Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La dimensione del cervello potrebbe predire il rischio di deterioramento cognitivo?

L'Alzheimer e il deficit cognitivo possono compromettere seriamente la capacità di una persona di svolgere le attività quotidiane, ma solo il 45% delle persone affette da Alzheimer o i loro caregiver sono informati della diagnosi. Ora, un nuovo studio suggerisce che dimensioni più grandi del cervello potrebbero preludere a una riduzione del rischio di deterioramento cognitivo, compresa la demenza.


La ricerca è pubblicata sulla rivista Alzheimer's Research and Therapy. Essa si concentra in particolare sugli ippocampi, due 'strutture simili a cavallucci marini' che si trovano nel cervello destro e sinistro, e che aiutano a formare nuovi ricordi. Quando queste strutture sono danneggiate (per esempio a causa dell'Alzheimer), può essere difficile ricordare le cose che sono accadute di recente.


I ricercatori, guidati da Aaron Bonner-Jackson del Center for Brain Health della Cleveland Clinic in Ohio, dicono che gli studi precedenti avevano suggerito che le dimensioni dell'ippocampo potrebbero essere una misura per coloro che hanno un rischio più alto di Alzheimer. Essi spiegano che l'ippocampo sinistro è collegato alla ritenzione verbale, mentre quello destro ha a che fare con la memoria spaziale.


Per indagare ulteriormente l'associazione tra il volume del cervello e la memoria, i ricercatori hanno valutato 226 pazienti in una clinica della memoria per determinare eventuali aumenti del rischio di demenza.

 

'I risultati devono essere considerati nella progettazione di nuovi farmaci'

Per questo tipo di studio, i ricercatori dicono che la dimensione del gruppo di pazienti era abbastanza grande, e alcuni avevano vari tipi di malattie neurodegenerative. Tra i pazienti, 34 avevano una diagnosi di Alzheimer e 82 avevano un lieve decadimento cognitivo (MCI), un precursore dell'Alzheimer.


I ricercatori hanno analizzato i ricordi dei pazienti attraverso un test di cui i pazienti hanno dimostrato la loro capacità di ricordare liste di parole sentite. I pazienti hanno poi effettuato test spaziali, per dimostrare quanto ricordavano forme e modelli. Successivamente, il team ha esaminato le scansioni cerebrali dei pazienti attraverso la risonanza magnetica (MRI).


I risultati dimostrano che i pazienti con una memoria cosiddetta normale avevano ippocampi più grandi e sono andati meglio nei compiti di memoria, rispetto a coloro che avevano deficit cognitivo.


Spiegando ulteriormente i risultati, Bonner-Jackson dice: "Noi crediamo che le prestazioni sul compito di memoria spaziale siano una misura più sensibile del volume dell'ippocampo, rispetto alla prestazione sul compito di memoria verbale. Questo sfida gli studi precedenti e gli studi clinici incentrati solo sulla memoria verbale, perchè ora stiamo scoprendo che la memoria spaziale è un giocatore più importante nella valutazione delle persone a rischio di Alzheimer".


Anche se i ricercatori si sono concentrati solo sull'ippocampo, Bonner-Jackson dice che la ricerca futura dovrebbe includere altre strutture cerebrali, come ad esempio il talamo e l'amigdala. "Anche se questo è uno dei più grandi studi ad aver esaminato il ruolo dell'ippocampo nell'insorgenza della demenza, sono necessarie ulteriori indagini per confermare la relazione", egli osserva, aggiungendo che i futuri studi di Alzheimer dovrebbero anche "prendere in considerazione questi risultati nella progettazione di nuovi farmaci".

 

Lo studio non può determinare la relazione causa-effetto

Anche se lo studio ha molti punti di forza, i ricercatori fanno osservare alcune limitazioni. In primo luogo, poiché lo studio era di osservazione, non può dimostrare causa ed effetto, perchè potrebbero essere in gioco altri fattori.


Inoltre, anche se il team ha studiato solo l'ippocampo, un precedente studio aveva trovato effetti nel giro paraippocampale destro, quindi è possibile che essi avrebbero individuato "effetti di lateralità se avessero esaminato più strutture nei lobi temporali mesiali". Essi aggiungono che questi risultati dovrebbero essere replicati su campioni di dimensioni più grandi.


Visto che 1 anziano su 3 muore con l'Alzheimer o un'altra demenza, i risultati come questi sono di grande importanza, in particolare per l'invecchiamento della popolazione.

 

 

 


Fonte: Marie Ellis in Medical News Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Aaron Bonner-Jackson, Shamseldeen Mahmoud, Justin Miller and Sarah J Banks. Verbal and non-verbal memory and hippocampal volumes in a memory clinic population. Alzheimer's Research & Therapy 2015, 7:61  doi:10.1186/s13195-015-0147-9

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

L'Alzheimer è in realtà un disturbo del sonno? Cosa sappiamo del legame t…

28.02.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una forma di demenza che insorge quando c'è un accumulo di ...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Dare un senso alla relazione obesità-demenza

2.08.2022 | Esperienze & Opinioni

Questo articolo farà capire al lettore perché l'obesità a volte può aumentare il rischio...

Perché è importante la diagnosi precoce di demenza?

31.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Vedere problemi di memoria nel tuo caro anziano può essere davvero spaventoso. Magari no...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.