Attraverso dispositivi indossabili e sondaggi giornalieri tramite smartphone, il progetto REACH offre nuove informazioni su come lo stress influisce sui caregiver di demenza.
Per il progetto REACH, una caregiver completa un questionario digitale mentre una ricercatrice registra le risposte alla Rice University.
Kenneth Payne inizia quasi tutti i giorni con un piano. Lunedì, mercoledì e venerdì va in palestra e poi porta sua moglie Mary fuori a mangiare un hamburger, una routine costruita attorno ai bisogni suoi e della moglie, alla quale è stata diagnosticata la demenza nel 2021 e ora lui è il suo caregiver a tempo pieno. "Non avevo mai cucinato", ha detto Payne. "Adesso cucino sempre. Pulisco. Faccio tutto."
Dopo quasi 62 anni di matrimonio, Payne afferma che è un ruolo che non si sarebbe mai aspettato, ma che accetta, anche quando il peso sembra opprimente. “La demenza è vivere una parabola discendente”, ha detto. "Tutto quello che possiamo fare è provare a fare del nostro meglio. Se non ti prendi cura di te stesso, non puoi prenderti cura del tuo partner. Questo è quello che ho imparato".
È una lezione che ha preso a cuore dopo aver partecipato a uno studio sui caregiver guidato da Christopher Fagundes della Rice University di Houston (Texas/USA), professore di scienze psicologiche e direttore dell’Institute of Health Resilience and Innovation. Lo studio – noto come progetto REACH – è tra i primi nella nazione a raccogliere dati in tempo reale su come lo stress influisce sulla salute e sul benessere dei caregiver di pazienti con demenza.
Payne ricorda com'era avere qualcuno del gruppo di ricerca che bussava alla porta: sempre puntuale, sempre gentile. "Non vedevo l'ora di ricevere le visite", ha detto. "La vita può diventare piuttosto solitaria quando ti prendi cura di qualcuno con demenza". Quando Payne, un cittadino di Houston in pensione, venne a sapere che lo studio offriva visite a domicilio, si iscrisse. “Non posso lasciarla sola”, ha detto. “Ciò mi ha permesso di partecipare”.
Il progetto REACH, abbreviazione di Restore, Enable and Advance Caregiver Health (ripristina, favorisci e migliora la salute del caregiver), usa monitor cardiaci indossabili e sondaggi giornalieri su smartphone per monitorare il modo in cui il caregiving influisce sul corpo e sulla mente nel momento in cui avviene. È uno dei primi studi nel paese a combinare la valutazione ecologica momentanea con i dati fisiologici, fornendo un quadro più completo dello stress del caregiver.
"La maggior parte degli studi chiede ai caregiver di ricordare come si sono sentiti nell'ultima settimana o mese", ha detto Fagundes. "Ma lo stress non è qualcosa che puoi sempre ricordare con precisione. Accade momento per momento, e quei momenti possono sommarsi fino a gravi conseguenze per la salute".
Fagundes ha trascorso gran parte della sua carriera a studiare la connessione tra stress e malattia. Le sue precedenti ricerche hanno dimostrato che la solitudine cronica e lo sforzo di accudimento possono aumentare l’infiammazione, disturbare il sonno, indebolire la funzione immunitaria e persino accorciare la durata della vita. Per cogliere questi effetti, il progetto REACH non si ferma a sondaggi e sensori.
Il gruppo di ricerca, che comprende dottorandi e personale clinico, raccoglie anche campioni di sangue per misurare i biomarcatori di infiammazione, uno degli indicatori più affidabili del declino della salute correlato allo stress. “È un lavoro di squadra”, ha detto Fagundes. “Stiamo combinando scienza dei dati, psicologia e biomedicina per ottenere una visione a 360 gradi dell’assistenza sanitaria”.
Lo studio, finanziato dal National Institute on Aging, è iniziato nel 2023 e proseguirà fino al 2028. I partecipanti hanno tre visite di laboratorio nell’arco di sei mesi, indossano un monitor leggero per due settimane e rispondono a domande su app riguardo umore, sonno, connessione sociale ed esigenze di assistenza. “Non stiamo solo raccogliendo numeri”, ha detto Fagundes. "Stiamo imparando dagli stessi caregiver. Sono gli esperti nella propria esperienza".
Anche se il progetto REACH è ancora nella fase di raccolta dati, l’obiettivo finale è trasformare queste informazioni in interventi personalizzati: strumenti pratici che aiutano i caregiver a gestire lo stress in tempo reale, migliorando i risultati sia per il caregiver che per la persona cara. “I caregiver portano un grande peso emotivo, fisico, finanziario”, ha detto Fagundes. “Vogliamo costruire strumenti che li supportino, non solo in teoria ma nella vita quotidiana”.
Per Payne, far parte della ricerca gli ha dato uno scopo. "Erano gentili, disponibili, sempre puntuali, e sembrava che qualcuno, da qualche parte, stesse cercando di aiutare il caregiver", ha detto. "Ecco perché lo sto facendo. Se posso aiutare qualcun altro, lo farò". Nel frattempo, continua il suo programma - palestra, appuntamenti a pranzo, cura del giardino - le piccole routine che fanno andare avanti sia lui che la moglie. "Non sempre lei ricorda", ha detto, "ma io sì".
Fonte: Kat Cosley Trigg in Rice University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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