansioni PET con traccianti dell'amiloide.


Un'analisi genetica ha scoperto un legame tra la comparsa di depositi di amiloide e l'APOE, un gene di Alzheimer già conosciuto, e un nuovo gene, il RBFOX1. Circa il 10% delle persone nello studio (prevalentemente con antenati europei) aveva varianti RBFOX1 che sono state collegate con l'emergere di depositi di amiloide.


Quantità minori di RBFOX1 nel cervello sembravano essere associate ad un aumento dell'amiloide e al declino cognitivo globale durante la vita.

 

Perché è rilevante

Scoprire esattamente come l'RBFOX1 regola la placca amiloide potrebbe portare a dei modi per prevenire l'accumulo di placca. Ricerche precedenti avevano già suggerito che l'RBFOX1 è coinvolto nella formazione dei precursori amiloidi e nella rottura delle sinapsi tra i neuroni.


Il collegamento tra RBFOX1 e placche amiloidi può essere relativamente facile da districare, a differenza del collegamento noto tra APOE4 e amiloide, che non è ancora chiaro dopo decenni di ricerca. Mayeux dice:

“Penso che scopriremo che questi marcatori di malattia eventuale sono un'area dove possiamo realmente progredire contro il MA.

“Sarà praticamente impossibile modificare il decorso della malattia al momento della comparsa dei sintomi. Per allora, la malattia ha già fatto danni da 10/15 anni. Se saremo in grado di puntare i geni che inducono l'amiloide a partire, e a correggere questi problemi in qualche modo, potremmo prevenire la malattia”.

 

 

 


Fonte: Columbia University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Neha Raghavan, Logan Dumitrescu, Elizabeth Mormino, Emily Mahoney, Annie Lee, Yizhe Gao, Murat Bilgel, David Goldstein, Theresa Harrison, Corinne Engelman, Andrew Saykin, Christopher Whelan, Jimmy Liu, William Jagust, Marilyn Albert, Sterling Johnson, Hyun-Sik Yang, Keith Johnson, Paul Aisen, Susan Resnick, Reisa Sperling, Philip De Jager, Julie Schneider, David Bennett, Matthew Schrag, Badri Vardarajan, Timothy Hohman, Richard Mayeu. Association Between Common Variants in RBFOX1, an RNA-Binding Protein, and Brain Amyloidosis in Early and Preclinical Alzheimer Disease. JAMA Neurol., 22 June 2020, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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