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Un'anomalia delle 'cellule-guardiane' soffoca lentamente i neuroni



L'anomalia delle 'cellule-guardiane' soffoca lentamente i neuroniUn'anormalità in cellule particolari che avvolgono i vasi sanguigni nel cervello porta ad un deterioramento dei neuroni, con possibili influenze sullo sviluppo dell'Alzheimer, secondo uno studio guidato dalla University of Southern California.


Le 'cellule-guardiane' chiamate periciti circondano i vasi sanguigni; si contraggono e si dilatano per controllare il flusso di sangue verso parti attive del cervello.


"La degenerazione dei periciti può essere la partenza di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, la SLA e probabilmente altre", ha detto Berislav Zlokovic, autore senior dello studio e direttore del Zilkha Neurogenetic Institute dell'USC. "Un problema con le cellule-guardiane che circondano i capillari può limitare il sangue e l'ossigeno ad aree attive del cervello, causando la perdita graduale dei neuroni che potrebbe avere importanti implicazioni per l'Alzheimer".


Questo studio, pubblicato il 30 gennaio su Nature Neuroscience, è il primo di usare un modello di topo pericite-carente per verificare come è regolato il flusso di sangue nel cervello. L'obiettivo era capire se i periciti possono essere un bersaglio terapeutico nuovo e importante per trattare il deterioramento dei neuroni.


"I problemi vascolari aumentano il rischio di deterioramento cognitivo in molti tipi di demenza, compreso l'Alzheimer", ha detto Cassandra Kisler, uno dei primi autori e ricercatore associato dell'Istituto Zilkha dell'USC. "I periciti hanno un ruolo importante nel mantenere sano il cervello".


La disfunzione dei periciti soffoca il cervello, portando a uno stress metabolico, a un danno neuronale accelerato e alla perdita di neuroni, ha detto Zlokovic, docente di ricerca di Alzheimer.


Per testare la teoria, i ricercatori hanno stimolato l'arto posteriore di topi giovani carenti di cellule guardiane e hanno monitorato le risposte globali e individuali dei capillari cerebrali, i vasi sanguigni più piccoli nel cervello. La risposta del flusso sanguigno cerebrale globale ad uno stimolo elettrico si è ridotta di circa il 30 per cento rispetto ai topi normali, denotando un sistema indebolito.


Rispetto al gruppo di controllo, i capillari dei topi periciti-carenti ci hanno messo 6,5 secondi in più a dilatarsi. Un ampliamento capillare più lento e un flusso più lento dei globuli rossi che trasportano l'ossigeno attraverso i capillari implicano che ci vuole più tempo al cervello per ottenere il suo combustibile.


Passando da 6 a 8 mesi di vita, le risposte del flusso di sangue cerebrale globale agli stimoli sono peggiorate progressivamente. Le risposte del flusso sanguigno per il gruppo sperimentale erano del ​​58 per cento inferiori a quelle dei loro coetanei normali. In breve, con l'età, il malfunzionamento del sistema vascolare del cervello peggiora esponenzialmente.


"Ora capiamo che la funzione delle cellule-guardiane dei vasi sanguigni è garantire un adeguato apporto di ossigeno e di energia alle cellule del cervello", ha detto Amy Nelson, altro primo autore e studioso post-dottorato del Zilkha Institute. "Prima del nostro studio, gli scienziati sapevano che i pazienti con Alzheimer, SLA e altre patologie neurodegenerative sperimentano cambiamenti nel flusso di sangue e ossigeno che viene fornito al cervello e che i periciti muoiono. Il nostro studio aggiunge nuove informazioni: la perdita di queste cellule-guardiane porta alla compromissione del flusso sanguigno e a un apporto insufficiente di ossigeno al cervello. Il grande mistero ora è: cosa uccide i periciti nell'Alzheimer?"

 

 

 


Fonte: University of Southern California via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Kassandra Kisler, Amy R Nelson, Sanket V Rege, Anita Ramanathan, Yaoming Wang, Ashim Ahuja, Divna Lazic, Philbert S Tsai, Zhen Zhao, Yi Zhou, David A Boas, Sava Sakadžić, Berislav V Zlokovic. Pericyte degeneration leads to neurovascular uncoupling and limits oxygen supply to brain. Nature Neuroscience, 2017; DOI: 10.1038/nn.4489

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