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'Essere Umani': cultura attenta e creativa per pazienti e personale in ospedale

'Essere Umani': cultura attenta e creativa per pazienti e personale in ospedale

Il ricovero in ospedale, sia esso imprevisto o programmato, può essere un momento molto difficile per i pazienti e le loro famiglie. L'assistenza e il sostegno da parte del personale ospedaliero possono fare una differenza enorme, ma quando il personale ha di fronte esigenze crescenti di tempo, questo non è sempre facile da dare.


Un progetto congiunto tra la Bournemouth University, il Royal Bournemouth Hospital (RBH) e la University of Hull, finanziato dal Burdett Trust, si è proposto di capire come supportare una cultura di cura per i pazienti e il personale attraverso la considerazione di quello che ci fa sentire umani. Riunire ricercatori e professionisti ha fatto la differenza tangibile per la cura dei pazienti, con risultati incoraggianti per entrambi.


La ricercatrice Dott.ssa Carole Pound spiega: "La ricerca è stata sostenuta da una teoria di cura sviluppata alla BU dal professor Les Todres e dal professor Kathleen Galvin, che fissa 8 aspetti che interconnettono la cura umanizzata. Abbiamo usato il quadro che hanno sviluppato per esplorare quello che il personale sanitario e i pazienti con ictus precedenti considerano come umanizzante e come queste idee potrebbero essere applicate nella pratica".


Caroline Ellis-Hill, Senior Lecturer in ricerca qualitativa, che ha guidato la ricerca alla Bournemouth, spiega:

"Volevamo collaborare con il personale ed ex pazienti di ictus per assicurarci che le persone siano al centro di tutto ciò che fa il team di ictus. Si trattava di mettere in pratica il quadro umanizzante e lavorare insieme come personale, pazienti e ricercatori.

"Ci siamo incontrati con il personale e pazienti di ictus per diverse settimane e abbiamo analizzato cosa significa essere umani per ciascuno di noi. Non siamo entrati con un particolare ordine del giorno o risultato in mente; l'idea era imparare gli uni dagli altri, mentre progrediva il progetto. Volevamo allontanarci da misure e obiettivi, che così spesso fanno parte della vita lavorativa, e tornare alle basi del prendersi cura ".


Caroline Bagnall, specialista clinica, logopedista e Campione di Cura Umanizzante del RBH è stata coinvolta nel progetto fin dall'inizio:

"Siamo sempre desiderosi di migliorare il servizio che offriamo, così ho colto al volo l'opportunità di mettermi in gioco. Ho trovato incredibilmente importante avere il tempo di riflettere sul servizio che offriamo, sia con il nostro personale che con ex pazienti. Sono rimasta sorpresa di quanto ho imparato per, semplicemente, 'esserci'. Essere in un gruppo di personale e di ex pazienti, e riflettere sulle nostre esperienze senza avere un risultato specifico in mente è stata davvero una forte esperienza.

"Mi ha reso molto più consapevole del potere delle piccole cose che facciamo. Entrare in ospedale può essere un'esperienza davvero traumatica, poiché le persone sono in un ambiente estraneo, del tutto nuovo, e può essere abbastanza opprimente. Le piccole cose che facciamo come personale possono fare molto per aiutare le persone a sentirsi meno vulnerabili o impaurite. Si tratta solo di ricordare che siamo tutti esseri umani".


Nikki Manns, caposala nel reparto ictus del RBH, ha voluto essere coinvolta nel progetto perché l'ha vista come una buona occasione per mettere insieme personale e pazienti, e condividere le loro storie e trovare i modi per migliorare le esperienze dei pazienti. Lei dice:

"Ho davvero visto la differenza nel nostro personale dopo il progetto. Erano così motivati ​​a partecipare e hanno condiviso frammenti e racconti dei gruppi in cui erano coinvolti. E' stato fonte di ispirazione vedere il modo in cui il team ha lavorato insieme, tutti suggerivano e mettevano in pratica nuove idee. Nel corso degli ultimi mesi, le nostre risposte hanno dimostrato che c'è un vero e proprio ambiente di team nel reparto, quindi è bello che questo sia stato notato dai pazienti e dalle loro famiglie.

"Uno degli aspetti più importanti del progetto è stata l'opportunità di ottenere risposte faccia a faccia dai nostri pazienti. E' stato davvero potente e molto più significativo per il nostro staff dei moduli cartacei. Sapere che quello che stai facendo fa la differenza e ti viene detto dai pazienti è estremamente motivante".

"I pazienti e le loro famiglie hanno commentato che sentono che il reparto ha un'atmosfera rassicurante e calma. Sviluppando relazioni di supporto con il personale che può vedere il quadro più ampio, fornire spiegazioni gentili e piccoli gentilezze, si sentono in grado di porre domande, scrivere ed essere coinvolti più pienamente nella loro cura".

 

 

 


Fonte: Bournemouth University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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