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Trovata la barriera emato-encefalica quasi intatta in topi modello di Alzheimer

Un team di scienziati del Texas Tech University (TTU) ha pubblicato nuove evidenze che suggeriscono che lo scudo protettivo del cervello – la barriera emato-encefalica (BEE) ​​– rimane in gran parte intatto in topi modello di Alzheimer comunemente usati.

Blood Brain BarrierBarriera emato-cerebrale, di Ben Brahim Mohammed via Wikimedia

La scoperta mette in discussione le ipotesi di vecchia data secondo cui il morbo di Alzheimer (MA) provoca 'perdite' nella BEE, rimodellando potenzialmente il modo in cui i ricercatori pensano alla somministrazione di farmaci per la malattia. Lo studio, pubblicato su Fluids and Barriers of the CNS e condotto da un gruppo di ricerca del TTU di Amarillo, ha come autore senior Ulrich Bickel MD e come primo autore Ehsan Nozohouri, assistente di ricerca.


Il MA è noto per la perdita di memoria e il declino cognitivo. Nel cervello è caratterizzato da placche di amiloide-beta e grovigli di tau. Per decenni, gli scienziati hanno anche dibattuto se la malattia danneggia la BEE, le cellule endoteliali strettamente legate che rivestono la superficie interna dei vasi sanguigni del cervello e che agiscono come un cancello di sicurezza, bloccando le sostanze nocive e lasciando passare i nutrienti essenziali tramite trasportatori specifici.


"La BEE blocca il 99% delle molecole di grandi dimensioni, come le proteine, e oltre il 95% di quelle più piccole, compresi molti farmaci", ha spiegato Nozohouri. "Ecco perché è fondamentale capire se rimane intatta nel MA, soprattutto per lo sviluppo di trattamenti efficaci".


Per esplorare la questione, Nozohouri e colleghi hanno usato topi Tg2576, un modello ben studiato del MA che forma placche amiloidi. Il team ha iniettato nei topi una molecola di prova innocua, il saccarosio [¹³C₁₂], che di norma attraversa molto male la BBB. Con strumenti analitici altamente sensibili (cromatografia liquida con spettrometria di massa tandem) e metodi avanzati di campionamento dei tessuti (microdissezione laser), hanno monitorato se il saccarosio si diffondeva in regioni del cervello diverse. Le loro scoperte principali includono:

  • Nessuna perdita importante rilevata: i livelli di saccarosio nel cervello sono rimasti estremamente bassi sia nei topi con MA che nei topi sani di controllo, in età sia giovane che avanzata, suggerendo una barriera intatta.
  • Stabile tra le aree: le regioni cerebrali critiche coinvolte nella memoria e nella cognizione non hanno mostrato differenze tra i gruppi.
  • Struttura preservata: anche attorno alle placche amiloidi, le proteine ​​a giunzione stretta – la 'malta' che sigilla insieme le cellule BEE – sono rimaste per lo più inalterate.


Insieme, questi risultati indicano che, mentre possono verificarsi piccoli cambiamenti localizzati vicino alle placche, la BEE nel suo insieme mantiene la sua funzione protettiva in questo modello.


"I nostri risultati mettono in discussione l'ipotesi di una diffusa perdita della BEE nel MA", ha detto Nozohouri. “Ciò significa che potrebbe essere necessario progettare strategie di erogazione dei farmaci con la consapevolezza che la barriera non è ampiamente compromessa”.


Sebbene i topi modello Tg2576 forniscano informazioni preziose, Nozohouri ha sottolineato la necessità di modelli aggiuntivi che replichino più fedelmente la fisiologia umana. Esistono farmaci noti come anticorpi monoclonali che sono stati approvati dalla FDA e mostrano una certa capacità di rallentare il declino cognitivo.


Come passo successivo nella ricerca, Nozohouri ha affermato che il team potrebbe studiare sui roditori la versione degli anticorpi monoclonali approvati per determinare se ci sono eventuali perdite causate da microemorragie o gonfiore cerebrale, che potenzialmente potrebbero causare perdite a livello della barriera emato-encefalica.


"Abbiamo ancora molto da imparare su come il MA influisce sulle difese del cervello", ha affermato. “Il nostro obiettivo finale è prevedere meglio il comportamento dei farmaci nei pazienti, in modo da poter progettare terapie che funzionano davvero”.

 

 

 


Fonte: Texas Tech University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: E Nozohouri, [+4], U Bickel. Assessing blood-brain barrier (BBB) integrity in an Alzheimer’s disease mouse model: is the BBB globally or locally disrupted? Fluids Barriers CNS, 2025, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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