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La musica induce le nostre onde cerebrali a ballare

Leonardo Bonetti ass professor Aarhus University Photo Laura WehmeyerLeonardo Bonetti, assistente professore all'Aarhus University (Foto: Laura Wehmeyer)

Hai mai sentito solo il frammento di una canzone e saputo all'istante cosa veniva dopo? O hai preso il ritmo di un coro dopo poche note? Nuove ricerche del Center for Music in the Brain dell'Università di Aarhus e del Centre for Eudaimonia and Human Flourishing dell'Università di Oxford hanno scoperto cosa accade nel nostro cervello quando riconosciamo e prevediamo sequenze musicali.


Quando accendiamo la radio e parte la canzone preferita, il nostro cervello reagisce con uno schema complesso, in cui vengono attivate le aree che elaborano il suono, le emozioni e la memoria. In un ciclo avanti-indietro, la nostra corteccia uditiva risponde per la prima volta ai suoni e invia informazioni ad altre aree cerebrali, come l'ippocampo, che è coinvolto nella memoria, e il giro cingolato, che aiuta l'attenzione e l'elaborazione emotiva. Questo processo ci aiuta a riconoscere rapidamente le canzoni e prevedere ciò che verrà dopo, rendendo l'ascolto della musica un'esperienza piacevole e familiare.


Sapere come il nostro cervello reagisce alla musica può costituire una tappa fondamentale per capire le nostre funzioni cognitive, spiega uno dei primi autori dello studio, il professor Leonardo Bonetti della Aarhus University:

“La nostra ricerca fornisce informazioni dettagliate sulla capacità del cervello di elaborare e prevedere la musica e contribuisce alla più ampia comprensione delle funzioni cognitive. Ciò potrebbe fare la differenza per lo studio della salute del cervello, in quanto offre potenziali percorsi per esplorare come invecchiamento e malattie, tipo la demenza, influenzano l'elaborazione cognitiva nel tempo".


In effetti, capire come il nostro cervello vibra al ritmo di Bohemian Rhapsody o reagisce a un classico dell'infanzia può aiutare in futuro i ricercatori a rilevare la demenza.

"A lungo termine, questi risultati potrebbero informare lo sviluppo di strumenti per rilevare il rischio individuale di sviluppare la demenza solo usando l'attività cerebrale delle persone mentre ascoltano e riconoscono la musica".


Nello studio, i ricercatori hanno misurato le onde cerebrali di 83 persone mentre ascoltavano musica e andranno avanti con ulteriori studi, afferma Leonardo Bonetti:

“Studi futuri potrebbero esplorare come cambiano questi meccanismi cerebrali con l'età o negli individui con menomazioni cognitive. Comprendere questi processi in modo più dettagliato potrebbe portare a nuovi interventi per migliorare la funzione cognitiva e la qualità della vita per le persone con condizioni neurologiche".

 

 

 


Fonte: Vibe Bregendahl Noordeloos in Aarhus University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: L Bonetti, [+5], ML Kringelbach. Spatiotemporal brain hierarchies of auditory memory recognition and predictive coding. Nat Commun, 2024, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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