Ricerche
Programma di cura combinato con farmaco riduce sintomi di Alzheimer più del farmaco da solo
La combinazione di un programma di gestione specifica, con un farmaco prescritto per l'Alzheimer, moltiplica di circa 7,5 volte la capacità del farmaco di migliorare la funzione quotidiana, bloccando alcuni degli effetti più dannosi della malattia.
Questi sono i risultati di uno studio randomizzato eseguito al Langone Medical Center della New York University e presentato ieri, domenica 16 luglio, alla Conferenza Internazionale 2017 dell'Alzheimer's Association a Londra.
"I medici di Alzheimer e demenza sanno da tempo che il farmaco da solo non è sufficiente per arrestare la progressione della malattia", afferma l'autore principale della ricerca Barry Reisberg, professore di psichiatria e direttore del programma Alzheimer Disease Education and Resources al NYU Langone. "La nostra nuova ricerca dimostra che un programma di cura completo e centrato sul paziente, porta notevoli benefici nelle attività quotidiane, importanti per gli individui con Alzheimer e quelli che si occupano di loro".
Reisberg era stato il primo autore di una ricerca del 2003 pubblicata sul New England Journal of Medicine, che è stato usato dall'American Food and Drug Administration per l'approvazione della memantina, rendendolo il primo trattamento per le fasi successive dell'Alzheimer. Ora, dopo più di 13 anni di ricerca, lui e il suo team hanno dimostrato che combinare questo farmaco con un sistema globale di gestione della malattia ottiene effetti terapeutici significativamente maggiori di quelli osservati nello studio originale in termini di differenza tra il farmaco e i gruppi placebo.
Senza alcun nuovo farmaco significativo per l'Alzheimer approvato dopo la memantina nel 2003 e una serie di sperimentazioni cliniche già fallite quest'anno, gli autori dello studio sostengono che è giunto il momento di dedicare maggiore attenzione ai metodi che possono migliorare notevolmente l'impatto dei farmaci esistenti.
Il nuovo studio ha misurato i benefici terapeutici addizionali per i pazienti che assumono memantina quando sono inseriti nel programma CI-PCM (Comprehensive, Individualized, Person-Centered Management = gestione integrata e personalizzata). Questo sistema di assistenza comprende la formazione dei caregiver, la valutazione dell'abitazione, le visite terapeutiche a domicilio e i gruppi di sostegno ai caregiver, tutti sviluppati e condotti dalla co-autrice Sunnie Kenowsky DVM, condirettrice del Fisher Alzheimer's Disease Program e istruttrice clinica di psichiatria al NYU Langone.
In un esperimento in doppio cieco controllato randomizzato di 24 settimane, 10 coppie paziente-caregiver iscritti nel CI-PCM sono stati confrontati con 10 coppie che hanno ricevono cure standard comunitarie, che includevano una visita clinica, riferimenti a risorse per la formazione di caregiver, consulenza per la cura, terapia del linguaggio e occupazionale, addestramento al braccialetto di allerta medico, centri di cura diurni e programmi di supporto di gruppo. Tutti i pazienti prendevano memantina.
I due gruppi sono stati confrontati alla fine delle 28 settimane con uno strumento assodato chiamato Functional Assessment Staging (FAST), che misura la perdita di capacità della persona a svolgere autonomamente le attività quotidiane, come prendere i farmaci, fare il bagno e usare la toilette. Il gruppo di pazienti farmaco + CI-PCM ha ottenuto risultati nel test superiori di 7,5 volte (750%) al gruppo solo farmaco misurato nello studio originale del 2003.
L'Alzheimer è considerata una condizione degenerativa, quindi attualmente c'è poca enfasi sulla riqualificazione dei pazienti, afferma Reisberg. I precedenti lavori del team hanno dimostrato che le perdite di funzione correlate all'Alzheimer si verificano in ordine inverso rispetto alla sequenza in cui le competenze vengono acquisite all'inizio, durante il normale sviluppo. Il team ha coniato il termine 'retrogenesi' per questa teoria, che suggerisce che le persone con Alzheimer in fase avanzata possono ancora apprendere se il loro addestramento corrisponde al livello di età dello sviluppo al quale la loro malattia li ha confinati.
Il sistema CI-PCM usato nello studio è stato progettato sulla base di questa teoria della retrogenesi, e include la formazione di caregiver, il "memory coaching" che insegna ai pazienti come compiere le abilità che hanno perso, in combinazione con altri programmi di supporto. Questa nuova ricerca convalida questa ipotesi, dice Reisberg, e dimostra che sono possibili miglioramenti significativi in alcune delle persone con Alzheimer più disturbate e deteriorate che risiedono a casa propria.
Questa ultima ricerca si basa su uno studio recente, pubblicato in gennaio, che ha riferito un aumento dell'effetto terapeutico della memantina con procedure diverse di misurazione. "Mentre ci sono molte grandi risorse per le persone con Alzheimer e le loro famiglie nella comunità, nell'ambiente clinico non è stato ancora studiato adeguatamente l'addestramento diretto delle abilità di base per le persone più gravi e più disturbate con Alzheimer", dice Reisberg.
Fonte: NYU Langone Medical Center / New York University via ScienceDaily (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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