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Trovato il meccanismo che ripristina l'orologio biologico

Trovato il meccanismo che ripristina l'orologio biologicoRicercatori dell'Università di Manchester hanno scoperto un nuovo meccanismo che regola il modo in cui gli orologi del corpo reagiscono ai cambiamenti dell'ambiente.


E la scoperta, in corso di pubblicazione su Current Biology, potrebbe fornire una soluzione per alleviare gli effetti negativi del lavoro a turni per lunghi periodi e del jet-lag.


I risultati del gruppo rivelano che l'enzima caseina chinasi 1epsilon (CK1epsilon) controlla la facilità di regolazione o di ripristino dell'orologio biologico, da parte degli stimoli ambientali come la luce e la temperatura.


I temporizzatori biologici interni (orologi circadiani) sono presenti in quasi tutte le specie del pianeta. Nei mammiferi, compreso l'uomo, gli orologi circadiani si trovano nella maggior parte delle cellule e dei tessuti del corpo, e orchestrano i ritmi quotidiani della nostra fisiologia, compresi i nostri modelli di sonno/veglia e del metabolismo.


Il dottor David Bechtold, che ha guidato il team di ricerca dell'Università di Manchester, ha dichiarato: "Al centro di questi orologi c'è un insieme complesso di molecole la cui interazione prevede temporizzazioni robuste e precise di 24 ore. Soprattutto, i nostri orologi sono tenuti in sincronia con l'ambiente, essendo sensibili alle informazioni su luce e buio".


Questo lavoro, finanziato dal «Biotechnology and Biological Sciences Research Council», è stato effettuato da un team della University of Manchester in collaborazione con scienziati della Pfizer guidati dal dottor Travis Wager. La ricerca ha individuato un nuovo meccanismo attraverso il quale i nostri orologi rispondono a questi stimoli della luce. Durante lo studio, i topi privi di CK1epsilon, un componente dell'orologio, sono stati in grado di passare molto più velocemente del solito ad un nuovo ambiente di luce-buio (proprio come si sperimenta nel lavoro a turni o nei viaggi aerei a lungo raggio).

Può essere rilevante perché:

I disturbi del sonno e lo sconvlgimento dei ritmi circadiani sono da tempo considerati un fattore di rischio importante per l'Alzheimer e la demenza in generale.

La regolazione e la normalizzazione del lavoro di tali orologi biologici avrebbe quindi presumibilmente un effetto benefico sulla nostra salute mentale in vecchiaia.


Il team di ricerca ha continuato dimostrando che i farmaci che inibiscono il CK1epsilon sono in grado di velocizzare le risposte ai turni dei topi normali, e criticamente, che l'adattamento più veloce al nuovo ambiente minimizza i disturbi metabolici causati dagli scambi del tempo.


Il Dott. Bechtold ha detto: "Sappiamo già che la società moderna pone molte sfide alla salute e al benessere: delle cose che pure sono viste come normali, come il lavoro a turni, la privazione del sonno e il jet lag, disturbano gli orologi del nostro corpo. Sta diventando chiaro che l'interruzione dell'orologio aumenta l'incidenza e la gravità di malattie come l'obesità e il diabete. Non siamo geneticamente predisposti ad adattarci rapidamente al lavoro a turni o ai voli a lungo raggio, per cui gli orologi del nostro corpo sono costruiti per resistere a tali cambiamenti rapidi. Purtroppo, dobbiamo affrontare questi problemi oggi, e ci sono molte prove chiare che la rottura dei nostri orologi corporei ha conseguenze reali e negative per la nostra salute".


E continua: "Con il progredire di questo lavoro in termini clinici, potremmo essere in grado di migliorare la capacità dell'orologio di affrontare il lavoro a turni, e soprattutto capire come il disadattamento dell''orologio contribuisce a malattie come il diabete e l'infiammazione cronica".

 

 

 

 

 


FonteUniversity of Manchester  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Violetta Pilorz, Peter S. Cunningham, Anthony Jackson, Alexander C. West, Travis T. Wager, Andrew S.I. Loudon, David A. Bechtold. A Novel Mechanism Controlling Resetting Speed of the Circadian Clock to Environmental Stimuli. Current Biology, 2014 DOI: 10.1016/j.cub.2014.02.027

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