Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Le cellule che ringiovaniscono il cervello: nuove scoperte sull'Alzheimer

Le cellule che ringiovaniscono il cervello: nuove scoperte sull'AlzheimerL'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa manifestata da vari processi patologici neuronali e da un declino significativo della funzione cerebrale.


Degli aggregati di proteina amiloide-beta ('placche') si accumulano all'interno e tra le cellule cerebrali. A causa sia dei cambiamenti strutturali che dell'indebolimento dei percorsi di comunicazione chimica, si perdono le giunzioni delle reti neuronali (sinapsi).


Inoltre, le proteine ​​citoscheletriche degli assoni (tau) perdono la loro struttura normale, compromettendo la loro funzione e causando una morte neuronale massiccia.


Il cervello è un organo fragile e unico che ha un proprio sistema immunitario appositamente progettato, separato dal resto del corpo. Il ruolo primario delle cellule immunitarie del cervello, chiamate microglia, è quello di riconoscere, scindere e smaltire le varie sostanze che non funzionano correttamente nel cervello, dalle cellule morte ai vari detriti cellulari e agli aggregati di proteine.


Eppure l'attività delle microglia è regolata in modo stretto per consentire loro di smaltire i rifiuti senza danneggiare i neuroni sani adiacenti che mantengono importanti informazioni. La gamma delle loro attività - dalla funzione immune essenziale, al rischio di danneggiare i neuroni sani dovuta all'iperattività - nei giovani individui sani è ben equilibrata, ma può diventare anomala nell'invecchiamento e nelle condizioni neuropatologiche.


Una domanda fondamentale è: perché le cellule immunitarie del cervello non sono efficaci nella riparazione dei danni associati all'Alzheimer?


L'Alzheimer è spesso associato all'infiammazione locale. In assenza di una chiara comprensione del contributo delle cellule immunitarie sistemiche e cerebrali alla patologia della malattia, molti scienziati hanno interpretato l'infiammazione del cervello locale presente nell'Alzheimer come un esito negativo di microglia eccessivamente aggressive e dell'entrata incontrollata di cellule immunitarie dalla periferia al cervello. Sono stati quindi tentati, senza successo, trattamenti anti-infiammatori, lasciando perplessi i ricercatori del settore circa la funzione delle cellule immunitarie nelle malattie neurodegenerative.


La Prof.ssa Michal Schwartz del Dipartimento di Neurobiologia dell'Istituto Weizmann di Scienze, ha dimostrato negli anni che mobilitare le cellule del sistema immunitario sistemico non sempre causa danni, e infatti, se ben controllato, può anche aiutare a far fronte a varie patologie cerebrali. Ma la domanda sul ruolo delle cellule immunitarie del cervello, le microglia, rimane aperta: sono utili in sé stesse? o inutili? o forse dannose?


La Prof.ssa Schwartz, insieme al Prof. Ido Amit del Dipartimento di Immunologia e ai loro gruppi di ricerca (i ricercatori post-dottorato Drs. Hadas Keren-Shaul e Assaf Weiner, e gli studenti di ricerca Amit Spinrad, Orit Matcovitch-Natan e Raz Dvir-Szternfeld) danno ora una risposta a questa domanda, insieme ad un nuovo approccio di ricerca, per trovare i modi per curare l'Alzheimer.


Gli scienziati hanno studiato topi geneticamente modificati, modello della malattia, il cui patrimonio genetico comprende cinque geni umani mutanti che causano una forma aggressiva di Alzheimer. Il cervello di questi topi presenta caratteristiche simili a quelle presenti nel cervello degli umani affetti da Alzheimer. Un ostacolo significativo alla comprensione dei ruoli delle cellule immunitarie nell'Alzheimer e in altre malattie neurodegenerative, è la capacità di distinguere accuratamente tra cellule simili con funzioni diverse, e quindi capire chi è amico e chi è nemico.


Gli scienziati hanno impiegato una tecnologia avanzata di sequenziamento genomico a cellule singole - un 'microscopio genetico' sviluppato nel laboratorio del Prof. Amit negli ultimi anni - che consente agli scienziati di sequenziare completamente il materiale genetico di singole cellule, consentendo loro di identificare la funzione unica di queste cellule immunitarie, anche quando sono estremamente rare: in altre parole, separare il grano dal loglio.


In questo studio gli scienziati hanno sequenziato il contenuto RNA di tutte le cellule immunitarie nel cervello dei topi con Alzheimer, un sforzo che, fino a poco tempo fa, non avrebbe potuto essere intrapreso. Poiché l'Alzheimer è una malattia progressiva, il team ha ripetuto questo esperimento in momenti diversi nel tempo durante la progressione della malattia e ha confrontato i risultati con quelli dei topi sani.


Ciò li ha portati ad una scoperta affascinante: un sottoinsieme di cellule microgliali uniche non presenti nei topi sani, e che cambiano gradualmente con la progressione della malattia. Hanno chiamato queste cellule «microglia associate a malattia» (DAM).


Gli scienziati hanno scoperto che lo sviluppo di questo tipo unico di cellule dipende dalla riduzione dell'espressione delle proteine ​​regolatrici (punti di controllo) che frenano l'attività delle microglia nel cervello e da un aumento dell'espressione di un complesso proteico che riconosce l'accumulazione di lipidi estranei (molecole di tipo grasso) e cellule morte, tra cui una proteina chiamata TREM2. Una mutazione in questa proteina è accompagnata da un inizio precoce e drastico della malattia.


Quando i ricercatori, in collaborazione con il Prof. Marco Colonna della Facoltà di Medicina della Washington University di St. Louis, hanno usato un topo modello di Alzheimer che non esprime TREM2, la microglia non è riuscita ad acquisire i percorsi di riparazione delle cellule DAM per rimuovere le placche amiloidi. Un esame del cervello del topo modello di Alzheimer e un postmortem di pazienti con Alzheimer ha svelato che queste cellule uniche si trovano in prossimità degli aggregati di placche amiloidi, suggerendo una connessione tra il meccanismo che porta all'attivazione di queste microglia uniche e la loro modalità di attività.


In effetti, le microglia recentemente scoperte esprimono molte proteine ​​precedentemente classificate come 'marcatori di rischio' di malattia nei pazienti di Alzheimer, che evidenziano il loro importante ruolo benefico in questi pazienti. In altre parole, le mutazioni delle proteine ​​espresse da queste cellule provocano disfunzioni nell'eliminazione delle placche e sono quindi accompagnate da una insorgenza precoce e da una maggiore gravità della malattia.


Il Prof. Amit spiega:

"Questo ampio insieme di scoperte ci porta a capire ora che un certo fallimento [genetico o ambientale] del processo di sotto-regolazione dell'espressione delle proteine ​​regolatrici [punti di controllo] non consente una sufficiente sovra-regolazione dei percorsi di riparazione, portando all'incapacità delle cellule DAM identificate di eseguire in modo appropriato le loro attività di smaltimento delle placche.

"Questo è un concetto completamente nuovo per comprendere l'Alzheimer, sulla base di modelli guidati da dati che consentono una comprensione meccanica del ruolo centrale delle cellule microgliali nella malattia e sulle informazione che i controlli microgliali, che sono indispensabili per la normale funzione, diventano un ostacolo nel cervello malato".


Secondo la Prof.ssa Schwartz, queste scoperte delineano nuovi bersagli potenziali nella ricerca di una terapia per l'Alzheimer:

"Identificando le proteine ​​chiave che impediscono la transizione delle microglia per diventare DAM, cercheremo i metodi molecolari per ridurre selettivamente la loro espressione / attività, migliorando così i percorsi di riparazione. A sua volta, ciò comporterebbe l'accelerazione dello sviluppo delle cellule DAM, un aumento del loro numero e di efficacia nella rimozione della 'placca' nel cervello e, possibilmente, il taglio dei vari sintomi della malattia. Questi, come pure gli obiettivi che attivano i loro percorsi fagocitici, potrebbero servire come potenziali nuovi obiettivi per lo sviluppo di farmaci".


"Inoltre", dice il dottor Keren-Shaul, uno degli autori principali dello studio, "le nostre ricerche attuali si stanno concentrando sull'individuazione delle molecole ottimali da mettere a punto".


"Questa sfida è fondamentale per le indagini attuali dei nostri gruppi di ricerca"
, dicono i due leader del team.

 

 

 


Fonte: Weizmann Institute of Science (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee g...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle cap...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.