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Smentito l'«Effetto Mozart»

I bambini acquisiscono molti benefici dalle lezioni di musica. Imparare a suonare strumenti alimenta la loro creatività, e fare pratica può insegnare la concentrazione e la disciplina di cui c'è molto bisogno.


E di ritorno spesso c'è un aumento dell'autostima, sia nell'imparare una nuova canzone sia nell'impadronirsi solo di un accordo.


Ma dei ricercatori di Harvard ora dicono che il vantaggio, spesso citato, del miglioramento dell'intelligenza derivante dallo studiare musica, è un mito.


Anche se è stato abbracciato da chiunque, dai sostenitori dell'educazione artistica, ai genitori che sperano di incoraggiare i loro figli a insistere con le lezioni di piano, un paio di studi condotti da Samuel Mehr (dottorando della Harvard Graduate School of Education che lavora nel laboratorio di Elizabeth Spelke, professore Marshall L. Berkman di Psicologia) hanno scoperto che la formazione musicale non ha alcun effetto sulle capacità cognitive dei bambini.


Gli studi sono descritti in un articolo pubblicato l'11 Dicembre sulla rivista ad accesso libero PLoS One. "Più dell'80% degli americani pensano che la musica migliori i voti o l'intelligenza dei bambini", ha detto Mehr. "Anche nella comunità scientifica, c'è la convinzione generale che la musica è importante per queste ragioni estrinseche. Ma ci sono ben poche prove a sostegno dell'idea che i corsi di musica migliorino lo sviluppo cognitivo dei bambini". L'idea che la formazione musicale possa rendere qualcuno più intelligente, dice Mehr, può essere in gran parte ricondotta ad un unico studio pubblicato su Nature. In esso, i ricercatori hanno identificato quello che chiamavano "Effetto Mozart": dopo l'ascolto di musica, i soggetti del test hanno ottenuto migliori risultati in compiti spaziali. 


Anche se lo studio è stato in seguito smontato, l'idea che ascoltare semplicemente musica possa rendere qualcuno più intelligente si è radicata saldamente nell'immaginario collettivo, e ha stimolato una serie di studi di follow-up, tra cui alcuni che si sono concentrati sui benefici cognitivi delle lezioni di musica.


Anche se decine di studi hanno esplorato se e come potrebbero essere collegati musica e abilità cognitive, quando Mehr e colleghi hanno esaminato la letteratura hanno trovato solo cinque studi che hanno usato esperimenti randomizzati, lo standard per determinare gli effetti causali degli interventi educativi sullo sviluppo del bambino. Dei cinque, solo uno ha mostrato inequivocabilmente un effetto positivo, ma così piccolo - solo un aumento di 2,7 punti del QI dopo un anno di lezioni di musica - che era appena sufficiente da essere statisticamente significativo.


"Il lavoro sperimentale su questa questione è ancora all'inizio, ma i pochi studi pubblicati sull'argomento mostrano scarse prove che la «musica rende più intelligenti»", ha detto Mehr. Per esplorare la connessione tra musica e cognizione, Mehr ed i suoi colleghi hanno reclutato 29 genitori con i loro bambini di 4 anni della zona di Cambridge. Dopo i test di vocabolario iniziali per i bambini e le prove musicali attitudinali per i genitori, ognuno è stato assegnato in modo casuale a una delle due classi, quella che aveva la formazione musicale, o un'altra che si è concentrata sulle arti visive.


"Volevamo testare gli effetti del tipo di educazione musicale che viene effettuata nel mondo reale, e studiare l'effetto nei bambini; abbiamo quindi
implementato un programma di musica di arricchimento genitore-bambino con bambini in età prescolare", ha detto Mehr. "L'obiettivo è incoraggiare il gioco musicale tra genitori e figli in un ambiente di classe, che offre ai genitori un forte repertorio di attività musicali utilizzabili a casa con i loro figli".

 

Lo studio di Harvard su musica e cognizione

Tra i cambiamenti principali che hanno applicato Mehr ed i suoi colleghi rispetto agli studi precedenti c'è il controllo dell'effetto di diversi insegnanti (Mehr ha insegnato sia musica che arti visive) e l'utilizzo di strumenti di valutazione volti a testare le aree di cognizione, vocabolario, matematica, e due compiti spaziali. "Invece di usare qualcosa di generale, come un test di QI, abbiamo testato quattro domini specifici della cognizione", ha detto Mehr. "Se c'è davvero un effetto della formazione musicale sulla cognizione dei bambini, savremmo stati in grado di rilevarla meglio degli studi precedenti, perché questi test sono più sensibili rispetto ai test di intelligenza generale".


I risultati dello studio, tuttavia, non mostrano alcuna evidenza di benefici cognitivi da parte della formazione musicale. Mentre i gruppi hanno ottenuto risultati paragonabili nei compiti di vocabolario e stima del numero, le valutazioni hanno mostrato che i bambini che hanno ricevuto la formazione musicale sono andati leggermente meglio in un compito spaziale, mentre coloro che hanno ricevuto una formazione sulle arti visive sono andati meglio nell'altro.


"Il primo studio era molto piccolo. Abbiamo avuto solo 15 bambini nel gruppo musicale, e 14 nelle arti visive", ha detto Mehr. "Gli effetti erano minuscoli, e la loro significatività statistica mediocre. Così abbiamo cercato di replicare lo studio, cosa che non è stata fatta in qualsiasi altro lavoro precedente". Per replicare l'effetto, Mehr e colleghi hanno progettato un secondo studio che ha reclutato 45 genitori e figli, la metà dei quali hanno avuto una formazione musicale, e l'altra metà nessuna formazione.


Proprio come nel primo studio, spiega Mehr, non c'è stata alcuna prova che la formazione musicale ottenga benefici cognitivi. Anche quando i risultati di entrambi gli studi sono stati raggruppati per consentire ai ricercatori di confrontare l'effetto della formazione musicale, quella delle arti visive, e nessuna formazione, non c'era alcun segno che un gruppo abbia superato gli altri. "Ci sono lievi differenze di prestazioni tra i due gruppi, ma nessuna era abbastanza grande da essere statisticamente significativa", ha detto Mehr. "Anche quando abbiamo usato le analisi statistiche più sensibili a nostra disposizione, gli effetti proprio non c'erano".


Anche se i risultati suggeriscono che studiare la musica non può essere una scorciatoia per il successo scolastico, Mehr ha detto che c'è comunque un valore sostanziale nell'educazione musicale. "C'è una ragione convincente nell'insegnare la musica, che non ha nulla a che fare con i benefici estrinseci", ha detto. "Noi non insegniamo Shakespeare ai bambini perché pensiamo che li aiuterà ad superare il SAT [=Scholastic Aptitude Test, test attitudinale per l'ammissione al college]. Lo facciamo perché crediamo che Shakespeare sia importante".


"La musica è un'attività antica, esclusivamente umana.
I flauti antichi che sono stati trovati negli scavi risalgono a 40.000 anni fa, e il canto umano li aveva preceduti di molto", ha detto. "Ogni singola cultura nel mondo ha la musica, compresa la musica per i bambini. La musica dice qualcosa su ciò che significa essere umani, e sarebbe pazzo non insegnare questo ai nostri figli".


Lo studio è stato finanziato della Dana Foundation, ed ispirato dal lavoro di William Safire.

 

 

 

 

 


Fonte: Harvard University.

Riferimenti: Samuel A. Mehr, Adena Schachner, Rachel C. Katz, Elizabeth S. Spelke. Two Randomized Trials Provide No Consistent Evidence for Nonmusical Cognitive Benefits of Brief Preschool Music Enrichment. PLoS ONE, 2013; 8 (12): e82007 DOI: 10.1371/journal.pone.0082007

Pubblicato da Peter Reuell in news.harvard.edu (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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