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Le scelte difficili della demenza

Quando ero una bambina ho sempre voluto assomigliare a mia madre. Pensavo che era la donna più bella del mondo. E io volevo essere come lei: forte, determinata, intelligente, paziente, amorevole. Era pronta a fare qualsiasi cosa necessaria per prendersi cura della sua famiglia. Ci amava, le sue tre figlie.


La mamma è cresciuta durante gli anni della Grande Depressione. Aveva tre sorelle, e nessun fratello. Lei e le sue sorelle erano sempre insieme. Amavano la loro madre e il padre. Mio nonno era un fabbro e ha fatto il cuoco nell'esercito nella prima guerra mondiale. E' morto quando avevo cinque anni. Ho solo alcuni ricordi di lui.


Non sono una di quelle persone che riescono a ricordare di quando avevano due anni. Va bene che riesco a ricordare da quando avevo vent'anni. LOL. Ma la mamma ha sempre avuto grandi ricordi di come stavano le cose quando era bambina. Quei ricordi sono stati l'ispirazione del mio primo libro della serie Rosey Corner, «Angel sister». Anche se la storia è completamente di fantasia, devo l'ispirazione all'ambiente e ai personaggi delle storie della mamma sui suoi anni d'infanzia.


La mamma tra poche settimane avrà 94 anni. Ha sempre detto che voleva vivere fino a cent'anni. Ma non aveva previsto di perdere la memoria per la demenza. Non avevamo mai pensato che lei avrebbe perso la sua memoria per qualsiasi motivo. Pensavamo che avremmo avuto la mamma con noi come mamma fino al viaggio in cielo. Non è andata così.


Quando si è avvicinata ai novanta hanno cominciato ad apparire dei segnali che non tutto era a posto. Ha cominciato a pensare che fossero accadute delle cose che non erano avvenute. Tutte cose che la rendevano infelice. Eppure è riuscita a stare con noi ancora per alcuni anni, per aiutare con le piccole cose.


Poi è caduta e, anche se non si è rotta nulla, è stata un'esperienza traumatica, perché non era in grado di alzarsi ed è rimasta lì per non si sa quanto tempo prima che mia sorella passasse da lei. Non pensavamo che si sarebbe ripresa da questo. E' migliorata, ma la sua mente ha continuato a peggiorare. Abbiamo iniziato a stare con lei tutto il giorno dopo quella caduta, anche se in un primo momento potevamo andare velocemente al negozio o in altri posti.


Poi la sua mente è ulteriormente peggiorata. Non potevamo lasciarla sola. Ha iniziato a voler "andare a casa". La casa non era questa casa dove aveva vissuto per oltre 25 anni. La casa era spesso la sua casa d'infanzia. I suoi genitori non le avevano detto che poteva rimanere così a lungo e stavano per arrabbiarsi. A volte pensava anche a casa sua con mio padre che se n'era andato da quasi 30 anni. Doveva preparare la cena per lui e per i "bambini". Nessuno stava guardando i "bambini". Aveva delle cose da fare e doveva proprio tornare a casa. E visto che lei è sempre stata una persona determinata, del tipo "posso farlo", si alzava e cercava di uscire dalla porta. Se nessuno l'avesse portata a casa, sarebbe andata a piedi. Dopo tutto, la "casa" che cercava era appena sopra la collina.


E così, sono cominciate le bugie. In un primo momento è stato difficile per me e mia sorella mentire a nostra madre, ma è crudele dire ad un malato di demenza che i suoi cari sono morti. Non rimane nel loro cervello ed è un dolore che si rinnova ogni volta. Inoltre, la mamma a volte ci guardava come se fossimo senza buon senso perchè lei aveva appena visto la madre o il padre o il marito quella mattina.


Così per gran parte del tempo sua madre e suo padre erano "fuori città", forse in visita a parenti "di un altro stato". Non importava che non avesse parenti in altri stati. Il papà stava facendo vari lavori agricoli. Forse era impegnato con il fieno in estate o stava raccogliendo il tabacco in inverno o nutriva le mucche. Qualunque cosa veniva in mente. E "domani" era diventata la promessa che non si sarebbe mai avverata. Domani vedremo di andare a casa. Domani ne parliamo. Domani faremo quello che si deve fare. E questo è quello che è successo. Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare.


E ora domani faremo quello che dobbiamo fare di nuovo. Stiamo spostando la mamma in una struttura per Alzheimer. E' un posto bellissimo con un personale attento. È il nostro modo per cercare di darle un po' di tempo fuori della casa di cura, in quanto i suoi fondi si stanno esaurendo e noi avremo bisogno di vendere la casa per continuare a finanziare la sua assistenza.


Siamo naturalmente preoccupate. Possono succedere tante cose. Vogliamo che la mamma sia felice. Lei non è felice qui per gran parte del tempo. Potrebbe non essere felice anche lì. Lei può essere infelice ovunque fino a quando non andrà a "casa sua" per stare con la madre e il padre e le sorelle. E' una scelta difficile. Potrebbe non funzionare per lei. Poi non so cosa faremo.


Se c'è mai stato un tempo in cui una persona deve prendere un giorno alla volta, occuparsi di demenza è quel tempo. A volte è un'ora alla volta. So che molti di voi hanno a che fare con la stessa malattia, ed è una malattia, un tipo di cancro della mente.


Per cui dovremmo considerarla una preghiera ogni volta.

 

 

 

 

 


Pubblicato da Ann H Gabhart in One Writer's Journal (> English text)- Traduzione di Franco Pellizzari.

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