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Nuove scoperte smentiscono il modello standard di consolidamento della memoria

Nuove scoperte smentiscono il modello standard di consolidamento della memoria

Quando passiamo da un amico o andiamo in spiaggia, il nostro cervello memorizza un ricordo a breve termine dell'esperienza in una parte del cervello chiamata ippocampo. Tali ricordi sono successivamente 'consolidati', sono cioè trasferiti in un'altra parte del cervello per essere conservati a lungo termine.


Un nuovo studio eseguito al MIT, sui circuiti neurali che sottendono questo processo, rivela per la prima volta che i ricordi sono realmente formati simultaneamente nell'ippocampo e nella posizione di memorizzazione a lungo termine della corteccia cerebrale. Tuttavia, i ricordi a lungo termine rimangono 'silenti' per circa due settimane prima di raggiungere lo stato maturo.


“Questa e le altre scoperte di questa ricerca delineano il meccanismo completo del circuito di consolidamento della memoria”, dice Susumu Tonegawa, Professore di Biologia e Neuroscienze, direttore del RIKEN-MIT Center for Neural Circuit Genetics, e autore senior dello studio i cui risultati, apparsi in Science il 6 aprile, possono forzare una certa revisione dei modelli dominanti del modo in cui si consolida la memoria.

 

Immagazzinamento a lungo termine

A partire dal 1950, gli studi sul famoso paziente amnesico Henry Molaison, allora conosciuto solo come paziente H.M., hanno rivelato che l'ippocampo è essenziale per la formazione di nuova memoria a lungo termine. Molaison, il cui ippocampo è stato danneggiato durante un'operazione che aveva l'intento di aiutare a controllare le sue crisi epilettiche, non è stato più in grado di immagazzinare nuovi ricordi dopo l'operazione. Tuttavia, egli poteva comunque accedere ad alcuni ricordi che erano stati formati prima dell'intervento.


Questo ha suggerito che i ricordi episodici a lungo termine (memorie di eventi specifici) sono archiviati al di fuori dell'ippocampo. Gli scienziati ritengono che questi ricordi siano immagazzinati nella neocorteccia, la parte del cervello responsabile anche delle funzioni cognitive come l'attenzione e la pianificazione.


I neuroscienziati hanno sviluppato due modelli principali per descrivere come vengono trasferiti i ricordi dalla memoria a breve a quella a lungo termine.

  1. Il primo, noto come 'modello standard', postula che i ricordi a breve termine sono inizialmente formati e memorizzati solo nell'ippocampo, prima di essere gradualmente trasferiti allo stoccaggio a lungo termine nella neocorteccia e scomparire dall'ippocampo.
  2. Un modello più recente, il 'modello di traccia multipla', suggerisce che le tracce dei ricordi episodici rimangono nell'ippocampo; queste tracce possono immagazzinare i dettagli del ricordo, mentre i contorni più generali sono memorizzati nella neocorteccia.

Fino a poco tempo fa, non c'era modo di testare queste teorie. La maggior parte degli studi precedenti sulla memoria erano basati sull'analisi del modo in cui i danni in certe aree del cervello colpiscono i ricordi. Tuttavia, nel 2012, il laboratorio di Tonegawa ha sviluppato un modo per marcare le cosiddette  'cellule engram', che contengono ricordi specifici. Questo permette ai ricercatori di tracciare i circuiti coinvolti nell'archiviazione e nel recupero della memoria. Possono anche riattivare artificialmente i ricordi attraverso l'optogenetica, una tecnica che permette loro di accendere o spegnere delle cellule mediante la luce.


Nel nuovo studio apparso su Science, i ricercatori hanno usato questo metodo per marcare cellule di memoria nei topi durante un evento di paura condizionata, una lieve scossa elettrica erogata quando il topo è in una particolare stanza. Sono quindi riusciti a usare la luce per riattivare artificialmente queste cellule di memoria in tempi diversi e vedere se la riattivazione provocava una risposta comportamentale dei topi (blocco sul posto).


I ricercatori hanno potuto anche determinare quali cellule di memoria erano attive quando i topi erano collocati nella stanza dove avveniva il condizionamento alla paura, spingendoli a richiamare naturalmente il ricordo. I ricercatori hanno marcato le cellule di memoria in tre parti del cervello: ippocampo, corteccia prefrontale e amigdala basolaterale, che memorizza le associazioni emotive dei ricordi.


Appena un giorno dopo l'evento di condizionamento alla paura, i ricercatori hanno scoperto che i ricordi della manifestazione sono immagazzinati nelle cellule engram sia nell'ippocampo che nella corteccia prefrontale. Tuttavia, le cellule engram nella corteccia prefrontale erano 'silenti'; potevano stimolare il comportamento di blocco quando erano attivate artificialmente dalla luce, ma non 'sparavano' durante il richiamo naturale della memoria.


“La corteccia prefrontale conteneva già le informazioni sul ricordo specifico”, dice Kitamura. “Questo è in contrasto con la teoria standard del consolidamento della memoria, che dice che i ricordi sono trasferiti a poco a poco. La memoria è già lì“.


Durante le due settimane successive, le cellule di memoria silenti nella corteccia prefrontale sono maturate gradualmente, come risulta dalle variazioni della loro anatomia e attività fisiologica, fino a quando le cellule sono diventate necessarie agli animali per recuperare naturalmente l'evento. Per la fine dello stesso periodo, le cellule engram dell'ippocampo sono invece diventate silenti e non più necessarie per il richiamo naturale. Tuttavia, le tracce della memoria sono rimaste: la riattivazione delle cellule con la luce spingeva comunque gli animali a bloccarsi.


Nell'amigdala basolaterale, una volta che si sono formate le memorie, le cellule engram sono rimaste invariate per tutta la durata dell'esperimento. Tali cellule, che sono necessarie per evocare le emozioni legate a particolari ricordi, comunicano con le cellule engram sia dell'ippocampo che della corteccia prefrontale.

 

Revisione della teoria

I risultati suggeriscono che le teorie tradizionali del consolidamento potrebbero non essere precise, perché i ricordi si formano rapidamente e contemporaneamente nella corteccia prefrontale e nell'ippocampo, il giorno dell'evento. “Sono formati in parallelo, ma poi si comportano in modi diversi da quel momento. La corteccia prefrontale si rafforza e l'ippocampo si indebolisce“, dice Morrissey.


“Questo studio dimostra chiaramente che le engram si formano nella corteccia prefrontale fin dall'inizio”, dice Paul Frankland, ricercatore del Laboratorio di Neurobiologia all'Hospital for Sick Children di Toronto, che non era coinvolto nello studio. “Sfida la nozione che c'è un movimento della traccia di memoria dall'ippocampo alla corteccia, e puntualizza che questi circuiti sono impegnati insieme, allo stesso tempo. Come il ricordo invecchia, c'è uno spostamento nell'equilibrio di quale circuito è impegnato quando il ricordo stesso viene richiamato“.


Sono necessari ulteriori studi per determinare se i ricordi scompaiono completamente dalle cellule dell'ippocampo o se rimangono alcune tracce. In questo momento, i ricercatori possono monitorare le cellule engram solo per circa due settimane, ma stanno lavorando per far funzionare la loro tecnologia per un periodo più lungo.


Kitamura crede che qualche traccia di memoria possa rimanere nell'ippocampo a tempo indeterminato, memorizzando i dati che vengono recuperati solo occasionalmente. “Per discriminare due episodi simili, questa engram silenziosa può riattivarsi e la persona può recuperare la memoria episodica dettagliata, anche in momenti molto remoti”, dice.


I ricercatori hanno anche in programma di approfondire il processo di maturazione delle engram della corteccia prefrontale. Questo studio ha già dimostrato che la comunicazione tra la corteccia prefrontale e l'ippocampo è critica, perché bloccando il circuito che collega le due regioni si impedisce alle cellule di memoria corticali di maturare correttamente.

 

 

 


Fonte: Anne Trafton in Massachusetts Institute of Technology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Takashi Kitamura, Sachie K. Ogawa, Dheeraj S. Roy, Teruhiro Okuyama, Mark D. Morrissey, Lillian M. Smith, Roger L. Redondo, Susumu Tonegawa. Engrams and circuits crucial for systems consolidation of a memory. Science, 2017; 356 (6333): 73 DOI: 10.1126/science.aam6808

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