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Spiegato il fallimento degli studi clinici sull'Alzheimer, trovata possibile soluzione

I ricercatori del King's College di Londra hanno scoperto un circolo vizioso alla base della degenerazione cerebrale del morbo di Alzheimer (MA), che potrebbe spiegare perché così tanti esperimenti hanno fallito. Lo studio identifica anche un farmaco approvato clinicamente che rompe il circolo vizioso e protegge dalla perdita di memoria nei modelli animali di MA.


La sovrapproduzione della proteina amiloide-beta è fortemente legata allo sviluppo del MA, ma molti farmaci che hanno come bersaglio l'amiloide-beta hanno fallito negli studi clinici. Gli attacchi dell'amiloide-beta distruggono le sinapsi - le connessioni tra le cellule nervose nel cervello - causando problemi di memoria, demenza e, infine, morte.


Nel nuovo studio, pubblicato su Translational Psychiatry, i ricercatori hanno scoperto che, quando l'amiloide-beta distrugge una sinapsi, le cellule nervose producono altra amiloide-beta, inducendo così la distruzione di altre sinapsi.


"Dimostriamo che esiste un circolo vizioso di reazione positiva in cui l'amiloide-beta guida la propria produzione", afferma l'autore senior Dr Richard Killick dell'Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze (IPPN). "Pensiamo che una volta che questo ciclo di reazione va fuori controllo, è troppo tardi perché i farmaci che hanno come bersaglio l'amiloide-beta siano efficaci, e questo potrebbe spiegare perché così tanti test di farmaci anti MA hanno fallito".


"Il nostro lavoro svela il legame intimo tra la perdita di sinapsi e l'amiloide-beta nelle prime fasi del MA", afferma la prima autrice Christina Elliott del IPPN. "Questo è un importante passo avanti nella nostra comprensione della malattia e sottolinea l'importanza di un intervento terapeutico precoce".


I ricercatori hanno anche scoperto che una proteina chiamata Dkk1, che stimola potentemente la produzione di amiloide-beta, è fondamentale per il ciclo di feedback positivo. Ricerche precedenti del dott. Killick e colleghi avevano identificato la Dkk1 come un protagonista centrale nel MA, e, mentre il Dkk1 è appena percepibile nel cervello dei giovani adulti, la sua produzione aumenta con l'avanzare dell'età.


Invece di puntare l'amiloide-beta, i ricercatori ritengono che prendere di mira la Dkk1 potrebbe essere un modo migliore per fermare il progresso del MA, interrompendo il circolo vizioso della produzione di amiloide-beta e della perdita di sinapsi.


Il Dr Killick afferma:

"È importante sottolineare che il nostro lavoro ha dimostrato che potremmo già essere in grado di bloccare il ciclo di feedback con un farmaco chiamato fasudil che è già usato per l'ictus in Giappone e in Cina.

"Abbiamo dimostrato in modo convincente che il fasudil può proteggere sinapsi e memoria nei modelli animali del MA, e allo stesso tempo riduce la quantità di amiloide-beta nel cervello".


Nei topi progettati per sviluppare grandi depositi di amiloide-beta nel cervello con l'età, i ricercatori hanno scoperto che solo due settimane di trattamento con fasudil riducevano drasticamente i depositi di amiloide-beta.


I ricercatori del King's College di Londra stanno ora cercando finanziamenti per condurre una sperimentazione in pazienti con MA di stadio iniziale, per determinare se il fasudil migliora la salute del cervello e previene il declino cognitivo.


Il professor Dag Aarsland del IPPN ha dichiarato:

"Oltre ad essere un farmaco sicuro, il fasudil sembra entrare nel cervello in quantità sufficiente per essere potenzialmente un trattamento efficace contro l'amiloide-beta. Ora dobbiamo portare avanti al più presto questo studio clinico in persone con MA di stadio iniziale".

 

 

 


Fonte: King's College London (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Christina Elliott, Ana I. Rojo, Elena Ribe, Martin Broadstock, Weiming Xia, Peter Morin, Mikhail Semenov, George Baillie, Antonio Cuadrado, Raya Al-Shawi, Clive G. Ballard, Paul Simons, Richard Killick. A role for APP in Wnt signalling links synapse loss with β-amyloid production. Translational Psychiatry, 2018; 8 (1) DOI: 10.1038/s41398-018-0231-6

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