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Trovata l'arma contro il diabete tipo 1

Trovata l'arma contro il diabete tipo 1 Una cura per il diabete di tipo 1 ha eluso da lungo tempo anche i massimi esperti, non perché non sanno quello che si deve fare, ma perché non esistono gli strumenti per farlo.


Ma ora gli scienziati nel laboratorio di Sheng Ding, MD, PhD, ricercatore dei Gladstone Institutes, sfruttando la potenza della medicina rigenerativa, hanno sviluppato nei modelli animali una tecnica che può ricostituire le stesse cellule distrutte dalla malattia.


I risultati del gruppo, pubblicati ieri online sulla rivista Cell Stem Cell, costituiscono un passo importante verso la liberazione dei pazienti dalle iniezioni per tutta la vita, che caratterizzano questa malattia devastante.


Il diabete di tipo 1, che si manifesta di solito durante l'infanzia, è causato dalla distruzione di cellule-beta (cellule-β). Le cellule-β sono un tipo di cellule che risiede di norma nel pancreas e produce un ormone chiamato insulina. Senza insulina, gli organi del corpo hanno difficoltà ad assorbire dal sangue gli zuccheri, come il glucosio. La malattia, che una volta era una condanna a morte, può essere gestita con il monitoraggio del glucosio e le iniezioni di insulina regolari. Una soluzione più permanente, tuttavia, potrebbe essere la sostituzione delle cellule-β mancanti. Ma queste cellule sono difficili da trovare, così i ricercatori si sono rivolti alla tecnologia delle cellule staminali come un modo per produrle.


"Il potere della medicina rigenerativa è che può potenzialmente fornire una fonte illimitata di cellule-β funzionali che producono insulina, che possono poi essere trapiantate nel paziente", ha detto il dottor Ding. "Ma i tentativi precedenti di produrre grandi quantità di cellule-β sane, e sviluppare un sistema fattibile di trasporto a destinazione, non sono mai riusciti completamente. Così abbiamo preso un approccio un po' diverso".


Una delle sfide principali per generare grandi quantità di cellule-β è che queste cellule hanno una capacità rigenerativa limitata; una volta mature è difficile farne di più. Quindi il gruppo ha deciso di fare un passo indietro nel ciclo della vita della cellula. Il team ha inizialmente raccolto cellule della pelle, chiamate fibroblasti, da topi di laboratorio. Poi, trattando i fibroblasti con un 'cocktail' unico di molecole e fattori di riprogrammazione, hanno trasformato le cellule in cellule tipo-endoderma. Le cellule endoderma sono un tipo di cellule che si trova nell'embrione precoce, e che alla fine maturano in organi importanti del corpo, compreso il pancreas, la casa delle cellule-β.


"Con un altro cocktail chimico, abbiamo poi trasformato queste cellule tipo-endoderma in cellule che imitano quelle iniziali del pancreas, che abbiamo chiamato PPLC", ha dichiarato Ke Li, PhD, studiosa postdottorato del Gladstone, l'autrice principale dello studio. "Il nostro obiettivo iniziale era vedere se potevamo convincere queste PPLC a maturare in cellule che, come le cellule-β, rispondono ai segnali chimici corretti e -soprattutto- secernono l'insulina. E i nostri esperimenti iniziali, eseguiti in una capsula di Petri, rivelano che è successo".


Il team di ricerca ha poi cercato di capire se lo stesso poteva avvenire in modelli animali vivi. Quindi hanno trapiantato le PPLC in topi modificati per avere una iperglicemia (livelli alti di glucosio), un indicatore chiave del diabete. "È importante sottolineare che, appena una settimana dopo il trapianto, i livelli di glucosio degli animali hanno iniziato a diminuire, e si sono gradualmente avvicinati ai livelli normali", ha continuato la dott.ssa Li. "E quando abbiamo rimosso le cellule trapiantate, abbiamo visto un picco immediato di glucosio, rivelando un legame diretto tra il trapianto del PPLC e la iperglicemia ridotta".


Ma è stato quando il team ha testato i topi otto settimane dopo il trapianto, che hanno visto i cambiamenti più drastici: le PPLC avevano dato origine a cellule-β funzionali che secernono insulina. "Questi risultati evidenziano non solo il potere delle piccole molecole nella riprogrammazione cellulare, ma sono la prova di principio che si potrebbe un giorno usarle come approccio terapeutico personalizzato nei pazienti", ha spiegato il dottor Ding.


"Sono particolarmente entusiasta della prospettiva di tradurre questi risultati ner il sistema umano", ha detto Matthias Hebrok, PhD, professore «Hurlbut-Johnson» emerito di Diabetes Research, uno degli autori dello studio e direttore del Diabetes Center dell'UCSF. "Questa tecnologia nelle cellule umane potrebbe far progredire immediatamente in modo significativo la nostra comprensione di come i difetti inerenti le cellule-β provocano il diabete, avvicinandoci in modo sensibile ad una cura di cui c'è molto bisogno".


Questa ricerca, a cui hanno partecipato anche Saiyong Zhu, PhD, Shaohua Xu, PhD, Tao Xu, PhD, Yu Zhang, PhD, e Tianhua Ma, PhD, è stata finanziata dalla Roddenberry Foundation, dall'«Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development», dal National Energy Institute, dal «National Heart, Lung and Blood Institute», dal National Institute of Mental Health/National Institutes of Health, dal California Institute for Regenerative Medicine, dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e dalla William K. Bowes, Jr. Foundation.

 

 

 

 

 


FonteGladstone Institutes.

Riferimenti: Ke Li, Saiyong Zhu, Holger A. Russ, Shaohua Xu, Tao Xu, Yu Zhang, Tianhua Ma, Matthias Hebrok, Sheng Ding. Small Molecules Facilitate the Reprogramming of Mouse Fibroblasts into Pancreatic Lineages. Cell Stem Cell, February 2014 DOI: 10.1016/j.stem.2014.01.006

Pubblicato da Anne D. Holden, PHD in gladstoneinstitues.org (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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