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C'è una cura per l'Alzheimer?

Dire che non esiste una cura per una malattia particolare, non è come dire che nessuno è mai stato curato da tale malattia. Eppure, questo è probabilmente l'impressione che molte persone hanno quando sentono o leggono queste parole scoraggianti, indipendentemente dalla malattia di cui si sta parlando.

"Oggi, l'Alzheimer colpisce più di 5 milioni di americani", scrive Victoria Colliver in una recente edizione del San Francisco Chronicle. "E' una malattia progressiva fatale per la quale non esiste una cura".

Il problema è che, a meno che qualcuno non sia guarito entro i confini di un ambiente medico regolamentato, i risultati - per quanto possano essere benvenuti - troppo spesso sono liquidati come meramente 'aneddotici', che è in realtà un eufemismo per dire "non abbiamo nessuna spiegazione" o forse più precisamente "non abbiamo il tempo o la voglia di esplorare ulteriormente quello che è successo".

"E' comprensibile", dice Kelly Turner, autrice di «Radical Remission: Surviving Cancer Against All Odds», "perché [i medici sono] addestrati in un modello molto riduzionista dove l'unica cosa che conta è l'[aspetto] biologico".

Ma ciò che conta per il medico non sempre è ciò che conta per il paziente.


Prendiamo, per esempio, la storia di una donna di New York il cui Alzheimer è stato invertito a seguito di un lungo e difficile viaggio di "pillole-ingoiate e visite specialistiche", che alla fine l'ha portata a fare affidamento su un approccio decisamente spirituale per affrontare la sua condizione. La svolta è arrivata quando ha incontrato una donna nel suo gruppo di supporto ai pazienti che, come lei scrive in un resoconto pubblicato, "sembrava meno afflitta del resto di noi".

"Un giorno le ho chiesto come facesse a rimanere così calma di fronte a una tale calamità. «Quando ero giovane» ha risposto, «mia madre mi ha dato il libro [Science and Health] di Mary Baker Eddy, e quel libro è la mia roccia. Mi tiene salda»".

Una volta che ha iniziato a leggere questo libro lei stessa, ha iniziato a farsi un'idea migliore di quella che lei descrive come la sua "natura spirituale e ... rapporto indissolubile con Dio". Ha anche iniziato a vedere un netto calo dell'uso di farmaci, fino al punto di rinunciarvi del tutto, e un corrispondente aumento della sua capacità di ricordare alcuni dettagli, tanto che i responsabili del suo gruppo di supporto ai pazienti hanno chiesto se voleva essere ri-esaminata.

"Il dottore era felice quasi quanto me dei risultati", scrive. "Ha detto che ero andata molto bene, e che lui mi aveva fatto fare alcuni test che non vengono dati di norma ad una persona della mia età. Per questi test, ha detto, avevo ottenuto risultati migliori della media di persone di 27 anni. Ha detto che non aveva mai invertito una diagnosi di Alzheimer".

Allora, perché molti di noi non vengono informati di tali casi? Potrebbe essere solo un semplice caso di reticenza.

"Ogni volta che vado ai convegni medici, dico «Quanti di voi hanno avuto un caso per cui il recupero del paziente non poteva essere spiegato?», e una serie di mani si alzano", ha detto la Turner. "Allora io dico «Quanti di quelli che hanno appena alzato la mano hanno avuto il tempo di scrivere un articolo e a sottoporlo per la pubblicazione?», e qui tutte le mani cadono".

Dall'altra parte, ci può essere una resistenza più radicata che deve essere affrontata.

Riferendosi alla stesso approccio di guarigione impiegato dalla donna di New York, la Eddy scrive: "Oggi, come in passato, inconsapevole della ricomparsa dell'idea spirituale, la fede cieca le chiude le porta in faccia, e condanna la cura del malato e vittima, se viene elaborata su una qualsiasi teoria diversa da quella materiale e dottrinale".


A quanto pare la carne di Eddy non era con i medici, molti dei quali riconoscono il potere di guarigione di una prospettiva spirituale in terra. Lei stava piuttosto sottolineando la necessità di cambiare la convinzione sottostante che noi non siamo altro che un costrutto materiale sempre bisognoso di rimedi materiali, perfino la resistenza di affrontare la questione di chi e che cosa ci rende "noi", in primo luogo.

La buona notizia è che ha inizio lo smantellamento di questa convinzione, non solo nei medici, ma in chiunque abbia voglia di mettere da parte, anche solo per un momento, l'idea che l'unico modo per affrontare i problemi basati sulla materia è con mezzi basati sulla materia. Per esplorare la sua "natura spirituale" innata; e accettare l'idea che ci può essere una cura reale.

 

 

 


Fonte: Eric Nelson, scrittore focalizzato sul legame tra coscienza e salute dal punto di vista cristiano.

Pubblicato in Communities Digital News (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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