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Si può curare l'Alzheimer bloccando l'infiammazione nel cervello?

Si può curare l'Alzheimer bloccando l'infiammazione nel cervello?I punti neri nella foto sono cellule immunitarie chiamate microglia, che sono più frequenti nel cervello colpito dall'Alzheimer. (Foto: Laboratorio Carol Colton, Duke University / PA)Uno studio guidato dall'Università di Southampton ha scoperto che bloccando un recettore nel cervello, responsabile della regolazione delle cellule immunitarie, si potrebbe proteggere dai cambiamenti alla memoria e al comportamento osservati nella progressione dell'Alzheimer.


La ricerca, pubblicata ieri sulla rivista Brain, è stata finanziata congiuntamente dal Medical Research Council (MRC) e da Alzheimer's Research UK.


Per lungo tempo si è ritenuto che l'Alzheimer disturbasse la risposta immunitaria del cervello, ma quest'ultimo studio si aggiunge alle prove che in realtà è l'infiammazione nel cervello a guidare lo sviluppo della malattia.


I risultati suggeriscono che, riducendo questa infiammazione, si potrebbe interrompere la progressione della malattia. Il team spera che la scoperta possa portare ad un nuovo trattamento efficace per la malattia, per la quale non esiste attualmente alcuna cura.


I ricercatori dell'Università di Southampton hanno usato campioni di tessuti cerebrali di coetanei sani e con Alzheimer. Hanno contato nei campioni il numero di un particolare tipo di cellule immunitarie, chiamate microglia, e hanno scoperto che queste sono più numerose nei cervelli affetti da Alzheimer. Inoltre, l'attività delle molecole che regolano il numero di microglia era correlata alla gravità della malattia.


I ricercatori hanno poi studiato queste stesse cellule immunitarie in topi allevati con le caratteristiche dell'Alzheimer. Volevano sapere se, bloccando il recettore responsabile della regolazione delle microglia (il CSF1R), si può migliorare la capacità cognitiva. Hanno dato ai topi dosi orali di un inibitore che blocca il CSF1R e hanno scoperto che potrebbe impedire l'aumento del numero di microglia presente nei topi non trattati col progredire della malattia.


Inoltre, l'inibitore ha impedito la perdita dei punti di comunicazione tra le cellule nervose del cervello (sinapsi), perdita associata con l'Alzheimer, e i topi trattati hanno dimostrato meno problemi si memoria e comportamentali rispetto ai topi non trattati. È importante sottolineare che il team ha trovato che è rimasto inalterato il numero corretto di microglia necessario per mantenere la normale funzione immunitaria nel cervello, suggerendo che il blocco dei CSF1R riduce solo l'eccesso di microglia.


Ciò che lo studio non ha trovato è una riduzione correlata del numero delle placche amiloidi nel cervello, una caratteristica dell'Alzheimer. Questo supporta precedenti studi che sostengono che altri fattori possono avere un ruolo nel declino cognitivo.


Il Dr. Diego Gomez-Nicola dell'Università di Southampton, autore principale dello studio, ha detto: "Questi risultati sono il punto più vicino che possiamo raggiungere alle prove che dimostrano che questo particolare percorso è attivo nello sviluppo dell'Alzheimer. Il passo successivo è lavorare a stretto contatto con i nostri partner nel settore per trovare un farmaco sicuro ed adatto a funzionare negli esseri umani".


Il Dr Rob Buckle, direttore dei programmi scientifici del MRC, ha aggiunto: "E' sempre più chiaro che l'infiammazione è un giocatore chiave in un certo numero di malattie neurodegenerative, e questo studio sta cominciando a svelare i processi biologici alla base di questo collegamento. Lo studio è un esempio eccellente di come la ricerca di base può portare a collaborazioni promettenti con l'industria che potrebbero essere di reale beneficio per le persone con demenza".


Il dottor Simon Ridley, direttore della ricerca di Alzheimer's Research UK, ha detto: "Questo lavoro, che ha esaminato il ruolo del sistema immunitario nell'Alzheimer, suggerisce che bloccare l'azione della proteina CSF1R nei topi potrebbe contribuire a limitare gli effetti dannosi dell'infiammazione e proteggere dai sintomi come la perdita di memoria. Negli ultimi anni, gli scienziati di Southampton sono stati in prima linea nella ricerca sul ruolo del sistema immunitario nell'Alzheimer, così è incoraggiante vedere questo studio che porta avanti queste idee, individuando un meccanismo specifico che potrebbe essere un obiettivo per futuri trattamenti. Alzheimer's Research UK è lieta di supportare la prossima fase di questo lavoro, dove i ricercatori cercheranno di usare questi risultati per sviluppare farmaci in grado di bloccare l'azione del CSF1R nelle persone. La ricerca di questo tipo è di vitale importanza visto che non esistono attualmente trattamenti che possono arrestare o rallentare la progressione dell'Alzheimer nel cervello. Abbiamo un disperato bisogno di vedere maggiori investimenti nella ricerca, se vogliamo trovare nuovi modi per aiutare le decine di migliaia di persone che sviluppano il morbo di Alzheimer in questo paese ogni anno".

 

 

 


Fonte: University of Southampton via AlphaGalileo (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Adrian Olmos-Alonso, Sjoerd T. T. Schetters, Sarmi Sri, Katharine Askew, Renzo Mancuso, Mariana Vargas-Caballero, Christian Holscher, V. Hugh Perry, Diego Gomez-Nicola. Pharmacological targeting of CSF1R inhibits microglial proliferation and prevents the progression of Alzheimer’s-like pathology. Brain (2016) awv379, First published online: 8 January 2016 (17 pages). DOI: http://dx.doi.org/10.1093/brain/awv379

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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