Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Lavori mentalmente stimolanti legati a minore rischio di demenza in vecchiaia

puzzled lady working at computer shutterstock

Un grande studio multi-coorte, pubblicato su BMJ, suggerisce una possibile spiegazione del legame tra stimolazione cognitiva (mentale) e livelli più bassi di determinate proteine ​​che possono impedire alle cellule cerebrali di formare nuove connessioni (processi chiamati assonogenesi e sinaptogenesi).


Spiegando la ricerca, il primo autore prof. Mika Kivimaki (University College London) ha dichiarato:

"Si presume che la stimolazione cognitiva prevenga o posticipi l'inizio della demenza, ma i risultati dell'esperimento sono diversi, e studi più recenti a lungo termine hanno suggerito che l'attività cognitiva del tempo libero non riduce il rischio di demenza. L'esposizione alla stimolazione cognitiva al lavoro dura in genere molto più a lungo degli hobby cognitivamente stimolanti, ma gli studi basati sul lavoro non sono riusciti a produrre prove convincenti dei benefici".


Allora un team internazionale di ricercatori si è proposto di esaminare l'associazione tra lavori cognitivamente stimolanti e il successivo rischio di demenza, e di identificare i percorsi proteici di questa associazione. I ricercatori hanno rivisto 7 grandi studi di coorte dal Regno Unito, dall'Europa e dagli Stati Uniti, per valutare i collegamenti tra i fattori del lavoro e le malattie croniche, le disabilità e la mortalità.


Sono state esaminate tre associazioni: stimolazione cognitiva e rischi di demenza in 107.896 partecipanti (42% uomini; età media 45 anni) di 7 studi; stimolazione cognitiva e proteine ​​in un campione casuale di 2.261 partecipanti a uno studio; e proteine ​​e rischio di demenza in 13.656 partecipanti a due studi.


La stimolazione cognitiva sul lavoro è stata misurata all'inizio dello studio e i partecipanti sono stati monitorati per una media di 17 anni per vedere se sviluppavano la demenza. I lavori 'attivi' cognitivamente stimolanti comprendono compiti impegnativi e di alta responsabilità (chiamato anche controllo del lavoro), mentre i lavori 'passivi' non stimolanti sono quelli con basse esigenze e mancanza di controllo del lavoro.


Dopo aver adeguato i dati per fattori potenzialmente influenti, come età, sesso, istruzione e stile di vita, il rischio di demenza ha dimostrato di essere più basso per i partecipanti con alta stimolazione cognitiva sul lavoro, rispetto a quella bassa  (incidenza 4,8 per 10.000 anni/persona nel gruppo ad alta stimolazione e 7,3 nel gruppo a bassa stimolazione).


Questa scoperta è rimasta valida dopo ulteriori aggiustamenti per una gamma di fattori di rischio di demenza consolidati nell'infanzia e nell'età adulta, nelle malattie cardio-metaboliche (diabete, malattie cardiache coronarie e ictus), e nel rischio concorrente di morte. L'associazione non differiva tra uomini e donne o tra più e meno giovani di 60 anni, ma c'era un'indicazione che l'associazione era più forte per l'Alzheimer che per altre fonti di demenza.


Il prof. Kivimaki, direttore dello studio Whitehall II, ha dichiarato:

"I nostri risultati osservazionali sostengono l'ipotesi che la stimolazione mentale in età adulta può posticipare l'insorgenza della demenza. I livelli di demenza a 80 anni visti nelle persone che avevano avuto livelli elevati di stimolazione mentale, è stato osservato all'età di 78,3 anni in coloro che avevano sperimentato una bassa stimolazione mentale. Ciò suggerisce che il ritardo medio nell'insieme della malattia è di circa un anno e mezzo, ma probabilmente c'è una notevole variazione nell'effetto tra le persone".


La stimolazione cognitiva era anche associata a livelli più bassi di tre proteine ​​legate alla stimolazione cognitiva nell'età adulta e nella demenza, fornendo possibili indizi dei sottostanti meccanismi biologici.


Questo era uno studio osservazionale, quindi non può stabilire una causa, e i ricercatori non possono escludere la possibilità che alcuni dei rischi osservati della demenza possano essere dovuti ad altri fattori non misurati. Tuttavia, questo è stato uno studio ampio e ben progettato che ha usato diversi tipi di analisi per fornire un certo grado di convalida ai principali risultati, e tali risultati sembrano essere generalizzabili in diverse popolazioni.


In questo senso, i ricercatori dicono che i loro risultati suggeriscono che le persone con lavori cognitivamente stimolanti hanno un rischio più basso di demenza in vecchiaia rispetto a quelle con lavori non stimolanti:

"La scoperta che la stimolazione cognitiva è associata a livelli più bassi di proteine ​​plasmatiche, che potenzialmente inibiscono l'assonogenesi e la sinaptogenesi e aumentano il rischio di demenza, potrebbero fornire indizi dei sottostanti meccanismi biologici", ha aggiunto il professor Kivimaki.


[...] Lo studio ha coinvolto ricercatori di Finlandia, Francia, Ungheria, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti.

 

 

 


Fonte: University College London (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Mika Kivimäki, Keenan Walker, Jaana Pentti, Solja Nyberg, Nina Mars, Jussi Vahtera, Sakari Suominen, Tea Lallukka, Ossi Rahkonen, Olli Pietiläinen, Aki Koskinen, Ari Väänänen, Jatinderpal Kalsi, Marcel Goldberg, Marie Zins, Lars Alfredsson, Peter Westerholm, Anders Knutsson, Töres Theorell, Jenni Ervasti, Tuula Oksanen, Pyry Sipilä, Adam Tabak, Jane Ferrie, Stephen Williams, Gill Livingston, Rebecca Gottesman, Archana Singh-Manoux, Henrik Zetterberg. Cognitive stimulation in the workplace, plasma proteins, and risk of dementia: three analyses of population cohort studies. BMJ 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.