Ci sono tante situazioni difficili che le persone hanno di fronte come caregiver di persone con Alzheimer. Alcune sono più difficili da accettare rispetto ad altre. Eccone 3 tra le più difficili:
- Quando la persona non ti riconosce più
- Quando la persona perde la capacità di parlare
- Quando è il momento di coinvolgere i servizi di assistenza «hospice»
Diamo un'occhiata a ciascuna di esse separatamente.
Quando la persona non ti riconosce più
La maggior parte delle persone che hanno un caro con Alzheimer vedono con terrore il giorno in cui la persona non può più riconoscerle. Potrebbero pensare che questa sia la sorte peggiore che può capitare.
Quando una persona cara non ti riconosce, è come se non esistessi più nel suo mondo. Può causare un dolore lancinante. Ma alla fine, questa è una situazione che ferisce solo te. Di solito non disturba lei. E questo è ciò che conta.
Alcune persone non vedono alcun motivo per continuare a fare visite. Si mettono in testa che non è importante. Ma ci sono diversi motivi per cui continuare a fare visite é importante, comprese le seguenti:
- la persona può in realtà riconoscerti, ma non è in grado semplicemente di esprimerlo;
- la persona può ricordare quante volte l'hai visitata, anche se non ricorda più il suo rapporto con te;
- la persona può godere della visita, anche se non sa esattamente chi sei; e se la persona gode della visita, potresti sentirti gratificato di averle dato quel piacere.
Quando la persona perde la capacità di parlare
Se la persona con Alzheimer non parla più, potresti pensare che non è possibile comunicare con lei. Ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Ci sono diverse forme di comunicazione non verbale, che possono aiutare a raggiungere la persona, a volte anche a livello profondo. Tre delle più importanti sono: 1) Contatto, 2) Sorriso e 3) Uso dei segnali visivi.
Una delle signore con Alzheimer che visitavo come volontaria ogni settimana si chiamava Sue. Sue non parlava e così mi sedevo semplicemente accanto a lei, le tenevo la mano e parlavo con lei dolcemente, senza aspettarmi - e senza ricevere - alcuna risposta verbale. Non avevo idea se era nemmeno a conoscenza della mia presenza.
Ma poi un giorno, mentre le tenevo la mano mi ha raggiunto con l'altra mano e ha cominciato ad accarezzarmi il braccio. In quel momento ho capito che ero collegata con lei e lei stava restituendo il mio affetto. Sì, avevo trovato un modo per comunicare con lei anche senza che proferisse una parola.
Quando è tempo di coinvolgere gli «Hospice Care Services»
Questa è l'ultima esperienza difficile che si può avere con la persona amata. Quando hai bisogno di coinvolgere l'hospice nella sua cura può essere estremamente difficile e anche deprimente. Potresti soffermarti sui pensieri oscuri della morte imminente della persona.
Ricorda però, che la persona amata, nella maggior parte dei casi, non è consapevole che la morte si avvicina. Quindi, sei tu quello che soffre. Il tuo caro potrebbe essere ignaro e godersi la vita tanto quanto prima.
La persona amata può anche gustare la maggiore attenzione ricevuta dal personale dell'hospice. Se continui ad avere un problema con questo, potresti prendere in considerazione di ottenere consulenza per aiutarti a farvi fronte.
Questa è la mia esperienza personale nel trovare un modo per accettare questa situazione. Prima di tutto, come racconto nel mio libro (Come Back Early Today: A Memoir of Love, Alzheimer's and Joy), la stessa parola "hospice" mi spaventava. Mi sentivo come se richiedere l'asistenza dell'hospice per Ed equivalesse a firmare la sua condanna a morte. Sapevo che era ridicolo, ma è così che mi sentivo.
Ho ritardato la richiesta di settimane, dicendomi che non ne aveva bisogno ancora del tutto. La verità era che non ero ancora in grado di affrontarlo.
Alla fine ho consultato un collega dell'Università di Cincinnati, il dottor Doug Smucker, che era specializzato nelle cure di fine-vita. Dopo aver risposto a tutte le mie domande, Doug mi ha guardato gentilmente e ha detto: "Sai, Marie, il problema vero del caregiver è come aiutare il paziente ad avere la massima qualità di vita nel tempo che manca alla fine".
Questo ha cambiato completamente il mio pensiero sulla situazione. Mi ha dato un obiettivo nuovo e positivo: portare a Ed quanta più felicità possibile. C'era qualcosa che potevo fare.
Dopo quel discorso ho passato molte ore a pensare piacevolmente alle cose speciali da fare per, e con, Ed. Una volta che mi sono tolta dalla testa la sua morte incombente, siamo riusciti ad avere una conclusione bella, piacevole, lunga mesi, della nostra lunga vita insieme.
Fonte: Marie Marley in Huffington Post (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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