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Studio degli anticorpi di Alzheimer ribadisce la necessità di un intervento precoce

Scienziati statunitensi hanno scoperto che un anticorpo per l'Alzheimer ha una probabilità di innescare un'infiammazione nel cervello in relazione al ritardo con cui viene somministrato.

Lo studio si aggiunge alle prove che un intervento precoce con un qualsiasi nuovo trattamento di anticorpi di Alzheimer è probabilmente importante, prima che aumenti il rischio di infiammazione.

I ricercatori della Georgetown University di Washington DC, hanno testato un anticorpo chiamato PFA1 nei topi che erano stati allevati con sintomi di Alzheimer. L'anticorpo è stato progettato per eliminare l'amiloide, una proteina che si forma nel cervello delle persone affette da Alzheimer. Le persone negli stadi più avanzati della malattia tendono ad avere più amiloide rispetto a quelli nelle fasi iniziali.

Anche se il PFA1 ha ridotto la quantità di amiloide nel cervello, i topi che avevano più amiloide nel cervello all'inizio dello studio avevano più probabilità di mostrare segni di infiammazione dopo che sono stati trattati. Un certo numero di studi clinici stanno attualmente testando i trattamenti che mirano a cancellare l'amiloide dal cervello, e alcuni studi sono già stati fermati dopo che i pazienti hanno mostrato segni di infiammazione nel cervello. Questi risultati, che sono stati presentati al meeting annuale della Society for Neuroscience, suggeriscono che dovrebbero essere forniti il più presto possibile i nuovi farmaci in fase di sviluppo per evitare effetti collaterali negativi.

Il dottor Simon Ridley, direttore della ricerca all'Alzheimer Research UK, leader nel Regno Unito nelle sovvenzioni alla ricerca sulla demenza, ha dichiarato: "Questo studio si aggiunge alla crescente evidenza che suggerisce che un trattamento efficace per l'Alzheimer dovrà essere dato precocemente per avere un effetto positivo. Anche se questo particolare farmaco non è stato progettato per l'uso nelle persone, avremmo bisogno di vedere gli studi clinici su larga scala prima di poter sapere se i nuovi farmaci possono dare benefici alle persone con Alzheimer, e avremo bisogno di diagnosticarle in anticipo. Siamo ancora ostacolati dalla mancanza di precise diagnosi precoci di Alzheimer, un ostacolo importante alla sperimentazione di nuovi trattamenti efficaci. La ricerca sulla diagnosi è fondamentale perchè i nuovi potenziali trattamenti abbiano migliori possibilità di successo".

"Sappiamo già che l'infiammazione può avere un ruolo nell'Alzheimer, e sarà importante approfondire questa strada. Se riusciamo a capire cosa succede nel cervello con il progredire dell'Alzheimer, avremo una maggiore probabilità di intervenire. La ricerca è l'unica risposta alla demenza, ma i finanziamenti per la ricerca di demenza è molto indietro rispetto ad altre malattie gravi. Abbiamo urgente bisogno di investire in ricerca se vogliamo fare la vera differenza nella vita delle persone".

 

 

 


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Pubblicato in Health Canal.com il 15 novembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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