Data: Estate '95 - Luogo: Jefferson County, Colorado - Ambiente: All'interno di una delle tante case di cura che ho visitato come consulente di salute mentale.
Rosemary (nome diverso per privacy) si è divertita nella gita alla partita della Minor League Baseball. Lo sapevo perché, non appena entrai nella struttura, si avvicinò a me con uno sguardo eccitato che raramente avevo visto in lei prima.
Aveva Alzheimer nella fase intermedia e aveva sperimentato i cambiamenti di umore, soprattutto depressione e agitatezza. Mi ha parlato dei giocatori, del campo, e di quanto le piacevano gli hot dog che aveva avuto per pranzo. Rosemary stava passando una buona giornata.
Sono entrata nell'ufficio condiviso dell'assistente sociale e del direttore delle attività e ho parlato di quanto sia piaciuta a Rosemary la gita. I due si sono guardati l'un l'altro e hanno alzato gli occhi. "Cosa c'è che non va?" ho chiesto. "Rosemary ci ha terribilmente imbarazzato, come al solito", ha spiegato l'assistente sociale. "Parlava troppo forte, era troppo eccitata, e non riusciva a tenere l'hot dog in bocca".
Il direttore delle attività annuiva. "Tutti ci guardavano come se non dovessimo essere lì. E' stato davvero imbarazzante". "Forse non dovremmo più portarla fuori", ha suggerito l'assistente sociale. "Comunque non si ricorderà di dover tornare".
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Anche se questa storia vera è avvenuta 17 anni fa, lo stigma che trasudava dalla bocca dei membri dello staff si può notare ancora oggi - non solo nelle strutture di assistenza a lungo termine, ma anche tra il pubblico.
Lo stigma a proposito di qualsiasi malattia è spesso criticato poichè ostacola il finanziamento della ricerca e lo sviluppo delle politiche, ma non si parla spesso dello stigma più intimo che circonda il modo con cui l'Alzheimer colpisce quelli con la malattia, le loro famiglie e le loro comunità.
È interessante notare che i ricercatori in posti lontani fanno le stesse domande. Uno studio pubblicato recentemente nell'American Journal of Alzheimer's Disease and Other Dementias ha coinvolto un campione di 1.000 persone del Belgio, alle quali è stato chiesto di valutare due diversi annunci della campagna sull'Alzheimer. Un annuncio proiettava un messaggio di paura per la degenerazione e la morte, mentre l'altro promuoveva un messaggio che quelli con la malattia potrebbero ancora godere delle cose semplici come un gioco di carte.
Mi piace il secondo annuncio, e a te no? Purtroppo i partecipanti non si sono scaldati tanto quanto avevo sperato. I risultati hanno mostrato che la campagna basata sulla paura ha attirato di più l'attenzione, era più facile da capire, e più credibile.
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Ehi! Pensiamoci meglio. Certo, la paura e le altre emozioni intense tendono a fissare i ricordi e a indurre la gente ad agire. Suppongo che questo potrebbe contribuire a indurre le persone ad attivarsi, in alcune circostanze. Ma quando si tratta di come la gente vede e tratta gli individui con Alzheimer nel giorno per giorno, questo tipo di messaggio è davvero utile?
Purtroppo, molte persone vedono ancora quelli con Alzheimer come pietosi, imbarazzanti, e una causa persa - e questo stigma alimenta il modo insensibile o indifferente con cui trattano quelli con la malattia. In ultima analisi, lo stigma rende l'Alzheimer più difficile per tutti. Ma quello di cui mi sono accorta nel corso degli anni è che, anche se lo stigma è apparentemente sulle persone stigmatizzate, esso in realtà è in quelli che lo perpetuano.
Sì, quando ci impegniamo nello stigma (e come esseri umani, tutti noi l'abbiamo fatto per alcuni difficili problemi ad un certo punto nella nostra vita), stiamo parlando di un nostro problema. Abbiamo paura che accadrà anche a noi, siamo imbarazzati dal comportamento di altri, o sentiamo che il nostro tempo è sprecato per una causa persa. In sostanza, lo stigma è una cognizione egoista.
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Che cosa facciamo a questo proposito? Non ci dobbiamo arrendere allo stigma o ai suoi attacchi su di noi e le persone che amiamo. Se ti prendi cura di una persona con Alzheimer, sai già che lo stigma è lì, pronto. Hai visto gli sguardi di fianco al supermercato e sentito i mormorii nei ristoranti.
Ma ti sto incoraggiando a tenere la testa alta e continuare a tenere la persona amata nel mondo, senza paura. Sei pregato di non interessarti degli sguardi, a meno che il famigliare non ne sia sconvolto. Quando passi sopra lo stigma, continuando a vivere la vita come caregiver o come assistito (un team prezioso), stai dando alla persona cara esperienze gioiose, che portano gioia pure a te.
E stai insegnando alla società una lezione molto importante.
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***********************Pubblicato da Carrie Stecki (aka Dr. Chill) in ChicagoNow il 19 Agosto 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari. Foto danzatori © Loretta Humble
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