Una diagnosi di Alzheimer è sconvolgente. Ma spesso la cosa peggiore è mantenere il segreto.
Quando il messaggio al caregiver è: "Non voglio che nessuno lo sappia", si aggiunge un peso enorme. Esiste ancora uno stigma per qualsiasi malattia mentale, perchè è sottinteso che si tratta di una debolezza da parte della persona, come se avere l'Alzheimer sia una colpa.
Lo stesso atteggiamento esisteva con il cancro. La gente non voleva nominare la parola. Questo ora è cambiato, e con la fine del segreto è arrivata la possibilità di concentrarsi sul compito monumentale del trattamento e della cura potenziale. "Dirlo", facendo sapere a famiglia, amici e colleghi cosa sta succedendo e allentando le catene del rifiuto, è una decisione liberatoria. Nove volte su dieci, le persone scoprono che quasi tutti conoscono qualcuno colpito dalla malattia e hanno esperienze da condividere. Questa apertura è necessaria per comprendere appieno i sintomi, conoscere i cambiamenti dello stile di vita e portare sollievo e sostegno ai caregiver.
A Scott Russell di Ridgefield è stata diagnosticata la malattia quando aveva 59 anni. Attivo, di successo, amato da sua moglie e dai suoi figli, ammirato da amici e colleghi, Scott è caduto in una grave depressione, ma dopo settimane di sofferenza isolata, si è reso conto che la sua scelta di "Non dirlo a nessuno" è stato un male per lui e per la sua famiglia. Si ricorda che "Un giorno ho deciso di porre fine alla segretezza. L'autocommiserazione non stava producendo niente di buono. Non potevo cambiare la diagnosi, ma potevo certamente cambiare il modo in cui la gestivo. Ho capito che avrei potuto essere di esempio per altri e trasformare la paura in speranza".
"Dirlo" può essere liberatorio anche per i caregiver. A Norwalk, il fondatore di una attività high-tech di successo, ha accolto la richiesta della moglie di mantenere segreta la sua demenza precoce. "Ho accettato perché mi chiedevo come avrebbero reagito i miei clienti. Mi avrebbero trattato in modo diverso? Avrebbero pensato che sarei stato meno affidabile sul posto di lavoro a causa delle mie nuove responsabilità a casa? Ho deciso che tenere per me la verità era del tutto negativo. E' molto più ragionevole aprirsi e condividere la situazione con i colleghi di lavoro. Ho pensato che se ogni tanto avessi dovuto modificare il mio programma, loro avrebbero capito e non avrei dovuto inventare scuse e mentire. Era la cosa giusta da fare. Infatti, diversi collaboratori si sono aperti su famigliari e amici con l'Alzheimer".
Eleonora Tornatore-Mikesh, direttrice esecutiva del capitolo del Connecticut dell'Alzheimer's Association, vede che la speranza sostituisce l'impotenza quando la diagnosi è Alzheimer ad esordio giovane/precoce. La Helpline 24/7 dell'Associazione risponde alle domande, individua gruppi di sostegno e fornisce risorse alla comunità. "E' provato il valore di diagnosi e trattamento precoci", dice la Tornatore-Mikesh. "Fa parte del nostro nuovo approccio all'Alzheimer. E' essenziale rimuovere lo stigma e interrompere la segretezza per cercare opzioni di trattamento e pianificare il futuro. La nostra visione è un mondo senza Alzheimer".
Uno dei primi passi per "dirlo" è far parte di un gruppo di sostegno. Si è con persone che sanno quello che si sta passando, e possono dare consigli su come affrontarlo. E' un sollievo enorme ascoltare ciò che gli altri stanno facendo. Ascoltare gli altri che si trovano nella stessa barca fa una grande differenza e ci si sente bene a dare suggerimenti agli altri.
Pubblicato da Lois Alcosser in TheHourOnline il 25 Mrazo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari - Foto: Christian Martinez Kempin/Getty Images
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