Ricerche
La proteina Cloto promuove la longevità riducendo l'infiammazione nel cervello
Clòto era una delle tre Moire (o Parche), figlia, secondo una versione, della Notte o, secondo un'altra, di Zeus e di Temi o Mnemosine. Era la più giovane e ... continua su Wikipedia
La proteina Clòto ha dimostrato di promuovere la longevità e contrastare i deterioramenti legati all'invecchiamento. Avere più Clòto sembra consentire una vita più lunga e più sana, mentre un esaurimento di questa molecola accelera l'invecchiamento e può contribuire alle malattie legate all'età. Curiosamente, all'interno del cervello, c'è una struttura che contiene livelli molto più elevati di Clòto rispetto a tutte le altre.
Questa struttura è il plesso coroideo, che comprende un insieme complesso di cellule che producono il liquido cerebrospinale e formano un'importante barriera tra il sistema nervoso centrale e il sangue.
Un gruppo di scienziati dei Gladstone Institutes, guidati da Lennart Mucke MD, ha deciso di capire perché il plesso coroideo contiene molto più Clòto di altre regioni del cervello. In un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica PNAS, hanno dimostrato che il Clòto funziona da guardiano per proteggere il cervello dal sistema immunitario periferico.
"Abbiamo scoperto, nei topi modello, che i livelli di Clòto nel plesso coroideo diminuiscono naturalmente con l'età", ha detto Mucke, ricercatore senior e direttore del Gladstone Institute of Neurological Disease. "Abbiamo poi imitato questo processo di invecchiamento riducendo sperimentalmente i livelli di Clòto in questa struttura, e abbiamo scoperto che l'esaurimento di questa molecola aumenta l'infiammazione del cervello".
Mucke e il suo team hanno approfondito l'impatto di questo fenomeno su altre regioni del cervello. Hanno scoperto che nei topi con meno Clòto nel plesso coroideo, le cellule immunitarie innate in un importante centro di memoria reagivano in modo più aggressivo quando altre parti del corpo erano esposte a sfide immunitarie che imitavano le infezioni.
"Con bassi livelli di Clòto la barriera tra cervello e sistema immunitario sembra rompersi", ha detto Lei Zhu, scienziato del laboratorio di Mucke e primo autore dello studio. "I nostri dati indicano che Clòto aiuta a mantenere chiusa la barriera. Quando i livelli di questa molecola si impoveriscono nel plesso coroideo, la barriera diventa più porosa e consente alle cellule immunitarie e alle molecole infiammatorie di attraversarla più facilmente".
Questo tipo di risposta potenziata da parte delle cellule immunitarie innate può essere dannoso, perché producono alcuni fattori che hanno dimostrato di compromettere le funzioni cerebrali.
Mucke, che è anche professore di neurologia e neuroscienza all'Università della California di San Francisco, ha aggiunto:
"I cambiamenti molecolari che abbiamo osservato nel nostro studio suggeriscono che l'esaurimento di Clòto dal plesso coroideo potrebbe contribuire al declino cognitivo nelle persone anziane attraverso l'inflammaging [=infiammazione cronica] cerebrale.
"Questo potrebbe aiutare a spiegare, almeno in parte, perché spesso notiamo deterioramenti nelle funzioni cognitive negli anziani ospedalizzati quando hanno infezioni, come la polmonite o le infezioni del tratto urinario. Questa complicanza tende ad essere particolarmente importante nei pazienti con Alzheimer, dove l'infiammazione è emersa come un importante fattore di patologia".
Ora che hanno dimostrato che l'esaurimento di Clòto dal plesso coroideo porta ad un aumento dell'infiammazione cerebrale, Mucke e il suo team stanno pianificando il loro prossimo esperimento per determinare se l'aumento dei livelli di Clòto nel plesso coroideo può aiutare a sopprimere il declino cognitivo correlato all'età.
Fonte: Gladstone Institutes (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Lei Zhu, Liana R. Stein, Daniel Kim, Kaitlyn Ho, Gui-Qiu Yu, Lihong Zhan, Tobias E. Larsson, Lennart Mucke. Klotho controls the brain–immune system interface in the choroid plexus. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2018; 201808609 DOI: 10.1073/pnas.1808609115
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