Ricerche
Scoperto come la senescenza cellulare porta alla neurodegenerazione
Anche se è stato stabilito un collegamento tra infiammazione cronica e malattie neurodegenerative, ci sono molti interrogativi sul modo in cui su queste patologie influisce la senescenza cellulare, un processo in cui le cellule che smettono di dividersi sotto stress emettono una miscela di proteine infiammatorie.
Nella pubblicazione apparsa su PLoS ONE, i ricercatori del Buck Institute riferiscono che la senescenza degli astrociti, il tipo cellule più abbondante del cervello, porta a danneggiare l'«eccito-tossicità» nei neuroni corticali che sono coinvolti nella memoria.
Questa ricerca, guidata dal ricercatore Chandani Limbad PhD, ha scoperto che la senescenza cellulare degli astrociti sotto-regola i trasportatori del glutammato, che sono vitali per l'omeostasi del glutammato nel cervello. Il glutammato è uno dei neurotrasmettitori più importanti nel cervello; un suo eccesso induce i neuroni a 'sparare' ripetutamente, portandoli infine alla morte.
La memantina, un farmaco approvato dalla FDA per il morbo di Alzheimer (MA), riduce la tossicità del glutammato nei pazienti con la forma da moderata a grave della malattia, per un massimo di un anno, ma la prova che il farmaco può rallentare la patologia è debole.
“Questo studio arriva ai meccanismi sottostanti che guidano la tossicità”, ha detto Judith Campisi PhD, autrice senior e professoressa del Buck. “Abbiamo identificato obiettivi che possono essere più utili nello sviluppo di farmaci”.
La senescenza cellulare è uno dei temi più caldi nella ricerca sull'invecchiamento. Il successo nel laboratorio della Campisi e di altri in tutto il mondo ha dato vita a imprese e progetti di ricerca volti a sviluppare farmaci senolitici (che eliminano le cellule senescenti) o farmaci senomorfici (che sopprimono l'infiammazione associata alla senescenza).
Il lavoro precedente del laboratorio della Campisi, in collaborazione con il laboratorio di Andersen del Buck Institute, aveva dimostrato che l'eliminazione delle cellule senescenti ha evitato il Parkinson in un topo modello della malattia.
La Campisi dice che la maggior parte della ricerca finalizzata alla comprensione delle caratteristiche della senescenza cellulare coinvolge i fibroblasti, cellule del tessuto connettivo che producono collagene e altre fibre. Lei dice che questo lavoro negli astrociti dovrebbe essere un campanello d'allarme per coloro che studiano il MA, sostenendo che:
“Ciò che viene comunemente definito MA non-familiare dovrebbe probabilmente essere chiamata più precisamente «demenza legata all'età». Se vedi cinque pazienti spontanei di MA, tutti si presentano in modo diverso. Alcuni hanno cambiamenti di personalità, altri no. La memoria è influenzata in modo diverso in ogni paziente; alcune persone perdono il controllo motorio, altri no.
"Questi risultati evidenziano che l'invecchiamento è il fattore di rischio più grande per quasi tutte le neurodegenerazioni ed è qui che si dovrebbe concentrare la ricerca“.
Il co-autore Pierre-Yves Desprez PhD, consulente scientifico del laboratorio della Campisi, con un suo laboratorio al California Pacific Medical Center Research Institute, dice che questa ricerca ha implicazioni anche per coloro che studiano il glioblastoma, una forma particolarmente aggressiva di cancro al cervello che insorge negli astrociti.
“La senescenza cellulare è una spada a doppio taglio e lo stato attuale della ricerca sulla senescenza è disordinato. Mentre la senescenza conduce all'infiammazione cronica, che promuove il cancro e la neurodegenerazione, essa agisce anche come soppressore del tumore. Ci sono molti fattori secreti dagli astrociti senescenti, pensiamo che alcuni di essi potrebbero essere sfruttati per trattare il glioblastoma”.
Fonte: Buck Institute for Research on Aging (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Chandani Limbad, Tal Ronnen Oron, Fatouma Alimirah, Albert R. Davalos, Tara E. Tracy, Li Gan, Pierre-Yves Desprez, Judith Campisi. Astrocyte senescence promotes glutamate toxicity in cortical neurons. PLOS ONE, 2020, DOI
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