Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Perché il tempo passato davanti a uno schermo può disturbare il sonno

Panda and Mure behind screenDa sinistra Ludovic Mure e Satchidananda Panda, autori dello studio (Foto: Salk Institute)

Per la maggior parte di noi, il tempo trascorso a fissare gli schermi, su computer, telefoni, iPad, ammonta a molte ore e può spesso interrompere il sonno.


Ora, i ricercatori del Salk Institute hanno individuato il modo in cui certe cellule dell'occhio elaborano la luce ambientale e ripristinano il nostro orologio interno, i cicli giornalieri dei processi fisiologici chiamati 'ritmi circadiani'. Quando queste cellule vengono esposte alla luce artificiale fino a tarda notte, il nostro orologio interno può essere confuso, causando una serie di problemi di salute.


I risultati, pubblicati il ​​27 novembre 2018 in Cell Reports, possono aiutare a portare a nuovi trattamenti per l'emicrania, l'insonnia, il jet lag e per i disturbi del ritmo circadiano, che sono stati legati alle disfunzioni cognitive, al cancro, all'obesità, all'insulino-resistenza, alla sindrome metabolica e altro.


"Siamo continuamente esposti alla luce artificiale, sia nel tempo davanti a uno schermo, sia durante la giornata in casa, sia rimanendo svegli a notte fonda", dice il prof. Satchidananda Panda del Salk, autore senior dello studio. "Questo stile di vita causa interruzioni ai nostri ritmi circadiani e ha conseguenze deleterie sulla salute".


La parte posteriore dei nostri occhi contiene una membrana sensoriale chiamata 'retina', il cui strato più interno contiene una piccola sottopopolazione di cellule sensibili alla luce che funzionano come i pixel di una fotocamera digitale. Quando queste cellule sono esposte alla luce continua, la proteina melanopsina si rigenera continuamente al loro interno, segnalando direttamente al cervello i livelli di luce ambientale per regolare la coscienza, il sonno e la vigilanza.


La melanopsina ha un ruolo fondamentale nella sincronizzazione dell'orologio interno dopo 10 minuti di illuminazione e, in condizioni di luce intensa, sopprime l'ormone melatonina, responsabile della regolazione del sonno.


"Rispetto ad altre cellulde dell'occhio sensibili alla luce, le cellule di melanopsina rispondono fino a quando la luce dura, o anche qualche secondo in più", dice Ludovic Mure, scienziato dello staff e primo autore dello studio. "Questo è fondamentale, perché il nostro orologio circadiano è progettato per rispondere solo a un'illuminazione prolungata".


Nel nuovo lavoro, i ricercatori del Salk hanno usato strumenti molecolari per attivare la produzione di melanopsina nelle cellule della retina dei topi. Hanno scoperto che alcune di queste cellule hanno la capacità di sostenere le risposte alla luce quando vengono esposte a impulsi di luce lunghi e ripetuti, mentre altre diventano desensibilizzate.


La saggezza convenzionale afferma che le proteine ​​chiamate 'arrestine', che bloccano l'attività di alcuni recettori, dovrebbero arrestare la risposta fotosensibile delle cellule entro pochi secondi dall'accensione delle luci. I ricercatori sono rimasti sorpresi nel constatare che le arrestine sono in realtà necessarie perché la melanopsina continui a rispondere alla luce prolungata.


Nei topi privi di entrambe le versioni della proteina arrestina (beta1 e beta2), le cellule retiniche che producono melanopsina non sono riuscite a sostenere la loro sensibilità alla luce in caso di illuminazione prolungata. Il motivo, si scopre, è che l'arrestina aiuta la melanopsina a rigenerarsi nelle cellule retiniche.


"Il nostro studio suggerisce che le due arrestine realizzano la rigenerazione della melanopsina in un modo particolare", dice Panda. "Una fa il suo lavoro convenzionale di arrestare la risposta, e l'altra aiuta la proteina melanopsina a ricaricare il suo co-fattore retinico sensibile alla luce. Quando questi due passaggi vengono eseguiti in rapida successione, la cellula sembra rispondere continuamente alla luce".


Comprendendo meglio le interazioni della melanopsina nel corpo e del modo in cui gli occhi reagiscono alla luce, Panda spera di trovare nuovi bersagli per contrastare i ritmi circadiani distorti dovuti, ad esempio, all'illuminazione artificiale.


In precedenza, il team di ricerca di Panda aveva scoperto che le sostanze chimiche chiamate 'opsinamidi' potrebbero bloccare l'attività della melanopsina nei topi senza comprometterne la visione, offrendo una potenziale via terapeutica per affrontare l'ipersensibilità alla luce sperimentata da chi soffre di emicrania.


In seguito, i ricercatori mirano a trovare i modi per influenzare la melanopsina e ripristinare l'orologio interno e aiutare nell'insonnia.

 

 

 


Fonte: Salk Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Ludovic S. Mure, Megumi Hatori, Kiersten Ruda, Giorgia Benegiamo, James Demas, Satchidananda Panda. Sustained Melanopsin Photoresponse Is Supported by Specific Roles of β-Arrestin 1 and 2 in Deactivation and Regeneration of Photopigment. Cell Reports, 2018; 25 (9): 2497 DOI: 10.1016/j.celrep.2018.11.008

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

'Evitare l'Alzheimer potrebbe essere più facile di quanto pensi'…

16.11.2018 | Esperienze & Opinioni

Hai l'insulino-resistenza? Se non lo sai, non sei sola/o. Questa è forse la domanda più ...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Acetil-L-carnitina può aiutare la memoria, anche insieme a Vinpocetina e Huper…

27.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Demenza grave, neuropatie (nervi dolorosi), disturbi dell'umore, deficit di attenzione e...

Un segnale precoce di Alzheimer potrebbe salvarti la mente

9.01.2018 | Esperienze & Opinioni

L'Alzheimer è una malattia che ruba più dei tuoi ricordi ... ruba la tua capacità di ese...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Gas xeno potrebbe proteggere dall'Alzheimer, almeno nei topi; previsti te…

30.01.2025 | Ricerche

Molti dei trattamenti perseguiti oggi per proteggere dal morbo di Alzheimer (MA) sono co...

Sempre più giovani con Alzheimer e demenza: colpa delle tossine ambientali, me…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

È abbastanza straziante quando le persone anziane sviluppano condizioni di perdita di me...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)