Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La stimolazione mentale funziona, ma solo per l'attività praticata

Se si cerca sul web "brain training" [addestramento, stimolazione cerebrale], si trovano esercizi, giochi, software e anche applicazioni online, tutti progettati per preparare il nostro cervello a migliorare le prestazioni su un qualsiasi compito. Funzionano? Psicologi dell'Università dell'Oregon dicono "sì, ma c'è un problema".


Il trucco, secondo Elliot T. Berkman, professore del Dipartimento di Psicologia e autore principale di uno studio pubblicato il 1 Gennaio sul Journal of Neuroscience, è che la formazione per un particolare compito fa aumentare le prestazioni, ma tale vantaggio non resta necessariamente nelle successive sfide.


La formazione apportata dallo studio ha indotto un cambio proattivo nel controllo inibitorio. Tuttavia, non è chiaro se il miglioramento ottenuto si estende ad altri tipi di funzione esecutiva come la memoria di lavoro, perché l'unico obiettivo del gruppo era il controllo inibitorio, ha detto Berkman, che dirige il Social and Affective Neuroscience Lab del dipartimento di psicologia.


"Con la formazione, l'attività cerebrale si collega a segnali specifici che predicono quando potrebbe essere necessario il controllo inibitorio", ha detto. "Questo risultato è importante perché spiega come la formazione del cervello migliori le prestazioni su un determinato compito, ed anche perché il miglioramento delle prestazioni non si generalizza oltre tale compito".


Sessanta partecipanti (27 maschi e 33 femmine, da 18 a 30 anni) hanno partecipato a uno studio di tre fasi. Sono state monitorate le variazioni delle loro attività cerebrale con la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Metà dei soggetti erano nel gruppo sperimentale, addestrato con un compito che modella il controllo inibitorio (una sorta di auto-controllo): una gara tra un processo di "go" e uno di "stop". Un processo di fermata più veloce indica un controllo inibitorio più efficiente.


In ciascuna prova della serie, i partecipanti hanno ricevuto un segnale "go", una freccia che punta a sinistra o a destra. I soggetti premevano un tasto corrispondente alla direzione della freccia il più rapidamente possibile, avviando il processo di movimento. Tuttavia nel 25 per cento delle prove un segnale acustico suonava dopo l'apparizione della freccia, segnalando ai partecipanti di trattenersi dal premere il pulsante, avviando così il processo di arresto.


Ogni secondo giorno, per tre settimane, i partecipanti hanno fatto pratica nel compito di segnale di stop oppure in un compito di controllo che non influenzava il controllo inibitorio. Le prestazioni sono migliorate di più nel gruppo di formazione rispetto al gruppo di controllo.


Durante il compito con segnale di stop è stata monitorata l'attività neurale con la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che cattura i cambiamenti del livello di ossigeno nel sangue. Il lavoro con la risonanza magnetica è stato fatto nel Center for Neuroimaging Robert and Beverly Lewis della UO. Durante il controllo inibitorio diminuiva l'attività nel giro frontale inferiore e nella corteccia cingolata anteriore (regioni del cervello che regolano il controllo inibitorio), ma nel gruppo di formazione aumentava di più immediatamente prima di esso, rispetto al gruppo di controllo.


I risultati della fMRI hanno identificato tre regioni del cervello dei soggetti addestrati che mostrano variazioni durante il compito, spingendo i ricercatori a teorizzare che la regolazione emotiva può essere migliorata riducendo angoscia e frustrazione durante gli esperimenti. Nel complesso, la dimensione dell'effetto-formazione è piccolo. Una sfida per la ricerca futura, hanno concluso, sarà di individuare protocolli che potrebbero generare effetti più positivi e duraturi.


Hanno collaborato allo studio Lauren E. Kahn e Junaid S. Merchant, studenti di dottorato in psicologia. Il progetto è stato finanziato da premi interni di ricerca della facoltà dell'UO.

 

 

 

 

 


Fonte: University of Oregon.

Riferimenti: E. T. Berkman, L. E. Kahn, J. S. Merchant. Training-Induced Changes in Inhibitory Control Network Activity. Journal of Neuroscience, 2013; 34 (1): 149 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.3564-13.2014

Pubblicato in uonews.uoregon.edu (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Come rimodellare con le arti l'assistenza alla demenza

14.12.2020 | Esperienze & Opinioni

Da bambina, Anne Basting è andata a trovare la nonna nella casa di riposo. 'Impressionante' è la ...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

È lo scopo o il piacere la chiave della felicità mentre invecchiamo?

19.11.2021 | Esperienze & Opinioni

I benefici di avere un senso di scopo nella vita sono davvero incredibili. Le persone co...

Come vivere in modo sicuro con la demenza a casa tua

12.11.2020 | Esperienze & Opinioni

C'è un malinteso comune che la persona con una diagnosi di demenza perde la sua indipend...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.