Sono le 8:45 di mattina, presto per me. Ma ho bisogno di svegliarmi e controllare delle cose. Scendo dal letto e cammino lungo il corridoio. La porta della sua camera da letto è chiusa. Sta ancora dormendo?
Poi noto una luce attraverso l'atrio, nella cucina/sala famiglia. Vado lì, chiedendomi che cosa troverò. Mia madre sta rilassandosi in un angolo del grande divano a forma di L con il giornale di ieri in grembo.
E' assolutamente immobile. In un primo momento mi chiedo se è addormentata. Poi si lecca le labbra, come fanno le vecchie signore sdentate. Ma lei è tutt'altro che «fragile, anziana», e ha ancora tutti i suoi denti. Ha lo sguardo fisso nello spazio. Sta avendo una piccola crisi? Cosa sta attraversando la sua mente? C'è qualcosa?
Lei non sa della mia presenza, così mi ritiro tranquillamente in camera sua cogliendo l'occasione (attesa da tempo) per cambiare le lenzuola e guardare nel suo armadio alla caccia delle coppie preferite di pantaloni e camicie di flanella che lei indossa ripetutamente senza mai lavarle. Al ritorno nella stanza di famiglia, accendo la lavatrice nella nicchia. Lei sussulta: "Da dove vieni?!!". "Dalla camera da letto di dietro", rispondo. Io vivo a un'ora di distanza, quindi di solito passo qui la notte. Normalmente io e mia sorella ci dividiamo il fine settimana quando mio padre è fuori città, ma sto coprendo entrambi i giorni di questa settimana.
Le chiedo se vuole la colazione. "Oh, sì. Non l'ho ancora fatta". Poi mi siedo e osservo in che misura si attiene alla sua meticolosa routine, che dura decenni, della prima colazione, con mezza banana, una miscela di tre tipi di cereali (accuratamente misurata in 1/3 di tazza ciascuna), ½ tazza di latte, un bicchiere piccolo di succo d'arancia e caffè. Mio padre è via per un lungo viaggio per la prima volta in 8 mesi, e ho bisogno di valutare l'attuale livello di auto-cura della mamma. Devo chiedere a Gini, la caregiver dei giorni feriali, di arrivare prima per preparare la prima colazione, oltre al pranzo e ad una considerevole merenda nel tardo pomeriggio?
Mia madre va al frigorifero e tira fuori una banana e una pagnotta di pane. "Con cosa fai di solito colazione?" chiedo, sperando di innescare un ricordo. "Questo e questo", dice, alzando la frutta e togliendo una fetta di pane dalla busta. E porta entrambi al bancone del lavandino. "Cosa prendi di solito con la banana?" "Questo", dice lei, alzando il pane. "E dove metti la banana?" "Su un piatto". Sto cercando «cereali», ma invece sto giocando a «Chi viene prima?».
"Prendi qualcos'altro con la banana?" chiedo, tagliandola in due. Si dirige verso il frigo e tira fuori un quarto di fragole rosse brillanti, che avevano senza dubbio catturato la sua attenzione. Non lascia mai indietro qualcosa di dolce. "Queste".
Mi offro di prepararglele. Risciacquo tre bacche e tiro fuori una ciotola, chiedendomi se quel vaso familiare innescherà un ricordo di colazione. Prende un coltello da burro per tagliare la mezza banana e le porgo la ciotola. Mentre taglio una pesca, mi accorgo che lei ha afferrato altre due fragole, tagliandole senza lavarle.
Avevo dimenticato di metterle via e dubito del mio stato di demenza. Ma poi riformulo la sua azione - ecco dove siamo così fortunati, lei è ancora desiderosa di essere utile. In effetti lei ha ancora le sue grazie sociali. Ha ancora il senso dell'umorismo. Le piace ancora stare all'aria aperta. Lei ama ancora il nuoto. Ha ancora la robustezza di una donna dieci anni più giovane. Le piace ancora leggere, anche se non riesce a ricordare quello che è successo due pagine prima. Tutti i suoi punti di forza da lungo tempo riescono ancora a trasparire, rendendola quella che viene spesso definita «piacevolmente demente».
E il suo vivere a casa è facile per noi, a causa della sua natura cauta, che significa che non vaga mai o non cerca mai di fare qualcosa oltre le sue capacità. A volte non riesco a credere quanto sono fortunata di avere una famiglia che è disposta a pagarmi per essere coordinatrice dell'assistenza e caregiver una volta alla settimana. Sono sostanzialmente pagata per giocare a Scarabeo, nuotare ed andare a camminare nella natura. (Pizzicatemi!)
E ho l'onore, il dono, di essere in grado di rallentare con mia madre e vivere il momento di ammirare un tramonto, o guardare uno scoiattolo che beve da un secchio, o giocare a prendersi nella piscina in cortile. Pur tanto impegnativo e stressante come sa essere questo lavoro, c'è un senso di tranquillità da riposo.
Tiro fuori il mio muesli mentre lei cerca una posata per mangiare il frutto. Va verso il suo posto al tavolo della colazione e, esitante, mette giù la ciotola. E' una colazione pietosa. Cedo e vado allo scaffale dei cereali per prendere le scatole di Cheerios, Raisin Bran e Total, la sua triade di vecchia data. Ho messo le scatole accanto alla sua ciotola.
Riconoscimento! "Oh, eccole!". Ma, invece di mettere il cereale nella ciotola con la frutta, si alza per andare a prendere un'altra ciotola. Cerca in tutto l'armadietto aperto dei piatti per un po', individuando infine le ciotole in melaminico blu sbiadito sul ripiano superiore, che lei riesce a malapena a raggiungere, rinunciando alle normali ciotole per cereali sul ripiano inferiore.
Proprio come per trovare le parole, lei lotta per trovare gli oggetti. La immagino confrontare ogni oggetto che vede con l'oggetto che ha negli occhi della mente. Ma quell'immagine interna è sfuggente, si dissolve, finché alla fine i suoi occhi si concentrano sull'oggetto desiderato nello stesso nanosecondo che ricorda ciò che c'è nell'occhio della sua mente.
Può essere straziante guardarla mentre ha bisogno di un minuto o due per mettere le mani su qualcosa che prima individuava in due secondi. Ma lei non conosce la differenza. Tra le prime abilità che la demenza ha tolto c'è la consapevolezza del proprio declino cognitivo. Lei pensa ancora di guidare la macchina in città, anche se non sta dietro al volante da più di tre anni. Lo scorso fine settimana, al supermercato, mi ha chiesto di accompagnarla alla sua auto, in modo che potesse guidare fino a casa.
Mentre regredisce nell'impotenza e nell'inesperienza, i suoi metodi ricordano la prima infanzia. Prendersi da sola i cereali significa mettere le mani in ogni scatola e afferrare una manciata di cereali. Lei è una donna minuta, quindi 3 manciate sono una quantità irrisoria.
Prima si prende i cereali Total. Poi si alza, cammina attraverso la cucina, e mette via quella scatola sullo scaffale dei cereali. Seguono i Cheerios, e poi li mette via. Le sue azioni sono così inefficienti, come quando raccoglie le foglie cadute, a mano, una alla volta, ogni volta che è all'aperto; quando la sua mano è proprio piena, va alla compostiera, e vi deposita il suo contenuto. Lei sembra trovare soddisfacenti questi compiti concreti e semplici, forse perché sono tattili e ripetitivi, con risultati visibili.
Infine, si prende la scatola di Raisin Bran, ma la mette via senza prendere la solita manciata. Schema ripetitivo deragliato in qualche modo. "Che ne dici di un po' di Raisin Bran? Quell'uvetta starebbe bene lì dentro", dico, indicando il suo mix poco brillante. "Oh", dice lei, e recupera la scatola. Dopo aver messo dentro la manciata finale, esamina la ciotola, la scuote, e va al frigo. Il cartone di latte è nuovo, e lei lotta per aprirlo. Nota per me: io e Gini dovremmo essere proattive su questo; ancora un altro compito da ricordare. Forse lo sforzo supplementare potrà scongiurare il nostro declino cognitivo. Possiamo solo sperare.
Si versa una quantità scarsa di latte sui pochi cereali. Li mangia, lentamente. Poi prende il frutto. Già piena? Ha l'appetito di una pulce. O forse si sta chiedendo perché il frutto è da solo? "Posso aggiungere un po' di gelato alla vaniglia", le propongo. "Oh no", risponde e poi lo mangia. Le verso un po' di tè.
Gini dice che mia madre si è fatta veramente il caffè ogni mattina la scorsa settimana, con alterne fortune, ma oggi, non ha fatto nemmeno un tentativo. In realtà, abbiamo visto questa abilità declinare nel corso degli ultimi mesi. Ma come può improvvisamente non sapere come mettere insieme i suoi cereali? Questa sembra grossa. Immagino una zattera di cellule cerebrali che avanza sbandando su una cascata, precipitare verso la morte, senza mai essere sostituite da quelle nuove per riempire il lasco.
Fino a poco tempo fa, le sue cellule cerebrali andavano giù in un fiume pigro. Il suo «deterioramento cognitivo lieve» divenne evidente 9 anni fa, diagnosticato ufficialmente un anno dopo, come «probabile precursore di demenza». Da allora, il suo declino è stato praticamente impercettibile, a meno di non confrontare estati successive; la sua cura della piscina in cortile è diminuita leggermente ogni anno. Abbiamo tolto le chiavi della macchina tre anni fa. Ha smesso di lavarsi i capelli o tagliarsi le unghie due anni fa.
Ma negli ultimi mesi, il suo declino si è intensificato, ed è diventato significativamente sconfortante, e ora sta colpendo di più le «attività della vita quotidiana», come essere in grado di mettere insieme una tazza di cereali. Pur vestendosi un tempo in modo impeccabile, ora spesso indossa lo stesso vestito del giorno prima.
Non fa più la doccia a meno che la consigliamo e la assistiamo. Nessuna idea su come usare il forno a microonde. Incapace di discernere se i piatti in lavastoviglie sono sporchi o puliti, il più delle volte li mette via sporchi. Incapace di trovare le parole, di solito ricorre a "cosa" e "questo" e "quello". A volte lei pensa che io sia sua sorella maggiore.
Poi ieri sera, in piedi nella cucina, dopo che eravamo tornate da una breve passeggiata nel suo quartiere, dice: "Huh. Ognuno se n'è andato, quindi non posso stare qui". Domando: "Perché non puoi stare qui?". "Devo tornare a casa!" dice. Il suo tono è sicuro e insistente.
Il cervello è un mistero. La demenza è un mistero. La vita è un mistero.
P.S.: Ora teniamo i cereali su un vassoio vicino al frigo, e finora questa tattica ha favorito il successo dei cereali per la colazione. Il forno a microonde è stato bandito nel garage. E un paio di fine settimana prima del mio padre tornasse, la caffettiera ha avuto il suo ultimo hurrah, con un liquido traslucido marrone che gocciolava nel recipiente: mia madre aveva messo una bustina di tè nel cesto ed è riuscita a fare un "tè a goccia". Ho ridacchiato al più maldestro colpo di genio / fortuna del demente di tutti. Era perplessa del risultato, ma soddisfatta, e questo è ciò che conta.
Fonte: Deborah L. Davis, Ph.D. in Psychology Today (> English text) -Traduzione di Franco Pellizzari.
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