Ricerche
Sperimentato il pacemaker per Alzheimer: l'impianto cerebrale sembra dare aiuto ai pazienti
Tom Moore con la moglie LaVonne, alla quale l'impianto del pacemaker cerebrale ha fermato il progredire dell'Alzheimer.
È inserito direttamente nel cranio del malato e nei test ha dimostrato di aiutare a ripristinare sia la concentrazione che l'attenzione. I sintomi sono migliorati in tutti e tre i pazienti sottoposti a test dopo l'installazione del dispositivo, simile a un pacemaker cardiaco.
Nei risultati che hanno lasciato stupefatti i ricercatori, una donna anziana che ha partecipato alle prove è stata improvvisamente in grado di cucinare di nuovo i propri pasti, un compito che non era stata in grado di eseguire negli ultimi anni. LaVonne Moore, 85 anni, ha anche ripreso a suonare i suoi brani preferiti al pianoforte, anni dopo essere stata colpita dalla condizione degenerativa del cervello.
Il delicato intervento chirurgico per il montaggio del dispositivo comporta dei fori nel cranio e quindi l'impianto di fili elettrici sottili nei lobi frontali del cervello. Quindi questi inviano impulsi elettrici che stimolano parti del cervello.
Tom, il marito della signora Moore, ha dichiarato che il suo morbo di Alzheimer (MA) è progredito molto più lentamente di quanto si aspettasse: "LaVonne ha avuto l'MA più a lungo di chiunque io conosca, e questo suona negativo", ha detto. "Ma è davvero una cosa positiva perché mostra che stiamo facendo qualcosa di giusto".
La signora Moore, di Delaware in Ohio, non ha esitato a mettersi a disposizione, dicendo al marito:
"Farò di tutto per aiutare gli altri a non passare quello che sto passando io".
Essendo già stato usato per invertire il declino cognitivo in più di 135.000 persone affette dal Parkinson, lo studio è stato il primo a tentare il trattamento della demenza.
Gli scienziati dicono che i risultati entusiasmanti potrebbero ora offrire un nuovo approccio per combattere la condizione devastante. Il dott. Douglas Scharre, professore di neurologia clinica e psichiatria della Ohio State University, dove sono stati condotti gli esperimenti, ha dichiarato:
"Abbiamo molti aiuti alla memoria, strumenti e trattamenti farmaceutici per aiutare i malati di Alzheimer con la memoria.
"Ma non abbiamo nulla che possa aiutare a migliorare il loro giudizio, a prendere buone decisioni o aumentare la loro capacità di focalizzare selettivamente l'attenzione sul compito da svolgere ed evitare le distrazioni.
"Queste abilità sono necessarie per svolgere attività quotidiane come fare il letto, scegliere cosa mangiare e socializzare in modo significativo con amici e familiari".
Ha detto che lo studio pilota si è dimostrato promettente per consentire ai pazienti di mantenere la funzione mentale più a lungo, migliorando la loro qualità della vita. Attualmente non esiste una cura conosciuta per l'MA, che causa la morte delle cellule nervose, la perdita di tessuto cerebrale e la demenza. Durante la malattia, il cervello si restringe drammaticamente, interessando quasi tutte le sue funzioni.
La maggior parte delle terapie per l'Alzheimer è focalizzata sul miglioramento della memoria, ma il team ha puntato a rallentare il declino delle capacità di risoluzione dei problemi e di prendere decisioni.
Chiamato «stimolazione cerebrale profonda» (SCP), il dispositivo è simile a un pacemaker cardiaco, eccetto che i fili sono impiantati nel cervello piuttosto che nel cuore. Gli elettrodi quindi inviano impulsi elettrici a specifiche parti del cervello.
Gli organismi di ricerca britannici nell'Alzheimer ieri sera hanno accolto favorevolmente i risultati. La dott.ssa Carol Routledge, direttrice della ricerca di Alzheimer's Research UK, ha dichiarato:
"La stimolazione cerebrale profonda è già usata come trattamento per ridurre i tremori gravi nel Parkinson ed è incoraggiante vedere questo studio esplorativo nelle persone con MA. La ricerca precedente del SCP nell'MA ha mostrato risultati incoerenti, ma finora gli studi non si erano concentrati sulle aree del cervello responsabili del processo decisionale e della risoluzione dei problemi".
Ma la dott.ssa Routledge ha avvertito:
"Lo studio non è stato confrontato con un trattamento fittizio, quindi, mentre i segni di beneficio sono degni di un seguito, i benefici completi e l'efficacia in termini di costi di questo trattamento richiedono indagini molto più robuste in studi più ampi".
Lo studio ha rilevato che l'impianto ha ridotto il calo generale delle prestazioni osservato in genere nelle persone con MA lieve o allo stadio iniziale. Il coautore Dr Ali Rezai, che guida il Rockefeller Neuroscience Institute della West Virginia University, ha dichiarato:
"I nostri risultati suggeriscono che la modulazione della rete frontale per migliorare i deficit esecutivi e comportamentali dovrebbe essere ulteriormente studiata nei pazienti con MA".
I ricercatori, che hanno pubblicato i risultati sul Journal Of Alzheimer's Disease, ora prevedono di esplorare metodi non chirurgici per stimolare il lobo frontale.
Fonte: Mark Reynolds in Express.co.uk (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Douglas W. Scharre, Emily Weichart, Dylan Nielson, Jun Zhang, Punit Agrawal, Per B. Sederberg, Michael V. Knopp, Ali R. Rezai, for the Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative. Deep Brain Stimulation of Frontal Lobe Networks to Treat Alzheimer’s Disease. Journal of Alzheimer's Disease, published: 30 Jan 2018. DOI: 10.3233/JAD-170082
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