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Visite oculistiche possono predire il rischio di Alzheimer

Schema retina - da webvision.med.utah.eduUna nuova ricerca suggerisce che anomalie dei parametri vascolari della retina (RVP) possono indicare un aumento delle placche amiloidi nel cervello e possono servire come biomarcatore per l'Alzheimer (AD) preclinico.

I risultati dello studio Australian Imaging, Biomarkers, and Lifestyle (AIBL) Flagship of Ageing evidenziano che i partecipanti con AD hanno avuto vari RVP significativamente diversi, comprese vene più strette e un aumento significativo del rapporto arteriola-venula (AVR), rispetto ai loro coetanei senza AD.


In ulteriori analisi dei soli partecipanti senza diagnosi di AD, le scansioni con tomografia ad emissione di positroni con composto Pittsburgh B (PIB-PET) hanno dimostrato che i partecipanti che avevano elevato carico neocorticale di placca avevano anche alcuni di questi cambiamenti di RVP, che forse rappresentano l'AD preclinico. "Questo è il primo studio ad analizzare i cambiamenti dei vasi sanguigni della retina in relazione al carico di placca amiloide nel cervello", scrive il team di ricercatori, guidato da Shaun Frost, dottorando alla Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization di Perth in Australia. "I modelli che combinano i RVP ottengono buoni risultati nel distinguere i pazienti con AD diagnosticato dai controlli sani", aggiungono.


I ricercatori fanno notare che, poichè la PET e la risonanza magnetica possono essere costosi da gestire e non sono ampiamente disponibili, questi esami della vista possono rappresentare una opzione più semplice e non invasiva, anche se non come misura isolata. "L'analisi fotografica retinica mostra un potenziale in aggiunta all'individuazione precoce di AD o al monitoraggio della progressione di AD o alla risposta ai trattamenti", scrivono. Lo studio è stato pubblicato online il 26 febbraio in Translational Psychiatry.

 

Diagnosi difficile

"La caratteristica neuropatologica principale dell'AD è la presenza di depositi di amiloide cerebrali (le placche)", scrivono i ricercatori. "Anche se l'esame post-mortem del cervello è necessaria per la conferma di AD, una diagnosi di 'probabile AD' può essere effettuata in pazienti che soddisfano i criteri stabiliti dall'Istituto nazionale dei Disordini Neurologici e Comunicativi e Ictus e dalla Alzheimer's Association", aggiungono.


Tuttavia, una diagnosi definitiva di probabile AD viene solo dopo che il danno neurologico si è già verificato in questi pazienti. Pertanto, c'è una grande necessità di metodi per rilevare la condizione prima che avvenga il danno irreversibile. Poiché la retina "è una conseguenza evolutiva del cervello", i ricercatori hanno cercato di valutare se i cambiamenti patologici vascolari retinici possano essere utilizzati come misura di screening potenziale di AD.


Per questa analisi, i ricercatori hanno valutato una coorte dei partecipanti allo studio AIBL, composto da 25 persone con probabile AD (52% donne, età media 72,4 anni) e 123 loro coetanei sani (55% donne, età media 71,6 anni). Sono state prese foto a colori digitali della retina per questi individui, e con l'aiuto di un software semiautomatico si sono valutati 19 RVP, come la larghezza e la ramificazione dei vasi della retina. Inoltre è stato calcolato l'AVR per ciascun partecipante sulla base della arteriosa retinica centrale allo spessore equivalente venulare. Sono state condotte ulteriori analisi di RVP in relazione al carico di placca neocorticale, come mostrato dalla PIB-PET, per 45 dei coetanei sani.

 

Anomalie significative

I risultati mostrano significative differenze tra i gruppi in 13 dei RVP misurati.


Questi includono calibri equivalenti centrale arteriolare e venulare della retina (P = 0,01 e P <0,001, rispettivamente), dimensione frattale delle reti sia arteriolari che venulari (P = 0,008 e P <0,001, rispettivamente), tortuosità della curvatura venulare (P = .02), e numero di prime ramificazioni di arteriole e venule (P = 0,007 e 0,006, rispettivamente) inferiori per le persone con probabile AD vs quelli senza.


Inoltre, i partecipanti con probabile AD avevano un aumento significativo delle deviazioni standard  nella zona B arteriolare e venulare (P = .001 e .002, rispettivamente), del coefficiente di derivazione venulare (P = .02), del fattore di asimmetria delle ramificazioni arteriolare e venulare (P =. 02 e 0,03, rispettivamente), e del rapporto lunghezza-diametro arteriolare (p = 0,03).


Nell'analisi dei dati di imaging, il sottogruppo di volontari sani con livelli elevati di placche amiloidi (come mostrato dal rapporto di valore di assorbimento standardizzato misurato con PET-PIB maggiore di 1,5) avevano un fattore di asimmetria della ramificazione venulare (P = .01) e rapporto lunghezza-diametro arteriolare (P = .02) più alti in confronto a coloro che avevano livelli più bassi di placche amiloidi. Questi 2 parametri erano maggiori anche nei pazienti con AD rispetto a quelli con alti livelli di placche amiloidi, "quindi questi risultati sono coerenti con l'ipotesi che i cambiamenti di RVP possono precedere la diagnosi di AD", scrivono gli autori dello studio.


C'erano anche molti più portatori di APOE ε4 nel gruppo di AD vs i non-AD (p = .02) e in quelli con alti livelli di placche amiloidi vs quelli con livelli più bassi (P = .04).

 

Un biomarcatore ancora migliore?

Dr feke"Penso che questo sia un buono studio, ma vorrei che potesse aver esaminato un altro sottogruppo di pazienti", ci ha detto Gilbert T. Feke (foto), PhD, ricercatore associato al Dipartimento di Oftalmologia del Massachusetts Eye and Ear Infirmary di Boston. "Hanno guardato soggetti di controllo e quelli con Alzheimer, ma non avevano un gruppo in mezzo".


Il Dr. Feke, non coinvolto in questa ricerca, ha presentato i risultati preliminari di uno studio simile in una presentazione poster al Meeting annuale 2011 dell'Associazione per la Ricerca in Oftalmologia e Visione (ARVO). Il suo team investigativo ha esaminato 7 partecipanti anziani affetti da probabile AD, 10 con decadimento cognitivo lieve (MCI), e 17 con cognizione normale.


I risultati hanno mostrato che il gruppo di AD aveva vene della retina significativamente più strette degli altri 2 gruppi, così come un minore flusso di sangue alla retina. Inoltre, il gruppo MCI aveva un flusso sanguigno e velocità del sangue significativamente più bassi di quelli con cognizione normale. "Questo suggerisce che le anomalie emodinamiche possono precedere la perdita neuronale nella retina nei soggetti con deterioramento cognitivo", hanno detto i ricercatori nella presentazione. "Abbiamo scoperto che la diminuzione del diametro dei vasi non avviene fino a quando le persone in realtà non hanno l'AD. Quelli con MCI non la mostrano. Invece, hanno mostrato la riduzione della velocità e del flusso sanguigno. Così questo rende difficile che la misurazione del diametro dei vasi possa essere il biomarcatore unico", ha aggiunto il dottor Feke.


Egli osserva che i diametri nel suo studio e in questo studio sono stati misurati quando i vasi sanguigni della retina erano piuttosto grandi. Tuttavia, il processo di AD "inizia nei vasi più piccoli. E quando le cose accadono in quei vasi, ciò rallenta la velocità del sangue". "Non ci sono molte persone che perseguono l'idea di esaminare la retina in questo modo, ma l'idea in sé è eccellente perché la retina è parte del cervello", conclude.


Lo studio AIBL è finanziato dal National Institute for Mental Health, e parti sono state presentate alla International Conference 2011 dell'Alzheimer's Association a Parigi in Francia. La ricerca del Dr. Zeke è stata presentata all'ARVO a Fort Lauderdale in Florida il 2 maggio 2011. Gli autori dello studio e il dottor Feke non riferiscono alcuna relazione finanziaria rilevante.

 

 

 

 

 


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Riferimento: S.Frost, Y.Kanagasingam, H.Sohrabi, J.Vignarajan, P.Bourgeat, O.Salvado, V.Villemagne, C.C.Rowe, S.Lance Macaulay, C.Szoeke, K.A.Ellis, D.Ames, C.L.Masters, S.Rainey-Smith e R.N.Martins the AIBL Research Group. Retinal vascular biomarkers for early detection and monitoring of Alzheimer’s disease. Translational Psychiatry (2013) 3, e233; doi:10.1038/tp.2012.150

Pubblicato da Deborah Brauser in Medscape il 1 Marzo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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