Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Può essere riabilitato l'amiloide, il primo accusato dell'Alzheimer?

CT brain scan (stock image). (Credit: © svedoliver / Fotolia) Gli amiloidi (grumi di proteine mal ripiegate presenti nel cervello delle persone con Alzheimer e altre patologie neurodegenerative) sono i "cattivi ragazzi" per antonomasia in neurobiologia.

Sono ritenuti colpevoli di mandare all'aria il funzionamento incessante dei neuroni responsabili della memoria e del movimento, e diversi ricercatori in tutto il mondo si sono dedicati alla ricerca del modo di bloccarne produzione o accumulo nell'uomo.


Ma ora un paio di recenti studi di ricerca della School of Medicine alla Stanford University hanno fissato una solida rotta verso la riabilitazione della reputazione delle proteine che formano questi grovigli di amiloide, le cosiddette placche. In questo processo, sembrano pronti a rovesciare sottosopra il campo della neurobiologia.


Il primo studio, pubblicato lo scorso Agosto, ha dimostrato che una proteina che forma gli amiloidi, chiamata amiloide-beta (fortemente implicata nell'Alzheimer), potrebbe invertire i sintomi di una malattia neurodegenerativa simile alla sclerosi multipla nei topi di laboratorio.

 


Il secondo studio, pubblicato il 3 Aprile su Science Translational Medicine, estende la ricerca dimostrando che piccole porzioni di proteine note che formano gli amiloidi (tra cui colpevoli conclamati come le tau e le proteine prioniche) possono anche alleviare rapidamente i sintomi nei topi con questa condizione, nonostante il fatto che i frammenti possano, e formino, i lunghi viticci, le fibrille, già ritenute dannose per la salute dei nervi.

 


"Stiamo scoprendo che, almeno in alcune circostanze, questi peptidi amiloidi aiutano effettivamente il cervello", dichiara Lawrence Steinman, MD, professore di neurologia e scienze neurologiche e della pediatria. "Questo realmente capovolge sottosopra il dogma 'amiloide-cattivo'. Richiederà un cambiamento nelle credenze fondamentali sulla neurodegenerazione e su malattie come la sclerosi multipla, l'Alzheimer e il Parkinson". Steinman, Professore "George A. Zimmermann" alla scuola medica dell'università, e autore corrispondente della ricerca, è un noto esperto di sclerosi multipla, la sua ricerca ha portato allo sviluppo del Natalizumab (commercializzato come Tysabri), un potente trattamento per la malattia. L'autore senior è Jonathan Rothbard, PhD, scienziato senior di ricerca nel laboratorio di Steinman; l'autore principale è il postdottorato Michael Kurnellas, PhD.


Nell'insieme gli studi cominciano a suggerire la nuova idea radicale che le proteine intere che formano gli amiloidi, possono infatti essere prodotte dal corpo come una protezione, piuttosto che come forza distruttiva. In particolare, lo studio di Steinman indica che queste proteine possono funzionare come chaperoni [ciceroni] molecolari, accompagnando e rimuovendo dai siti lesionati delle specifiche molecole coinvolte nell'infiammazione e nelle risposte immunitarie inadeguate.


Sebbene i risultati specifici dei due studi di Steinman siano sorprendenti, ci sono stati sentori nelle ricerche precedenti che le proteine che formano gli amiloidi possono non essere affatto negative.In particolare, inibire o mandare KO, l'espressione di diverse delle proteine in modelli di topo di sclerosi multipla (una tecnica che dovrebbe bloccare il corso della malattia se queste proteine ne fossero la causa) peggiora invece i sintomi degli animali. E c'è il fatto che queste cosiddette molecole pericolose che formano l'amiloide sono sorprendentemente prevalenti. "Sappiamo che il corpo produce molte proteine che formano l'amiloide in risposta al danno", spiega Steinman. "Io dubito che questo sia fatto per produrre altri danni. Ad esempio, la proteina prionica si trova in ogni cellula del nostro corpo. Che cosa fa? E' possibile che ogni manovra terapeutica per rimuovere tutte queste proteine possa interferire con la loro funzione naturale".


Capire come si formano gli amiloidi richiede una comprensione della biologia delle proteine, che sono essenzialmente stringhe di componenti più piccoli chiamati amminoacidi attaccati da un lato all'altro. Una volta fatte, queste stringhe di proteine si ​​torcono e si ripiegano in specifiche forme tridimensionali che si incastrano come chiavi nelle serrature per fare il lavoro della cellula. Una proteina mal ripiegata probabilmente non può svolgere le sue mansioni e deve essere smaltita dal sistema cellulare di gestione dei rifiuti del corpo.

 


Le proteine che formano gli amiloidi (ce ne sono circa 20), tuttavia, non sono inattive. Al contrario, iniziano una reazione a catena con altre proteine mal ripiegate, formando lunghe ciocche insolubili chiamate fibrille che si compattano insieme per formare grumi amiloidi. Questi grumi appaiono costantenti nel cervello delle persone con malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e la sclerosi multipla, ma non nel cervello delle persone sane.

 


Anche se questi grumi sono ritenuti dannosi per le cellule nervose, non è del tutto chiaro come essi causano i danni. Una possibilità è la capacità delle fibrille di formare pori cilindrici che potrebbero interrompere la membrana cellulare e interferire con il corretto flusso di ioni e molecole utilizzate dalle cellule per comunicare e trasmettere segnali nervosi. Indipendentemente da ciò, la loro stessa presenza suggerisce una diagnosi di neurodegenerazione a molti medici, tra cui - fino a poco tempo fa - lo stesso Steinman. "Abbiamo iniziato questa ricerca, perché queste molecole sono presenti nel cervello delle persone con sclerosi multipla", dichiara Steinman. "Ci aspettavamo di dimostrare che la presenza di amiloide-beta aggravasse la malattia negli animali da laboratorio. Invece, abbiamo visto un grande beneficio".

[...]

"Le lezioni che abbiamo imparato dal nostro studio sulle proteine che formano l'amiloide nella sclerosi multipla, potrebbero essere utili per l'ictus e i traumi cerebrali, così come per l'Alzheimer", conclude Steinman. "Stiamo capendo come gli approcci terapeutici attuali possano incidere sul corpo, e stiamo cominciando a capire le sfumature necessarie per progettare un trattamento di successo. Anche se ci vorrà del tempo, siamo determinati a muovere questi risultati promettenti dal laboratorio alla pratica clinica il più rapidamente possibile".

 

 

 

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
The original English version EnFlag
of this article is here.

 

 

 

 

 


Fonte: Stanford University Medical Center. Articolo originale scritto da Krista Conger.

Riferimento: Michael P. Kurnellas, Chris M. Adams, Raymond A. Sobel, Lawrence Steinman, and Jonathan B. Rothbard. Amyloid Fibrils Composed of Hexameric Peptides Attenuate Neuroinflammation. Sci Transl Med, 3 April 2013 DOI: 10.1126/scitranslmed.3005681.

Pubblicato in Science Daily il 3 Aprile 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari - Foto di
TC cerebrale:Credit: © svedoliver / Fotolia

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:




Notizie da non perdere

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee g...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle cap...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.