Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello come rappresenta il tempo nei ricordi a lungo termine?

Il modo in cui codifichiamo i nostri ricordi coinvolge molte informazioni e gli scienziati conoscono già il modo in cui funziona la maggior parte di essi. Ma una dimensione sfugge ancora: il tempo.


Un nuovo studio eseguito all'Università di Toronto è un passo importante nella comprensione del mistero dietro il modo in cui il cervello codifica il tempo quando forma i ricordi a lungo termine.


I ricercatori sanno come il cervello memorizza informazioni sulle persone, gli oggetti o la posizione di eventi specifici nel formare ricordi di lungo termine, ma si sa relativamente poco su come il cervello umano elabora il tempo.


La ricerca, condotta da un team di ricercatori nel dipartimento di psicologia della U di T Scarborough, è la prima a dimostrare che l'ippocampo umano è sensibile alle informazioni sul tempo in scale temporali brevi.


"La nostra memoria a lungo termine per gli eventi che abbiamo vissuto è composta da diverse informazioni, e il tempo è una componente chiave di questo", afferma Andy Lee, professore associato e autore senior dello studio.


Mentre c'è ricerca che mostra come il cervello elabora l'ordine degli eventi, non c'era alcuna chiara evidenza che l'ippocampo umano sia in alcun modo sensibile alle informazioni temporali su brevi intervalli di tempo che durano pochi secondi.


Lee, la cui esperienza consiste nell'usare metodi come la fMRI (una tecnica di neuroscansione che misura l'attività cerebrale in base al flusso sanguigno) per esplorare i processi alla base della memoria, in particolare nell'ippocampo, dice:

"Ci siamo concentrati solo su scale temporali brevi, quindi nessuno sa come questo mattone di costruzione si combina con gli altri per creare un ricordo. Stiamo realmente facendo luce su uno dei piccoli elementi costitutivi del tempo e della memoria".


Questo particolare studio si basa su un altro del 2011 sui roditori che aveva trovato 'cellule del tempo' nell'ippocampo. Queste cellule hanno dimostrato di 'sparare' durante il vuoto tra due eventi separati, segnalando il passaggio del tempo nell'ordine dei secondi. L'idea è che queste cellule aiutano a legare insieme le informazioni sul tempo quando formano un ricordo.


Lee e il suo team, compreso il dottorando Sathesan Thavabalasingam e il ricercatore postdottorato Edward O'Neil, volevano vedere se esiste un meccanismo simile nell'ippocampo umano che aiuta a integrare le informazioni sul tempo quando si formano i ricordi.


Per verificarlo, 18 partecipanti sono stati invitati a imparare quattro brevi sequenze, o 'ricordi', che differivano nel contenuto dell'immagine e nella durata di ogni evento. Durante una fMRI, è stato chiesto loro di completare un compito di memoria di riconoscimento e quindi di ripetere mentalmente ogni sequenza nel modo più dettagliato possibile.


I ricercatori hanno scoperto che i modelli di attività cerebrale nell'ippocampo anteriore riflettevano la durata dei periodi vuoti tra gli eventi, completando ciò che era stato trovato nello studio sui roditori.
"Questo studio colma una lacuna dello studio sui roditori, dimostrando che il nostro ippocampo è interessato alle informazioni sul tempo nell'ordine dei secondi durante l'elaborazione del ricordo a lungo termine", dice Thavabalasingam, uno dei primi autori dello studio, con O'Neal.


Thavabalasingam aggiunge:

"È importante capire la meccanica di come le informazioni sul tempo vengono elaborate nel cervello poiché è una delle numerose dimensioni significative coinvolte nella formazione di ricordi a lungo termine.

"Non puoi avere il ricordo di un evento senza avere una sorta di esperienza di quanto è durato. È importante capire meglio come il cervello elabora l'intera sequenza temporale di un'esperienza e come viene rappresentato nei ricordi a lungo termine".


La ricerca, che è pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha ricevuto finanziamenti dal Consiglio di Ricerca su Scienze Naturali e Ingegneria del Canada (NSERC).


In termini di prossimi passi, Lee dice che sarà importante testare come questa area del cervello si occupa di tempi più lunghi quando si tratta di formare ricordi a lungo termine, e anche come comprime il tempo quando forma un ricordo.


Un altro obiettivo è guardare come l'ippocampo esprime la differenza tra il tempo soggettivo e quello oggettivo: come la durata di qualcosa può essere percepita più o meno lunga a seconda di come è cambiata la nostra percezione del tempo.


"C'è così tanto da svelare quando si tratta dell'interazione tra tempo e memoria", afferma Lee. "Stiamo solo iniziando a scalfire la superficie".

 

 

 


Fonte: University of Toronto (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Sathesan Thavabalasingam, Edward B. O’Neil, Jonathan Tay, Adrian Nestor and Andy C. H. Lee. Evidence for the incorporation of temporal duration information in human hippocampal long-term memory sequence representations. Proc Natl Acad Sci, 12 Mar 2019, DOI: 10.1073/pnas.1819993116

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Smetti di chiederti se sei un bravo caregiver

3.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Amare e prendersi cura di qualcuno con demenza può essere difficile. Forse, è una delle ...

Falsi miti: perché le persone sono così pessimiste sulla vecchiaia?

4.06.2020 | Esperienze & Opinioni

Non smettiamo di giocare perché invecchiamo, ma invecchiamo perché smettiamo di giocare ...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Puoi distinguere il delirium dalla demenza? È solo questione di tempi

17.06.2021 | Esperienze & Opinioni

Quante volte hai sentito qualcuno esclamare "Tu deliri!" o "Sei un demente!", nell'incre...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Come vivere in modo sicuro con la demenza a casa tua

12.11.2020 | Esperienze & Opinioni

C'è un malinteso comune che la persona con una diagnosi di demenza perde la sua indipend...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)