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Sensori trasparenti aprono una nuova finestra nel cervello

Sensori trasparenti aprono una nuova finestra nel cervelloSviluppando sensori medici invisibili impiantabili, un team di ingegneri dell'Università del Wisconsin-Madison ha superato un importante ostacolo tecnologico negli sforzi dei ricercatori per capire il cervello.


Il team ha descritto la sua tecnologia, che ha applicazioni in settori che vanno dalle neuroscienze alle cure cardiache e persino alle lenti a contatto, nell'edizone del 20 ottobre della rivista on-line Nature Communications.


I ricercatori neurali studiano, monitorano e stimolano il cervello con tecniche di scansione combinate con sensori impiantabili che permettono loro di acquisire continuamente e di associare dei segnali cerebrali fugaci con l'attività cerebrale che possono vedere. Tuttavia, è difficile vedere l'attività cerebrale quando i sensori bloccano la visuale.


"Uno dei sacri graal della tecnologia di impianto neurale è la disponibilità di un dispositivo di impianto che non interferisce con nessuna delle tecniche di diagnostica per immagine tradizionali", dice Justin Williams, professore di ingegneria biomedica e di chirurgia neurologica alla UW -Madison. "Un impianto tradizionale si presenta come un quadrato di punti, e non si può vedere nulla sotto di esso. Volevamo fare un dispositivo elettronico trasparente".


I ricercatori hanno scelto il grafene, un materiale che sta  guadagnando un ruolo in tutto, dalle celle solari all'elettronica, per la sua versatilità e biocompatibilità. E infatti, sono riusciti a fare dei sensori incredibilmente flessibili e trasparenti perché gli elementi dei circuiti elettronici hanno uno spessore solo di 4 atomi, una sottigliezza incredibile resa possibile dalle eccellenti proprietà conduttive del grafene. "Deve essere molto sottile e robusto per sopravvivere nel corpo", dice Zhenqiang (Jack) Ma, professore di ingegneria elettrica e informatica alla UW-Madison. "E' morbido e flessibile, un buon compromesso tra trasparenza, resistenza e conducibilità".


Sulla base della sua esperienza nello sviluppo di elettronica flessibile rivoluzionaria, lui, Williams e i loro studenti hanno  progettato e fabbricato gli array di microelettrodi, che - a differenza dei dispositivi esistenti - funzionano in tandem con una gamma di tecnologie di scansione. "Altri microdispositivi impiantabili potrebbero essere trasparenti a una lunghezza d'onda, ma non in altre, o perdono le loro proprietà", dice Ma. "I nostri dispositivi sono trasparenti in un ampio spettro - dai raggi ultravioletti agli infrarossi profondi".


I sensori trasparenti potrebbero dare vantaggi per le terapie di neuromodulazione, che i medici stanno sempre più usando per controllare i sintomi, ripristinare la funzione, e alleviare il dolore nei pazienti con malattie o disturbi come l'ipertensione, l'epilessia, il Parkinson, o altri, dice Kip Ludwig, direttore di programma negli sforzi di ricerca sull'ingegneria neurale ai National Institutes of Health. "Nonostante i notevoli miglioramenti osservati negli studi clinici sulla neuromodulazione di tali malattie, la nostra comprensione sul funzionamento di queste terapie - e quindi la nostra capacità di identificare nuove terapie o migliorare quelle esistenti - è rudimentale".


Attualmente, egli dice, i ricercatori sono limitati nella loro capacità di osservare direttamente come il corpo genera segnali elettrici, e come reagisce a segnali elettrici generati esternamente. "Elettrodi trasparenti, in combinazione con i recenti progressi tecnologici nell'optogenetica e nella tensione delle sonde ottiche, permetteranno ai ricercatori di isolare i meccanismi biologici. Questa conoscenza fondamentale potrebbe essere un catalizzatore per migliorare notevolmente le terapie di neuromodulazione esistenti e per individuare nuove terapie".


Il progresso è allineato con gli obiettivi ambiziosi stabiliti dal programma BRAIN (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies) del presidente Barack Obama. Obama ha annunciato l'iniziativa in aprile 2013 come uno sforzo per stimolare le innovazioni che possono rivoluzionare la comprensione del cervello e trovare i modi per prevenire, trattare o curare disturbi come l'Alzheimer, il Parkinson, il disturbo da stress post-traumatico, l'epilessia, i traumi cerebrali e altri.


Anche se i ricercatori hanno centrato i loro sforzi sulla ricerca neurale, essi hanno già iniziato ad esplorare altre applicazioni del dispositivo medico. Ad esempio, lavorando con i ricercatori della University of Illinois-Chicago, hanno prototipato una lente a contatto dotata di decine di sensori invisibili per rilevare lesioni alla retina; il team dell'UIC sta esplorando applicazioni quali la diagnosi precoce del glaucoma.

 

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Ulteriori autori includono Dong-Wook Park and Mikael Solomon, studenti laureati in Ingegneria Elettrica e Informatica alla UW-Madison, Amelia A. Schendel, studente laureato in scienza dei materiali, Sarah K. Brodnick specialista di ricerca di ingegneria biomedica; Thomas J. Richner, Jared P. Ness e Mohammed R. Hayat, studenti laureati di ingegneria biomedica; i collaboratori Farid Atry, Seth T. Frye e Ramin Pashaie della University of Wisconsin-Milwaukee; e Sanitta Thongpang della Mahidol University di Bangkok in Thailandia.

I ricercatori stanno brevettando la loro tecnologia attraverso la Wisconsin Alumni Research Foundation. I ricercatori UW-Madison hanno sviluppato la tecnologia con il finanziamento del programma «Reliable Neural-Interface Technology» della Defense Advanced Research Projects Agency, dai National Institutes of Health e dall'U.S. Office of Naval Research.

 

 

 

 

 


Fonte:  Renee Meiller in University of Wisconsin-Madison (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Dong-Wook Park, Amelia A. Schendel, Solomon Mikael, Sarah K. Brodnick, Thomas J. Richner, Jared P. Ness, Mohammed R. Hayat, Farid Atry, Seth T. Frye, Ramin Pashaie, Sanitta Thongpang, Zhenqiang Ma, Justin C. Williams. Graphene-based carbon-layered electrode array technology for neural imaging and optogenetic applications. Nature Communications, 2014; 5: 5258 DOI: 10.1038/ncomms6258

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