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Come combatto l'Alzheimer: formando altre menti

Come combatto l'Alzheimer: formando altre menti

Ricordo ... no, non è vero.


Quella è la carta vincente, è così? Di tutte le umiliazioni che la demenza può imporci, la perdita della memoria è la più familiare, la più compianta, perché ci viene a trovare mascherata, nascosta nella ricerca affannosa dei telecomandi che sono andati chissà dove.


Rovistiamo dietro il divano e nelle borse vuote alla ricerca infruttuosa di ... di ... cosa, esattamente ... e, e se lo sapessi non starei qui a chiedertelo, deficiente.


Entriamo in una stanza e ci chiediamo perché. Ci giriamo con piccole piroette e ci chiediamo: cosa sto cercando? Inizia calmo e composto, ma come tutto ciò che è elusivo, rimani bloccato da qualche parte nel tuo lobo frontale, o è il vortice cerebrale, non ricordo, la pressione aumenta e fai le domande che tormentano tutti noi prima o poi: Sto perdendo la mente? E' Al, la mia nemesi Alzheimer? O semplicemente qualcosa che viene naturalmente con l'età?


Come mai posso ricordare le parole di una canzone dimenticata da molto tempo, ma non riesco a ricordare quello che ha mangiato a pranzo?


C'è la memoria a lungo termine e la memoria a medio termine e l'estrema umiliazione, la temuta memoria a breve termine, che coinvolge il passaggio da una stanza all'altra, l'irritazione e lo sfogo, e dove-oh-dove sono quei &*#@ occhiali, e la risposta, ovviamente, è in cima alla tua testa, povero patetico disgraziato.


Grazie, mi dici di nuovo il tuo nome?

 

Parcheggio roulette

Sono lì, abbandonato e dolorosamente solo, nella vasta giungla d'asfalto dove chilometri e chilometri di auto e furgoni si estendono fino all'orizzonte lontano, con una tempesta di nevischio da pieno inverno che mi colpisce con pugnali di ghiaccio, piedi insensibili, il carrello invadente del supermercato si burla di me: "Prova quella corsia ... no, quella lì ... te l'avevo detto che l'avresti dimenticato".


Beh, certo che dimentico. Sembra essere l'unica cosa nella vita su cui posso contare. La mia situazione rende la vita facile ad Al.


E' proprio per notti come questa che qualcuno, Dio lo benedica, ha inventato il 'clicker', quel piccolo pulsante a prova di errore che lampeggia ed emette cinguettii simili a quelli di grilli frenetici che fanno baldoria. Non uscire di casa senza uno. O due. O, meglio ancora, lasciare che qualcun altro guidi, perché ...

 

Sei una minaccia

Sono riuscito a guidare per quasi 60 anni senza alcun grave incidente, il che significa che sono stato graziato almeno 10 volte. Poi, all'inizio della settantina, è apparso un lento dipanarsi. Al, naturalmente. Anche se al momento non l'ho riconosciuto nè sospettato. Dopo tutto, funzionavo con tutti i cilindri ... escluso ...


La guida notturna. Hai notato il bagliore da quei fari che ti vengono incontro? E' sufficiente per accecarti. Non ricordo che fossero così pericolosi. E chi ha spostato quelle strisce in mezzo alla carreggiata, sopra le quali continuo a saltare? E mi sembra di prendere due spazi nel parcheggio e ho bisogno di tre manovre per raddrizzare l'auto.


Ed ecco la disgrazia: ho spinto la macchina dietro di me ed era tutto quello che poteva fare per rimanere fuori dal fosso. Clacson strombazzanti e stridore di gomme, il mio cuore batteva come un tamburo bongo, sono arrivato a casa a passo d'uomo.


E poi l'ho fatto di nuovo. E di nuovo. Un piccolo fiasco dopo l'altro.


Ero a quel punto, vicino ai 75, con il declino corrispondente del tempo di reazione, con occhiali trifocali, a tutta velocità sulla strada in un missile di quattro tonnellate, la mia mente occupata su una dozzina di cose, nessuna delle quali aveva a che fare con l'attenzione al traffico intenso, e ehi, se spingo a fondo l'acceleratore ora riesco solo a spiaccicarmi dietro quell'articolato da 36 ruote ...


L'uomo in camice bianco mi guarda con una smorfia preoccupante e mi dice con tono lento ed enfatico: "Non dovresti guidare. Ripeto ... non ... dovresti ... guidare".


Il colpevole in tutto questo è la percezione della profondità. Vediamo passaggi che non ci sono, o che sono stati giudicati molto male. C'è solo un piccolo errore di calcolo, uno strabismo, che ci separa da qualcosa di orribile.


Così ho rinunciato alla guida. Mi ha fatto male. E lo fa ancora. E' come essere agli arresti domiciliari. Hai passato la maggior parte della tua vita libero di alzarti e andare senza esitazioni, e ora dipendi da altri e ti sentire come uno scroccone.


Puoi passare il tempo a tenere il broncio, immerso nell'autocommiserazione; il mio atteggiamento preferito per il primo paio di anni. Mi sono ricordato di un vecchio detto: Con l'età arriva la saggezza ... ma a volte l'età arriva da sola.


Per fortuna, non sono solo. Ho un cerchio di taxi da cui attingere. Famiglia. Amici. Vicinato. Trasporto anziani. Si può sempre trovare qualcosa. E lo rendono possibile ...

 

Ritorno a imparare

Ho sempre pensato che se non fossi stato uno scrittore avrei voluto provare a essere un insegnante. E' una professione così nobile e l'impatto che si ha, nel bene e nel male, può durare una vita.


Negli ultimi cinque anni ho avuto il meglio di entrambi i mondi: insegno scrittura creativa a un corso al Delaware County Community College. Il corso si svolge dalle 18:30 alle 20:30. Gli studenti, la maggior parte di essi, arrivano dal lavoro, e la gamma di età va da 18 a 80 anni. Comprendono un investigatore privato da Upper Darby, una ragazza alla pari dalla Francia, un agente della CIA in pensione, un ministro episcopale, un giovane con sclerosi multipla, il mio eroe.


C'è stato uno scambio di studenti con l'Irlanda. E un altro dalla Germania. Alcuni parrucchieri. Infermieri: ho un punto debole nel mio cuore per loro. Un idraulico. Un imprenditore. Un architetto di giardini. Un Eagle Scout. Insegnanti in pensione. Tutti condividono la stessa nostalgia: in un momento o l'altro si sono chiesti se avessero potuto scrivere.


Sono venuti nel posto giusto, perché il mio intento è nutrire e incoraggiare, favorire un rispetto costante per la lingua inglese (che è sotto assedio implacabile da quei piccoli computer palmari che limitano i rapporti sociali a 144 caratteri, lasciandoci con un vocabolario imbastardito e la lenta erosione dell'alfabetizzazione; perdonate le farneticazioni di un vecchio).


Il corso dura 16 ore in totale, più di otto settimane. E' limitato a nove studenti, assicurando in tal modo che uno studente alla settimana abbia il suo momento. La prima parte è di orientamento, un paio di mie letture, presentazioni, e questo compito: "Bussano alla porta, si apre e appare una creatura leggendaria, l'uomo da Marte. Inizia a scrivere. Hai 20 minuti".


Ogni studente, a turno, legge quello che ha scritto. La trepidazione si scioglie. E scoprono che, con loro grande gioia, sono migliori di quanto immaginavano. Nei successivi sette martedì porteranno ciò che hanno scritto, un tema a loro scelta. Un saggio. Una storia breve. L'inizio di un romanzo. Non ci sono limiti, nessun confine. Ricorda il titolo del corso: scrittura creativa. Scatena la tua fantasia.


Una tale meravigliosa opportunità: scrivi sette pezzi e li leggi davanti a una giuria di tuoi coetanei. Quando c'è lo scatto, ah, scatta davvero, e si entusiasmano, quando si innamorano delle parole, allora è difficile dire chi ci ha guadagnato di più, la brigata 'Ritorno a imparare', o io stesso.


Prendi questo, Al.

 

 

 


Fonte: Bill Lyon, ex giornalista sportivo in Philly.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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