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Anche quando la pressione è ben controllata, gli anziani in cui essa oscilla ampiamente da un battito cardiaco all’altro possono avere un rischio maggiore di restringimento del cervello e lesioni delle cellule nervose, secondo un nuovo studio condotto alla University of Southern California (USC) di Los Angeles.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease, rivela che l'«instabilità dinamica» a breve termine della pressione sanguigna (cambiamenti momento per momento misurati in pochi minuti) è collegata alla perdita di tessuto cerebrale in regioni critiche per la memoria e la cognizione, nonché a biomarcatori sanguigni di danno alle cellule nervose.
"I nostri risultati mostrano che anche quando la pressione media è normale, l'instabilità da un battito cardiaco all'altro può mettere sotto stress il cervello", ha affermato Daniel Nation, professore di gerontologia e medicina della USC, autore senior dello studio. "Queste oscillazioni momento per momento sembrano essere associate agli stessi tipi di cambiamenti cerebrali che vediamo all'inizio della neurodegenerazione".
Oltre l’ipertensione: l’importanza della stabilità
Sebbene sia noto da tempo che la pressione sanguigna media elevata aumenta il rischio di demenza, questo studio si concentra sulla sua variabilità, ovvero su aumenti e cali della pressione in brevi periodi di tempo. Prove recenti suggeriscono che tali fluttuazioni possono sforzare i piccoli vasi sanguigni nel cervello e ridurre la loro capacità di fornire un flusso sanguigno costante.
In questo studio, i ricercatori hanno combinato due misure complementari:
- Variabilità reale media (ARV, Average Real Variability), che cattura la quantità di variazioni della pressione sanguigna sistolica (il numero più alto in una lettura della pressione) tra ciascun battito cardiaco.
- Indice di rigidità arteriosa (ASI, Arterial Stiffness Index), che riflette flessibilità o rigidità delle arterie mentre rispondono a tali cambiamenti di pressione.
Insieme, questi valori indicano quanto cambia il flusso sanguigno in un breve periodo di tempo, ciò che i ricercatori chiamano 'instabilità dinamica della pressione'.
"La pressione del sangue non è statica; si adatta di continuo alle esigenze del corpo", ha spiegato Nation. "Ma con l'avanzare dell'età, tale regolazione può diventare meno precisa. Questo studio suggerisce che fluttuazioni eccessive potrebbero essere un segno di invecchiamento vascolare che contribuisce a lesioni cerebrali".
Misurare i cambiamenti nel cervello e nel sangue
Lo studio includeva 105 anziani residenti in comunità (=a casa loro), da 59 a 89 anni di età, generalmente sani e senza gravi malattie neurologiche. Durante le scansioni MRI, è stata monitorata continuamente la pressione dei partecipanti con un dispositivo a polsino da dito che registrava ogni battito per sette minuti. I ricercatori hanno poi analizzato come queste fluttuazioni su scala fine fossero correlate alla struttura del cervello e ai biomarcatori del sangue legati alla neurodegenerazione.
Le scansioni MRI hanno rivelato che i partecipanti con ARV e ASI elevati, che indicano pressione instabile e arterie rigide, avevano volumi minori di corteccia ippocampale ed entorinale. Queste due regioni del cervello sono vitali per l’apprendimento e la memoria e sono tra le prime colpite dall'Alzheimer. I campioni di sangue hanno mostrato che gli stessi individui avevano livelli più elevati di neurofilamento leggero (NfL), un marcatore del sangue che aumenta quando le cellule nervose sono danneggiate.
È importante sottolineare che questi risultati sono rimasti significativi anche dopo aver tenuto conto dell’età, del sesso e della pressione media dei partecipanti, suggerendo che le fluttuazioni stesse, e non solo la pressione complessiva, possono essere un fattore di rischio chiave.
In più, i cambiamenti cerebrali sono apparsi più pronunciati sul lato sinistro, in linea con ricerche precedenti che mostravano che l’emisfero sinistro potrebbe essere più vulnerabile allo stress vascolare e alle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. I ricercatori ipotizzano che le differenze nell’anatomia dei vasi sanguigni o nelle esigenze di flusso sanguigno tra gli emisferi potrebbero rendere più suscettibile il lato sinistro.
Implicazioni per la prevenzione della demenza
I risultati aprono una nuova finestra sul contributo dei cambiamenti cardiovascolari al declino cognitivo e possono offrire nuove strategie di prevenzione.
"Tradizionalmente, ci siamo concentrati sull'abbassamento dei valori medi della pressione", ha affermato Trevor Lohman, professore assistente di ricerca di neurologia e gerontologia all'USC e primo autore dello studio. "Ma questo studio suggerisce che dovremmo anche considerare quanto è stabile la pressione sanguigna di momento in momento. Ridurre queste fluttuazioni potrebbe aiutare a proteggere il cervello, anche nelle persone le cui letture medie sembrano buone".
La ricerca futura esplorerà se interventi che stabilizzano la pressione sanguigna, come la tempistica di farmaci su misura, l’esercizio fisico o la riduzione dello stress, possono rallentare l’invecchiamento cerebrale e ridurre il rischio di demenza. Gli autori notano inoltre che, poiché si trattava di uno studio trasversale, non può dimostrare causa ed effetto, necessitando di studi più ampi e a lungo termine che esaminino da vicino i collegamenti tra la salute cardiovascolare e quella del cervello.
"I nostri risultati sottolineano quanto siano strettamente collegati cuore e cervello", ha detto Lohman. “Mantenere un flusso sanguigno costante e sano potrebbe essere uno dei modi migliori per sostenere la salute del cervello con l’avanzare dell’età”.
Fonte: Beth Newcomb in University of Southern California (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: T Lohman, [+11], DA Nation. Blood pressure dynamic instability and neurodegeneration in older adults. J Alz Dem, 2025, DOI
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