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Alzheimer può essere frutto di un meccanismo naturale anti-cancro

Immunofluorescenza che mette in evidenza gli astrociti - Foto WikipediaScienziati hanno scoperto che un meccanismo naturale, che il corpo usa per proteggersi dal cancro, potrebbe essere il motivo per cui si deteriorano così rapidamente le cellule del cervello nelle persone con Alzheimer. Sperano che la scoperta possa offrire (per la prima volta) un bersaglio per il trattamento della malattia.

"L'invecchiamento è il principale fattore di rischio per l'Alzheimer", scrivono in un articolo sul loro lavoro che è apparso on-line nel numero del 12 settembre della rivista ad accesso libero PLoS ONE. Tuttavia, poco sappiamo su quali aspetti del processo di invecchiamento rendono il cervello suscettibile allo sviluppo dell'Alzheimer, hanno aggiunto.


Claudio Torres del College of Medicine della Drexel University di Philadelphia, e colleghi, nel loro documento mostrano per la prima volta, come le cellule del cervello di persone con Alzheimer "seniscono": un meccanismo per cui, a seguito di danni accumulati al DNA, le cellule smettono di dividersi e di fare il loro lavoro abituale, e iniziano invece a produrre proteine tossiche.


Più siamo anziani, maggiori sono le volte che le cellule del nostro corpo si sono replicate. Tuttavia, in ogni ciclo di replica, c'è un danno del DNA, così ogni generazione di cellule accumula più danni al DNA, finché è così grande che c'è un'alta probabilità che vadano fuori controllo e inizino a formare un tumore. Il corpo ha sviluppato meccanismi di protezione contro tale meccanismo. Uno dei meccanismi, che il corpo ha acquisito per proteggersi dai rischi di danno accumulato al DNA, è l'innesco dell'"apoptosi", o suicidio cellulare, che consente alle cellule colpite di morire ed essere rastrellate dal sistema immunitario. Questo succede spesso nelle cellule che si replicano continuamente, come quelle della pelle, dei polmoni e dei reni.


Ma non tutte le cellule con DNA danneggiato imboccano la strada del suicidio cellulare: alcune di loro vanno su un altro sentiero conosciuto come "senescenza", in cui cambiamenti biologici bloccano la divisione delle cellule e lo svolgimento delle loro funzioni normali, e le trasformano invece in proteine tossiche. Ci sono alcune prove che questo processo innesca anche l'infiammazione. Sul sistema immunitario la senescenza ha un effetto diverso dall'apoptosi: lo induce a compiere un esercizio di limitazione del danno e a distruggere le cellule vicine che potrebbero essere colpite dalle tossine.


Judith Campisi dell'Istituto Buck per la Ricerca sull'Invecchiamento a Novato in California, che non era coinvolta nello studio, ha riferito alla rivista New Scientist che era "abbastanza chiaro" che la senescenza si evolvesse come un meccanismo anti-cancro. Tuttavia, ciò che l'evoluzione ha prodotto poteva essere utile quando l'aspettativa di vita umana era più breve, ma diventa controproducente una volta che si passa quel limite di età, perché non morendo, le cellule senescenti possono continuare a produrre tossine che producono infiammazione.


Sono stati gli interrogativi su questo problema a indurre Torres e colleghi a proporre che forse le cellule senescenti sono la causa dell'infiammazione nell'Alzheimer. Quindi, per il loro studio, hanno simulato gli effetti dell'invecchiamento esponendo cellule cerebrali al perossido di idrogeno (questo produce uno stress metabolico simile a quello provocato dall'invecchiamento) e hanno osservato quello che è successo. Hanno scoperto che le cellule hanno smesso di dividersi, hanno iniziato ad esprimere geni associati alla senescenza, e a secernere grandi quantità di proteine infiammatorie. Le cellule che facevano ciò non erano neuroni, le cellule che svolgono le funzioni mentali del cervello (tendono a non replicarrsi), ma gli astrociti (nella foto Wikipedia in alto), un gruppo di cellule a forma di stella che costituiscono circa l'80/90% del cervello. Gli astrociti sostengono i neuroni facendo lavori vitali, come spazzare via le placche di beta-amiloide caratteristiche dell'Alzheimer.


Torres e colleghi hanno effettuato il loro esperimento in campioni di cervello da feti, da persone di 35-50 anni, e da persone di 78-90 anni. Hanno scoperto che il cervello sano di persone con più di 35 anni aveva fino a 8 volte più cellule senescenti dei feti. E hanno anche scoperto che nel cervello di 80/90enni, fino al 30% degli astrociti era sul percorso della senescenza. Ma nelle persone con Alzheimer, questa cifra era più alta di circa il 10%. Essi propongono che un accumulo di astrociti senescenti "può collegare l'aumento dell'età e l'aumento del rischio di Alzheimer sporadico".


Secondo il New Scientist, Torres dice che il loro studio fornisce un nuovo modo di guardare l'Alzheimer, e potrebbe anche far luce su altre malattie neurodegenerative per le quali l'età è un fattore di rischio. Ma non consiglia di prevenire la senescenza semplicemente: è un meccanismo naturale contro il cancro. Invece, forse l'opzione è puntare le cellule danneggiate: "Se possiamo eliminare le cellule senescenti, allora probabilmente possiamo eliminare l'Alzheimer", egli suggerisce.

 

 

 

 

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Riferimento: Bhat R, Crowe EP, Bitto A, Moh M, Katsetos CD, and others. "Astrocyte Senescence as a Component of Alzheimer's Disease". PLoS ONE 2012, 7(9): e45069; DOI: 10.1371/journal.pone.0045069

Pubblicato da Catharine Paddock, PhD in Medical News Today il 4 Ottobre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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