Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Quante sessioni di intervento sono utili per prevenire il declino cognitivo?

Ricercatori dell'Institut Universitaire de Gériatrie de Montréal, affiliato all'Università di Montréal, hanno determinato il numero ottimale di sessioni di intervento necessarie per prevenire il declino cognitivo delle persone a rischio.

Attività fisica, nutrizione e attività cognitivamente stimolanti sono tutti modi validi per prevenire l'Alzheimer e la demenza. E a tal fine gli anziani a rischio possono accedere a vari servizi di stile di vita, compresi regimi dietetici ed esercizi per il corpo e la mente.


Ora un team internazionale di ricercatori guidato da Sylvie Belleville, prof.ssa di psicologia dell'Université de Montréal, ha determinato quante di quelle sessioni di intervento sono necessarie per prevenire il declino cognitivo nelle persone a rischio: solo circa una dozzina.


Lo studio della dott.ssa Belleville e dei colleghi delle Università di Tolosa e di Helsinki, pubblicato su Alzheimer's & Dementia, mostrano che da 12 a 14 sessioni sono tutto ciò che è necessario per osservare un miglioramento della cognizione. Fino ad ora non si conosceva il numero di sessioni (o 'dosi') necessario per avere un effetto ottimale.


La Belleville, neuropsicologa e ricercatrice dell'Istitut Universitaire de Gériatrie de Montréal, ha dichiarato:

"Negli studi farmacologici, si fa ogni sforzo per definire una dose di trattamento ottimale necessaria per osservare gli effetti previsti. Questo si fa raramente negli studi non-farmacologici, in particolare quelli sulla prevenzione del declino cognitivo, dove sono disponibili poche informazioni per identificare questa dose.

"Definire un numero ottimale di sessioni di trattamento è quindi cruciale. In effetti, proporre troppo poche sessioni non produrrà effetti di miglioramento notevoli, ma anche troppe sessioni sono indesiderabili in quanto questi interventi sono costosi, sia per l'individuo che segue i trattamenti, in termini di tempo e coinvolgimento, che per l'organizzazione che li offre".


Lo studio si è basato su un'analisi secondaria dei dati triennali del Multidomain Alzheimer Preventive Trial (MAPT) e ha esaminato 749 partecipanti che hanno ricevuto una serie di interventi finalizzati a prevenire il declino cognitivo. Questi includevano consulenza dietetica, attività fisica e stimolazione cognitiva per migliorare o mantenere le abilità fisiche e cognitive.

 

L'individualità delle persone è importante

Nella ricerca, il gruppo della Belleville ha notato che si dovrebbe prendere in considerazione l'individualità delle persone quando si determina la dose ottimale di trattamento.


I ricercatori hanno valutato gli effetti delle sessioni per ciascun partecipante in termini di età, genere, livello di istruzione e condizioni cognitive e fisiche. Hanno quindi analizzato la relazione tra la 'dose' che ognuno ha ricevuto e il suo miglioramento cognitivo.


I risultati principali mostrano un aumento proporzionale alla dose, seguito da un appiattimento dopo 12/14 sessioni. In altre parole, hai bisogno di una dose sufficiente per vedere un effetto, ma superare le 12/14 sessioni di trattamento non migliora i risultati. Detto questo, i partecipanti con meno istruzione o più fattori di rischio per la fragilità, hanno tratto benefici da più sessioni.


La conclusione? È importante identificare e puntare a una dose ottimale e personalizzare il trattamento per ogni individuo, dicono i ricercatori. Il 'dosaggio' non è solo una componente importante degli interventi comportamentali, può anche fornire informazioni preziose quando il tempo e il denaro sono limitati, per aiutare le agenzie di salute pubblica a sviluppare programmi di prevenzione efficaci e per offrire orientamenti agli anziani e ai medici.

 

 

 


Fonte: University of Montreal (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Sylvie Belleville, Simon Cloutier, Samira Mellah, Sherry Willis, Bruno Vellas, Nicola Coley, Sandrine Andrieu, Tiia Ngandu. When is more better? Modeling the effect of dose on the efficacy of the MAPT multidomain intervention as a function of individual characteristics. Alzheimer's & Dementia, 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.