E' noto che il diabete di tipo 2 aumenta il rischio di Alzheimer. Recenti ricerche hanno scoperto che l'insulino-resistenza si sviluppa anche nel cervello dei pazienti con Alzheimer, che gli scienziati chiamano talvolta "il diabete del cervello".
Questo deficit di segnalazione dell'insulina nel cervello provoca disabilità di apprendimento e di memoria e potrebbe potenzialmente essere conosciuto come diabete di tipo 3.
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C'è ancora molto che resta sconosciuto circa la causa dell'Alzheimer (AD), una forma di demenza che colpisce la memoria, il pensiero e il comportamento. Da tempo si sa che si producono due cambiamenti del cervello dei pazienti affetti da demenza: grovigli neurofibrillari e placche beta-amiloidi. I grovigli sono fibre contorte di proteine tau che si accumulano all'interno delle cellule. Le placche sono cumuli di frammenti di proteine che si accumulano negli spazi tra le cellule nervose. Le due strutture anomale si combinano per bloccare la comunicazione tra le cellule nervose e disturbare i processi necessari per la loro sopravvivenza.
Ma ora sta emergendo un terzo cambiamento nel cervello che probabilmente contribuisce ai deficit cognitivi nei pazienti con Alzheimer. Sono stati documentati livelli cerebrali di insulina e del recettore insulinico (IR) più bassi nell'AD come pure deterioramento nella segnalazione dell'insulina in analisi umana postmortem e in modelli animali. Ricercatori, scrivendo sul Journal of Clinical Investigation, suggeriscono tale processo poiché diverse caratteristiche patologiche (tra cui la segnalazione deteriorata dell'insulina e l'infiammazione) sono condivise dai pazienti affetti da diabete e quelli con AD; l'ipotesi è che i meccanismi che causano il deterioramento dell'insulina nei tessuti periferici, visti nel diabete, possono essere presenti anche nella resistenza all'insulina del cervello.
Il gruppo suggerisce che stimolare i recettori del peptide1 tipo-glucagone (GLP-1) può rappresentare un nuovo promettente approccio farmaceutico per la cura dell'AD. Gli agonisti del GLP-1, come l'exenatide (Byetta, Bydureon), riducono significativamente i livelli ematici di glucosio, insulina e glucagone dopo i pasti nei pazienti con diabete di tipo 2. Si tratta di un'azione diversa dalle iniezioni di insulina, che abbassano la glicemia, ma aumentano i livelli circolanti di insulina nel sangue. Il GLP-1 migliora anche la produzione di insulina nel pancreas, per cui si pensa che può migliorare anche la segnalazione dell'insulina nell'ippocampo, quello che ha contribuito a migliorare la cognizione nei topi geneticamente modificati per sviluppare AD. Stimolare la segnalazione dell'insulina nel cervello potrebbe anche impedire il deterioramento delle sinapsi, proteggendole da eventuali danni indotti dall'amiloide-beta.
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Anche l'infiammazione è una componente importante dell'insulino-resistenza e del diabete. L'obesità è un altro fattore di rischio in questo processo, poichè l'eccesso di grasso nel tessuto adiposo e nel fegato spesso accompagna l'infiammazione cronica. Nel cervello, il GLP-1 si fissa a un recettore dell'appetito nell'ipotalamo, che spesso diminuisce l'appetito e riduce gradualmente il peso nel tempo.
Gli autori concludono che "creando legami molecolari tra la segnalazione disregolata dell'insulina in AD e il diabete, i nostri risultati aprono delle strade allo studio di nuove terapie in AD".
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Riferimenti: (1) Bomfin TR, Forny-Germano L, et al. An anti-diabetes agent protects the mouse brain from defective insulin signaling caused by Alzheimer's disease-associated Aß oligomers. J Clin Invest, March 22, 2012. doi:10.1172/JCI57256
(2) Talbot K et al. Demonstrated brain insulin resistance in Alzheimer's disease patients is associated with IGF-1 resistance, IRS-1 dysregulation, and cognitive decline. J Clin Invest, March 22, 2012. doi:10.1172/JCI59903.
Pubblicato da Denise Reynolds RD in EMaxHealth.com il 22 marzo 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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