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Piegatura delle proteine: un puzzle che si tenta di completare da 50 anni

Cinquanta anni dopo che degli scienziati per la prima volta si sono posti la domanda sulla piegatura delle proteine, la ricerca della risposta ha portato alla creazione di un vero e proprio settore di ricerca che ci ha dato importanti progressi nei supercomputer, nella scoperta di nuovi materiali e farmaci, e cha ha modellato la comprensione dei processi di base della vita, comprese le cosiddette "malattie da piegatura delle proteine" come l'Alzheimer, il Parkinson e il diabete di tipo II.

In un articolo su Science, ricercatori della Stony Brook University esaminano i progressi nel puzzle di 50 anni chiamato "problema del ripiegamento delle proteine" (PFP, Protein Folding Problem).


Uno degli enigmi principali nel ripiegamento delle
proteine era: come riescono le proteine a ripiegarsi
così in fretta? Ora sappiamo che si piegano in fretta
perché hanno paesaggi energetici a forma di imbuto
che dirigono progressivamente la proteina verso
energie sempre più basse, mentre si ripiega.
(Credit: Bromberg/MacCallum/Dill)

Ken Dill e Justin MacCallum del Louis and Beatrice Laufer Center for Physical and Quantitative Biology della Stony Brook dimostrano come una comunità di ricercatori è cresciuta affrontando un grande problema scientifico di base, una sfida per la quale, in quel momento, non c'era alcun ritorno ipotizzabile.


"La piegatura delle proteine è scienza di base per eccellenza. Non c'era alcun obiettivo commerciale specifico, ma i ritorni collaterali sono stati ampi e profondi", dicono i ricercatori nel loro articolo. "Abbiamo capito che le proteine si piegano rapidamente perchè moti termici casuali inducono cambiamenti conformazionali che portano energia in discesa verso la struttura nativa, un principio che viene catturato da paesaggi energetici a forma di imbuto. E grazie in parte anche alla grande banca dati di strutture note di proteine, riusciamo ora a prevedere le strutture proteiche molto meglio di quanto si riteneva possibile nei primi giorni. Quello che era iniziato con tre domande di scienza di base mezzo secolo fa, è ora diventato un vero e proprio campo di ricerca della scienza fisica delle proteine".


Quest'anno ricorre il 50° anniversario del Premio Nobel del 1962 per la Chimica, assegnato a Max Perutz e John Kendrew per il loro lavoro pionieristico nella determinazione della struttura delle proteine globulari. Quel lavoro ha gettato le basi per la biologia strutturale, che interpreta a livello molecolare i meccanismi biologici in termini di strutture delle proteine e altre biomolecole. Il loro lavoro ha anche sollevato la questione di come spiegare le strutture proteiche con i principi della fisica.


Dal giorno che Perutz e Kendrew hanno scoperto le strutture di due proteine, ne sono state scoperte altre quasi 80.000. Il "problema" della piegatura proteica è sorto quando Perutz e Kendrew non riuscivano a dare un senso al modo in cui la struttura ripiegata della molecola proteica si legava alla sua sequenza dei tipi di perla ("bead"). Fin da allora, c'è stato un grande interesse per capire il "codice" di ripiegamento delle proteine: come fa una determinata stringa di aminoacidi a portare alla particolare struttura di una proteina appallottolata ("nativa")?


Le proteine sono molecole che svolgono le funzioni di base delle cellule biologiche: convertire cibo per la crescita, riparare molecole di DNA e parti di cellule danneggiate, dare lo spunto nei muscoli, trasdurre segnali nel cervello e la luce nell'occhio, per esempio. Gli esseri umani hanno circa 20.000 tipi diversi di molecole proteiche e ognuna svolge una funzione diversa. La capacità delle proteine di eseguire una tale gamma di funzioni chimiche potenti deriva da un principio peculiare della struttura chimica e della funzione, ovvero la piegatura di ciascuna proteina.


Una proteina è una stringa di perline in miniatura, come una collana di perle, in cui i componenti tipo-perline sono chiamati aminoacidi. Gli aminoacidi sono di 20 diversi tipi. Il principio della piegatura è che sequenze diverse di amminoacidi legati insieme inducono molecole proteiche differenti a appallottolarsi in modi molto specifici, ma diversi, dando luogo a funzionalità molto diverse.


Il problema del ripiegamento proteico è diventato un insieme di tre puzzle collegati tra loro:

  1. qual è il codice di piegatura?
  2. come riesce la proteina a trovare la sua struttura nativa in frazioni di secondo all'interno della cellula (problema dell'ago nel pagliaio)?
  3. possiamo trovare un metodo per computer per scoprire nuove strutture di proteine all'interno del gran numero di sequenze amminoacidiche già note?


Dill, direttore del Centro Laufer e Professore illustre di Fisica e Chimica, e MacCallum, neolaureato del Centro Laufer, descrivono gli enormi progressi fatti su tutti e tre i fronti. Descrivono in dettaglio alcuni ritorni collaterali molto importanti di questo lavoro che erano completamente inaspettati in quel momento, compreso lo sviluppo del computer IBM Blue Gene e l'elaborazione distribuita in rete, i metodi basati su computer per la scoperta di nuovi farmaci, una più profonda comprensione dei meccanismi molecolari della biologia, una più profonda comprensione delle interazioni inter-atomiche all'interno delle proteine (che ha coinvolto anche i ricercatori Carlos Simmerling, David Green, e Rob Rizzo del Centro Laufer della Stony Brook), e una nuova classe di materiali polimerici molto promettenti chiamati "foldameri".


Dill e MacCallum sostengono che quella che all'inizio era una questione avvincente della scienza di base è ormai diventata un intero settore di approcci teorici e sperimentali in cui molte domande stanno ora portando a qualche risposta e a molte altre domande.

 

 

 

 

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Fonte: Materiale della Stony Brook University.

Riferimento:
KA Dill, JL MacCallum. The Protein-Folding Problem, 50 Years On. Science, 2012; 338 (6110): 1042 DOI: 10.1126/science.1219021.

Pubblicato in ScienceDaily il 22 Novembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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