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Rivelato il meccanismo con cui i prioni danneggiano le cellule cerebrali

Rivelato il meccanismo con cui i prioni danneggiano le cellule cerebraliUn nuovo studio ha scoperto un meccanismo molecolare nella proteina prione, responsabile di varie malattie neurodegenerative, che può spiegare perché le cellule nervose degenerano in questi disturbi.


Le scoperte, che appaiono sulla rivista eLife, potranno un giorno portare a migliori terapie e trattamenti per queste malattie.


La proteina prione ha un ruolo cruciale in disturbi neurodegenerativi fatali come la malattia di Creutzfeldt-Jakob negli esseri umani e la 'malattia della mucca pazza' nei bovini.


Le malattie di prioni fanno parte di un gruppo più ampio di disturbi neurodegenerativi umani, che comprende Alzheimer, Parkinson e Huntington, tutte dovute all'accumulo anomalo di aggregati di proteine ​​nel cervello. Secondo i ricercatori, il modo in cui si danneggiano le cellule nervose in queste malattie finora è rimasto un mistero.


David Harris MD/PhD, professore e preside del dipartimento di biochimica della Boston University, autore corrispondente della ricerca, spiega:

"Il nostro lavoro dimostra che la proteina prione agisce da interruttore molecolare 'on-off', acceso-spento. Nella posizione 'on', un'estremità della proteina fornisce un segnale tossico alle cellule nervose, mentre nella posizione 'off' l'altra estremità della proteina diventa un freno per ridurre il segnale tossico. In più, il rame, metallo componente normale della biochimica del cervello, influenza la proteina prione verso lo stato 'off'. Questo nuovo meccanismo, in cui le due parti della proteina prione hanno funzioni contrarie, finora non erano ancora state capite completamente".


Usando un approccio multidisciplinare che coinvolge tecniche elettrofisiologiche, cellulari e biofisiche, i ricercatori hanno scoperto che parti della proteina prione prive dell'area 'freno' causano correnti elettriche anormali nelle cellule. Gli anticorpi che interferiscono con il funzionamento dell'area freno fanno lo stesso. E' importante notare che anche il trattamento anticorpale ha causato una grave degenerazione dei dendriti delle cellule nervose, le propaggini essenziali per la normale comunicazione tra le cellule nervose.


In collaborazione con i colleghi dell'Università della California di Santa Cruz, i ricercatori hanno applicato una tecnica chimica sofisticata per dimostrare che le due estremità della proteina prione interagiscono l'una con l'altra per alterare la quantità di segnale tossico che viene inviato.


Come risultato della loro scoperta, i ricercatori raccomandano cautela nella somministrazione di anticorpi contro i prioni, come possibile terapia sia per le malattie di prioni che per l'Alzheimer. "Il nostro studio risuona come grave avvertimento per i possibili effetti collaterali negativi di questa strategia, dal momento che abbiamo dimostrato che tali anticorpi causano una drastica degenerazione delle cellule nervose, interferendo con la normale funzione 'on-off' della proteina prione", hanno aggiunto.


I ricercatori sperano che il loro studio possa portare a migliori terapie per i disturbi neurodegenerativi, oltre a aiutare i medici a evitare i possibili effetti collaterali pericolosi dell'uso di anticorpi anti-prioni per scopi terapeutici. "Questi dati forniscono l'immagine migliore ad oggi dello stato 'off' della proteina prione", ha dichiarato il coautore Glenn Millhauser PhD, della UC Santa Cruz. "Riconoscere la natura di questo stato fornisce una piattaforma per lo sviluppo di farmaci per la cura delle malattie neurodegenerative. È un momento emozionante nella biologia dei prioni".

 

 

 


Fonte: Boston University via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Bei Wu, Alex J McDonald, Kathleen Markham, Celeste B Rich, Kyle P Mchugh, Jörg Tatzelt, David W Colby, Glenn L Millhauser, David A Harris. The N-terminus of the prion protein is a toxic effector regulated by the C-terminus. eLife, Published on 20/5/2017, DOI: http://dx.doi.org/10.7554/eLife.23473

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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